“Il silenzio del chiostro la accoglie come una stanza insonorizzata dove i rumori del centro città, in piena isteria diurna, arrivano talmente esangui che a sopraffarli basta il gocciolio smorto della fontana al centro delle aiuole inquartate.”
Riporto dal sito di Treccani, la prima parte della definizione di “silenzio”, ad introdurre la mia recensione al libro intitolato “Sette silenzi”, scritto da Elettra Santori e pubblicato da Iride, marchio del gruppo Rubbettino:
silènzio s. m. [dal lat. silentium, der. di silens -entis, part. pres. di silēre «tacere, non fare rumore»]. – 1. a. Assenza di rumori, di suoni, voci e sim., come condizione che si verifica in un ambiente o caratterizza una determinata situazione: il s. della notte; nella vecchia casa abbandonata regnava un profondo s., un s. di morte, un s. di tomba; il s. fu rotto improvvisamente da un urlo; qui c’è un gran s., si può lavorare in pace; è possibile avere un po’ di s., in questa casa?; all’orror de’ notturni Silenzj si spandea lungo ne’ campi Di falangi un tumulto (Foscolo); sovrumani Silenzi, e profondissima quïete Io nel pensier mi fingo (Leopardi); Il divino del pian s. verde (Carducci).
Mi piace molto una componente in particolare di questa definizione, silenzio come “condizione che si verifica”, e tale condizione è il fil rouge presente all’interno di ognuno dei sette racconti scritti dall’autrice. Il silenzio è uno di quei temi faticosi da affrontare nei contesti sociali moderni, un po’ come la morte, che è essa stessa silenzio. Faticoso è affrontare il silenzio per mille motivi, perché va contro la infinita corsa al progresso, perché va contro all’incapacità di godere di momenti di pace, serenità, lentezza, tutti esatti contrari di guerra, rumore, aggressività, tensione continua, arroganza, competizione per qualsiasi cosa. Faticoso è fare silenzio perché se già non lo si è, si rimane soli, con sé stessi, perché oggi ci si annoia (sanno oggi, soprattutto i nostri figli, cos’è la noia?), perché soli fa’ spesso il paio con ammalati e dimenticati.
Ma per alcuni ancora, il silenzio è meraviglioso, il silenzio è vita, il silenzio è utile, il silenzio guarisce, il silenzio unisce e aggiungiamo ciò che di positivo ognuno di noi vive nel silenzio.
Tante di queste mie considerazioni e altre ancora emergono dai racconti di Elettra Santori, scritte con la giusta incisività, a volte espresse quasi come la tesi di un saggio scientifico, ma più spesso collocate sapientemente nella narrazione di storie comuni che si sentono facilmente nostre.
In un racconto ci si ritrova in tempo zero nella condizione del silenzio, catapultati in uno stato dal quale non si torna indietro, ma a ben guardare, come una nebbia non troppo densa, che scende gradualmente, tutto era già nell’aria da tempo, il silenzio era già paradossalmente attore di un dialogo serrato. Ma appunto, noi parliamo sempre, non sappiamo ascoltare perché sarebbe necessario fare silenzio. In un altro racconto si rimane davvero senza parole, arrivati come si dice, al dunque. E anche qui si parla moltissimo prima di trovarsi in un vicolo cieco a tacere, fare silenzio, sperando di capire.
“Non c’è sacerdozio nella scrittura, né atto d’amore, né scopo, ma prima di tutto il piacere solitario di affondare le mani nella pasta di sale, come fanno i bambini, e trarne fuori cose, uomini, alberi, città…”
L’immediatezza di un racconto, il lampo, lo schiaffo, l’euforia che ti trasmette è affascinante, ed è ciò che a me è successo leggendo “Sette silenzi”, che mi ha regalato e continua a regalarmi bei momenti, quando rileggo i racconti che più hanno lasciato in me un segno profondo, come per esempio “Pagina bianca”. Ma che dire poi di “Non pensarci”: un pezzo magnifico, verità quotidiane che nessuno vuol sentire, che si ha paura ad ammettere apertamente, e sulle quali la maggioranza preferisce un omertoso silenzio. Lo ammetto: come mi piacerebbe essere capace di esprimere il mio pensiero, come è espresso in questo racconto.
“Voi che ammirate l’ansioso e la sua produttività e commiserate il depresso per la sua inettitudine, sappiate invece che l’ansioso è un servo, e il depresso un rivoluzionario.”
In conclusione, perché è tempo di tornare a leggere, la “pacifica e creativa lotta” tra racconto e romanzo è sempre viva nel mondo letterario, e questi, grazie ad
Elettra Santori sono sette punti importantissimi messi a segno dalla forma “racconto”. Sono molto grato a chi mi ha dato la possibilità di leggerli e me ne sentirete parlare molto, tanto da indurmi a fare…silenzio.
A tutti, buone letture.
Claudio Della Pietà
“Sembrava a suo agio nel silenzio e, diversamente da me, non sentiva l’assurdo dovere interiore di disperderlo al più presto parlando del più e del meno. Restammo così per mezzora davanti alla finestra, lei – forse – appagata anche solo dalla nostra comune presenza, io oppressa dalla percezione della mia inutilità e dal respiro rantolante del tempo che scorreva in mezzo a noi due mute, con massacrante lentezza.”