Dopo la primissima edizione Theoria e poi quella Bompiani, Adelphi ripropone con una nuova traduzione I baffi, romanzo di Emmanuel Carrère del 1986. Gli esperimenti di auto-fiction e non-fiction, divenuti poi modalità espressiva d’elezione dell’autore, erano ancora di là da venire. I baffi appartiene infatti alla prima fase della sua carriera, quella cioè in cui si muoveva in un territorio, per così dire, di invenzione (prima parte della carriera che si sarebbe conclusa poi con un altro disturbante gioiello, La settimana bianca, in Italia sempre pubblicato da Adelphi).
Parte dall’ordinario Carrère, un’azione minima, fatta quasi per gioco: un uomo decide di tagliarsi i baffi. Un gesto da poco, eppure è proprio da lì che nella vita del protagonista si apre una crepa inaspettata. La vita così come l’ha conosciuta fino a quel momento inizia a sgretolarsi. Sua moglie, Agnes, non solo non si accorge dello scherzo, ma asserisce, convinta, che lui i baffi non li abbia proprio mai avuti.
Si potrebbe dire che il meccanismo su cui poggia l’intero racconto è la rappresentazione narrativa del pensiero ossessivo. Davanti ad un problema, qualunque ipotesi generata per la sua risoluzione non riesce mai a tenere totalmente davanti al dubbio, ad un’ipotesi contraria, non importa quanto fantasiosa o improbabile. Una lunga, infinita serie di “ma” e “però” rendono praticamente impossibile una qualunque via d’uscita.
Il protagonista avanza a tentativi, in un susseguirsi di intuizioni che vengono via via riprese e scartate e poi riprese ancora. Con l’andare della narrazione, le conseguenze di questo girotondo di pensieri si fanno sempre più drammatiche, perché dalla sfera privata del matrimonio l’equivoco dei baffi si estende a tutti gli altri ambiti della vita del protagonista: nessuno, né i suoi amici né i suoi colleghi lo ricordano con i baffi. Non li ha mai avuti. Rimane, ultima soluzione, la fuga. Ma servirà davvero a qualcosa?
Per vicinanza di espediente, anche se qui utilizzato con esiti più kafkiani e vicini alla narrativa fantastica, l’opera di Carrère mi ha ricordato il bellissimo romanzo di Georges Simenon, La scala di ferro, e l’altrettanto bello Il superstizioso, di Francesco Recami. I baffi è un romanzo breve ed inquietante, claustrofobico non tanto perché ambientato in interni (di fatto non lo è), ma perché tutto il movimento narrativo si svolge nei pensieri di un personaggio schiacciato da se stesso, dal suo sguardo su una realtà che appare sempre più inconoscibile, più ostile e nemica.
Edoardo Zambelli
Recensione a I baffi di Emmanuel Carrère, Adelphi, traduzione di Maurizia Balmelli, 2020, pagg. 149, euro 17.