Per quanto mi riguarda, la morte ha a che fare con i Joy Division e con Atmosphere, più precisamente. Non solo perché la voce di Ian Curtis scava un metro di fossa ad ogni verso, quanto piuttosto per il freddo e la desolazione del paesaggio che questa canzone suggerisce. Poiché non sono abituato a ragionare per compensazione, esso non è l’Inferno, ma se proprio devo prestarmi al gioco della ricompensa, immaginando di essere stato molto buono per aver cercato – ogni volta che piove – di non calpestare nessuna lumaca, allora il mio paradiso è una biblioteca.
Ho passato anni felici chiuso dentro una stanza senza mai essere solo e senza mai stare fermo e senza mai stare dentro quella stanza.
Ogni amante della lettura conosce questo tipo di fortunata sensazione e attraverso di essa ha cercato le risposte a tutte quelle domande che rendono l’uomo ciò che è: come chi siamo, qual è il nostro posto nel mondo e cosa accadrà quando non saremo più.
Leggere non è un atto istintivo, come ascoltare musica, per leggere siamo chiamati a decifrare un codice complesso composto da una sequenza di simboli che definiamo lettere. Questa capacità è un dono che ci viene offerto e che impariamo a coltivare.
Éric Chevillard, uno scrittore francese che qualcuno ha definito un post-moderno, con Santo Cielo, edito da Prehistorica Editore e tradotto da Gianmaria Finardi, tenta la scalata più ardua, quella che prima di lui non molti hanno tentato e con alterne fortune, da San Paolo, a Dante, a Virgilio, fino a David Foster Wallace per rispondere alla domanda: Cosa ci aspetta dopo la morte.
La risposta di Chevillard è un romanzo in terza persona che sembra una rappresentazione teatrale, con lunghi monologhi e piccoli dialoghi.
È la morte di Albert Moindre, ingegnere esperto di carrelli trasbordatori, ovvero quei ponti che servono a traslare una locomotiva da un binario all’altro, il che mi pare già di per sé una buona metafora del morire.
Moindre dividerà parte del suo viaggio con un’altra anima, Clarisse, ingiustamente privata della corona di Miss Colorado 1931.
Il mondo altro concepito da Chevillard è assolutamente incerto ed è creato come un non luogo assai burocratizzato, con uffici delucidazioni; osservatori e assistenze reclami.
Tutta la vita di Albert Moindre viene processata tra un ufficio e l’altro, così come la non vita:
Quando tutto sarà compiuto – dice ad un certo punto una voce che forse è proprio quella di Dio – quando il tempo sarà congelato, quando tutte le anime avranno spiccato il volo, vi offriremo una rappresentazione unica, chimerica… del vostro mondo tale e quale fu veramente all’insaputa dei suoi abitanti…
Perché della vita di tutti e di quella di Moindre nello specifico, si analizzano soprattutto gli atti mancati, quelle cose che avrebbe potuto fare e non fece, quelle occasioni perse per un soffio e che adesso gli vengono rivelate.
Delle molte invenzioni di questo romanzo, l’ufficio delucidazioni è quello che a me resterà impresso perché si tratta di un elenco di tutte quelle cose che Albert ha sfiorato nella vita e di tutti quei piccoli segreti che gli furono preclusi e il cui svelamento schiude nuovi significati. Si tratterà di cose piccole, come la lettera che la giovane Annie non ha mai ricevuto per colpa di sua madre e che lo corrispondeva; il talento per il clarinetto basso che non ha mai nemmeno sospettato di avere o il giorno in cui, nel Sahara, mise un piede ad otto centimetri da uno scorpione.
Questa parte mi ha costretto, piacevolmente, a ripercorrere a ritroso parti disordinate della mia vita in cerca di particolari che potessero cambiare la versione che ho sempre ritenuto come la più attendibile.
Per tutto questo viaggio, Albert Moindre pensa e dubita e fa domande e, in questo modo, nel modo Cartesiano, continua ad esistere.
Pierangelo Consoli
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Éric Chevillard, Santo Cielo, Prehistorica Editore, 2022, Pp. 152, Euro 15