Rovesciare lo sguardo. I tarocchi di Emilio Villa, in libreria dal 10 dicembre grazie ad Argolibri, è il frutto di una lunga ricerca condotta da Bianca Battilocchi, curatrice dell’opera, nell’archivio del poeta ospitato presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Da un labirinto fatto di fascicoli, quadernetti e foglietti volanti vennero fuori i manoscritti del “Bagatto”, dell’ “Eremita” e di altre carte dei Tarocchi, che si aggiunsero a centinaia di altri scritti e studi preparatori dedicati allo stesso tema finiti nell’Archivio Museo della Carale di Ivrea. Si trattava di un progetto mai concluso dal poeta, che era iniziato negli anni ’50 per protrarsi a tratti fino agli anni ’80, e Villa lo aveva alimentato scrivendo e appuntando su ogni tipo di supporto disponibile: singole pagine, buste delle lettere, inviti a mostre d’arte, foglietti, in alcuni casi pinzati assieme. Un insieme caotico ed eterogeneo, affastellato, ridondante di varianti, correzioni e riscritture, sul quale era gettata luce da un taccuino – da cui prende le mosse il volume – in cui Villa aveva annotato e corredato di indicazioni i Tarocchi marsigliesi che intendeva trasformare in poesia, il cui numero complessivo di 22 arcani maggiori e 56 maggiori era stato aggiunto dall’autore con altre 34 figure di sua invenzione. Di fatto, Villa fu completamente avvinto dal fascino dei tarocchi, dalle loro implicazioni esoteriche e dalla loro potente quanto misteriosa fascinazione, che tra l’altro meravigliosamente si sposavano con il suo stile labirintico, come la stessa curatrice lo definisce, in cui confluivano lingue, civiltà e miti antichi.
I testi che compongono il volume sono stati trascritti da Bianca Battilocchi in base alla loro completezza e al loro interesse contenutistico e formale, nella maniera più fedele all’originale, e danno conto di quella ricerca di un “senso nascosto e fruibile nei recessi della memoria” che Emilio Villa indicò come principio di riferimento. Nacquero così, ad esempio, i suoi “Tarots cités” o i “Tarot labyrinthes”.
I “tarocchi” di Emilio Villa vengono fuori in una dimensione che stravolge e amplifica l’idea stessa dei “Tarocchi”, in un trionfo di intrecci ed estensioni che – puntualmente – affiancano e confondono significati originali, interpretazioni di scuola, variazioni sul tema introdotte ad arte e operazioni di surrealtà. Il corpus dei testi dei tarocchi villiani costituisce un enorme gorgo linguistico che assomma i significanti quasi arrendendovisi, in un’autentica vertiginosa centrifuga di riferimenti e rimandi che diventa labirinto di cui non è data via d’uscita. Il linguaggio ne esce strizzato e sballottato e, soprattutto, liberato da qualsiasi forma di falsificazione e di omologazione.
Un lavoro preziosissimo, questo Rovesciare lo sguardo, tra i cui grandi meriti c’è senz’altro quello di portare fuori dall’ombra Emilio Villa e la sua opera stra-ordinaria.
Paolo Melissi
#
I miei tarocchi son fatti
i miei Tarocchi son fatti
per uscire da: gabbie
labirinti
buchi
tubi
pozzi
gallerie
circoscrizioni
mandamenti e comandamenti
circondari
Bisogna tirarsene fuori!
–
Milano
Milano microsulci micro ulcera regni
et aranea ideologiarum
et microsemita Sortis
imago civitatis, progressio gentis
le finestre slabbrate che emettono
muggiti mugugni
e lugubri mignatte si scaraventano in orbita
e i simulacri fraintesi,
fili di inferni e di thermopolii
dietro stanghe di rivolutioni
soddisfazioni burocrati
tuberi erotici rifiniti
e isole documentate da
smorfie ed erezioni
sontuose
in mulinex ecumenico
di arredi e corredi
di vogliame sbaraccato
e incontinente
menzogne agli antipodi
spietati, accumulati,
inculati, carogneschi
assesti e scaturigini,
disgusti scatenati,
orchestrati, paraculi, parametriaci involonta-
riamente mistificati
dai venti e dai trenti
delle religioni e delle
diminuzioni rep-rexive
tra una screpolata e un’altra, tra una
ruga e un’altra
sudori indossati,
schienali e pareti
obliquate, obbligate,
objurgate, obsiderate
idiozie corporativizzate, sindacalizzate
quante righe al neon tra
una portata e una
sporzionata
tra una vaccata e un’altra
vacanze pendule intensamente
dimensionate, stirate, masturbate
fredde competizioni
di carogne in luridi pedestri artigianati,
con coglioni, accentati accentuati inguini esentati,
pendolarità orchitiche,
interferenze fimotiche,
stralci inguinali, inguinalia
beluina, scroti, perdite,
assunzioni stagionate,
riconvocazioni e pomate
in fictive nozioni autostradali di
un pianeta che muore
un urlato di donna come
uno spago
da una vulva emessi i fragori e il
fantasco o fantesco
fantasma
ideocronio
ideosofico
ideocazzo