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Elia Kazan anteprima. Il compromesso

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Nella collana Milestones l’editore Mattioli 1885 books pubblica in edizione deluxe il romanzo cult di Elia Kazan Il Compromesso, in cui Henry Miller vide non solo un’operazione narratologica ma una vita umana. Dentro Il Compromesso c’è un uomo, il protagonista o molto di più, il suo autore. La nuova edizione mantiene la traduzione eccelsa di Ettore Capriolo ma è arricchita dalla prefazione del critico letterario Gian Paolo Serino e la selezione di materiali inediti come le lettere di Kazan indirizzate alle personalità più affascinanti del periodo. Nomi del calibro di Steinbeck, Marlon Brando, Robert De Niro e molti altri.

Il gioiello di Kazan è un’esperienza profonda, illusoria, figlia di una cupezza interiore che non avrebbe niente da invidiare ai romanzieri russi dell’ottocento. Un romanzo della crisi, un testo figlio dei dolori di un Kazan ormai sull’orlo dei sessant’anni che vedeva le proprie amicizie sgretolarsi una dopo l’altra; in quel dolore, nelle fitte di una vita flagellata dalle ingiustizie quanto dai successi Kazan racconta il compromesso del suo alter ego, Eddie Anderson.

Attraverso un poderoso Io Narrante seguiamo le vicende di un uomo che si è costruito una fragile e idilliaca esistenza fatta di lussi, vizi e ipocrisie preconfezionate, ma quando Eddie incontra una donna provocante quanto realmente libera abbandona tutto per scoprire davvero che cosa significa vivere.

Una denuncia dirompente alla società borghese americana, artificiosa e ipocrita classe di bugie luccicanti, Kazan racconta il compromesso degli Stati Uniti d’America, costretti a cambiare volto per non essere accusati di aver distrutto i valori di un tempo. Kazan agogna la provincia, la periferia, magari vivendo un’esistenza appartata e semplice ma più autentica di coloro che fanno acrobazie al circo del capitalismo metropolitano.

Cristiano Saccoccia

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Non l’ho ancora capito il mio incidente. Ho pensato e ripensato agli avvenimenti di quel giorno, il giorno dello scontro, con tutto il senno di poi raccolto negli anni che sono trascorsi. Ho pensato e ripensato agli avvenimenti dei mesi precedenti lo scontro, a quelli che dovrebbero spiegarlo. Ma c’è ancora un mistero. L’enigma non è nel fatto che un uomo di successo com’ero io avesse cercato di uccidersi. C’erano delle ragioni per questo. Avevo magari tutto, come si suol dire, ma c’erano delle ragioni. Il mistero è nel modo in cui avvenne. Io non credo ai fantasmi. Ma persino oggi, che sono un uomo completamente diverso e vivo in modo completamente diverso, quando m’interrogo su ciò che accadde esattamente, passo poi a domandarmi quale mano e di chi si fosse improvvisamente allungata dal nulla, avesse imposto una virata di novanta gradi al volante della mia Triumph a due posti e, nonostante tutta la mia energia e tutta la mia volontà, avesse deciso la rotta che mi mandò a sbattere sul fianco di un frettoloso camion con rimorchio. Tutto questo accadde in un secondo o due, ma lo rammento benissimo. Il successo dovrebbe fornire una certa difesa contro gli spettri o l’inconscio o qualunque altra cosa fosse. È il minimo che ci si dovrebbe aspettare dal successo. O dal denaro. E invece non 20 è così, per nessuno dei due. Mi trovai impotente – lo ripeto – contro la forza di quella “mano”, di quella cosa indefinita insomma, che mi strappò il controllo della Triumph TR 4, l’avviò decisamente in una certa direzione e la schiacciò infine sul fianco di quel camion. Gli avvenimenti che condussero al mio incidente non spiegano le ragioni. Avevo rinunciato a una ragazza cui ero molto legato. Ma mi ero rimesso in quei mesi; anzi andavo a gonfie vele. Mia moglie Florence e io eravamo oggetto d’invidia per tutte le altre coppie sposate di Beverly Hills e di Bradshaw Park. La coppia d’oro! Questo nomignolo ci venne attribuito proprio negli undici mesi trascorsi dal giorno in cui rinunciai a Gwen a quello dell’incidente. E poi quasi tutti gli uomini che conosco si sono trovati, a un certo punto della loro vita, a dover fare questa stessa scelta dolorosa, e l’hanno fatta, e col tempo si sono ripresi, sentendosi un po’ svuotati forse, ma molto più solidi. E poi sapevo di dover rinunciare a Gwen. Sapevo che era venuto quel momento in cui ancora puoi andartene libero e pulito, senza danni permanenti per nessuna delle due parti, e che precede di pochissimo l’altro momento, quello in cui qualcuno rischia di soffrire troppo. Avevo un’idea abbastanza precisa del pericolo che stavo correndo, e più di una volta mi ero detto: “Scappa, ragazzo, prima che sia troppo tardi!” Mi ero anche posto le domande fondamentali. Voglio dire che quando stai con una donna per ventun’anni, come c’ero stato io con Florence, è una cosa importante. E poi, per parlar schietto, i divorzi costano. L’altra ragazza in fondo non la conoscevo neanche o, per essere più precisi, conoscevo benissimo soltanto uno dei suoi aspetti: ogni minima sporgenza e ogni minima cavità della sua carne.

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