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Evgenij Zamjatin. Noi

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Il gruppo prese il nome dai Confratelli di San Serapione di Hoffmann, die Serapionsbrüder, i serapionidi, mi disse Roberto Roversi, due su tutti svettano, tra l’altro erano ai margini del gruppo, disse.
Il suo amato Šklovskij e Zamjatin. Di Šklovskij avevo letto tutto quello che era stato tradotto, su tutti Il punteggio d’Amburgo, Teoria della prosa, Zoo o lettere non d’amore, Majakovskij, Tolstoj, Ėjzenštejn, la Lettura del Decameron tradotto da Ivanov (che era il professore di russo di mia sorella), La mossa del cavallo.


Zamjatin non l’avevo mai sentito nominare. Era il 1977. Roversi mi allungò l’edizione di Noi di Feltrinelli che ho ancora da qualche con la traduzione di Ettore Lo Gatto. Zamjatin aveva scritto Noi qualche anno dopo la rivoluzione del 17, subito censurato, pubblicato in inglese nel 1924 e nel 1988 in Unione Sovietica, per dire.


Tutto è di vetro o trasparente, gli umani nel terzo millennio abitano ambienti supersorvegliati nel perfetto ordine dello Stato Unico. Le persone non hanno più un nome, ma alfanumeri, i maschi consonanti e numeri dispari e le femmine vocali e numeri pari. D-503 è l’ingegnere autore del diario, del romanzo breve. Noi, appunto.

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