Uno scrittore è la sua lingua. Il che è meno ovvio di quello che sembra. Gombrowicz aveva, nella testa, una lingua assai diversa da quella di Schulz, pur passeggiando per le stesse strade. Si salutavano, si intendevano, poi tornavano a casa e allo scrittoio si allontanavano come remando verso sponde opposte di uno stesso lago. Uno scrittore, quando è veramente uno scrittore, emette un verso che solo lui emette e che lo rende solo nella sua irripetibile unicità. Questa lingua, questo suono, va ricercato oltre l’idioma di appartenenza e più precisamente nei riferimenti, nelle coordinate culturali, nelle passioni letterarie che lo tengono avvinto a una tradizione.
Ezio Sinigaglia è uno scrittore raro, con una lingua che non si può imitare e, per questo, ha rischiato troppo a lungo di rimanere poco o per nulla letto.
Sarebbe stato un peccato enorme.
Una volta chiesero a Carolina Lopez, la vedova di Bolano, come reagiva suo marito di fronte a tutti quei rifiuti. Roberto, fino ai quarantacinque anni era rimasto esordiente, un impubblicabile. Carolina disse che suo marito sapeva di avere la letteratura nel suo destino. Sarebbe interessante fare la stessa domanda a Ezio Sinigaglia anche se, ne sono quasi certo, identica sarebbe la risposta e, in una intervista, ha affermato anche di avere fede nella letteratura, una fede del tutto equiparabile a quella religiosa poiché, egli è convinto, la letteratura è sempre buona, giusta e misericordiosa.
Negli ultimi anni Ezio Sinigaglia sta ricevendo l’attenzione che merita, sempre più lettori si stanno avvicinando a questo scrittore destinato a diventare un riferimento per altri autori che verranno.
Coltissimo, la lingua di Sinigaglia va ricercata nelle sue poliedriche passioni letterarie: Gombrowicz, Frisch, Faulkner, Robbe-Grillet, Tasso…
«Pizzuto», mi diceva un amico di fronte alla cui erudizione mi sento piccolo e imbarazzato e che conosce l’opera di Sinigaglia forse meglio di Sinigaglia stesso, «Signorina Rosina gli piace moltissimo…»
Negli ultimi anni, da quando l’editore TerraRossa lo ha riproposto con il doppio volume di Fifty-fifty e poi con il Sillabario, ho letto molti dei libri di Sinigaglia, più suoi che di Svevo, che di Moravia, eppure rimango sempre un po’ spiazzato.
Nessuno si assomiglia pur essendo tutti inconfondibilmente figli suoi, libri suoi, lingua sua.
In questa ultima pubblicazione per l’editore Wojtek, dal titolo L’amore al fiume (e altri amori corti) Sinigaglia si presenta nella sua veste più divertita. Non gli era mai mancata una certa corrosiva ironia, perché questo è il suo modo di disincantare la realtà, ma se nel Sillabario – opera davvero brillante che ci restituisce il Sinigaglia più trasversale e anarchico – aveva voluto indagare a ritroso negli episodi della sua vita, in questi racconti si diverte a comporre dei quadri. Immaginando un campo di bersaglieri in un piccolo paesino di montagna vicino a un fiume che si fa strada in una fitta boscaglia di pietre e cespugli, Sinigaglia ci presenta il suo grottesco campionario umano e si diverte a immergerli nelle situazioni più ridicole per osservare le loro reazioni.
Come i bersaglieri Cecconi e Zanella che nelle loro schermaglie sessuali, nel piacere irresistibile che ricercano, che li confonde e che non riescono a codificare se non in maniera bestiale e istintiva, sembrano i Vladimiro e Estragone di Becket, costantemente legati da un piacere in attesa, una risoluzione, un fraintendimento e una rinuncia. Si parlano ma comunicano solo quando, raramente, tacciono, smettendo così di raccontarsi bugie.
Oppure come ne La pièce, dove il bersagliere Barigozzi detto Maciste, leggendo La dottoressa dei pompieri finisce con l’immedesimarsi nel racconto sofficemente pornografico, diventando lui stesso la dottoressa, il paziente e poi tutti i personaggi, recitando, dentro la sua testa, una recita a soggetto che assomiglia a quei filmacci con Tognazzi e la Fenech che da bambini ci venivano proibiti e che adesso ci sembrano goffi e forse persino teneri più che scabrosi. Così pure questi racconti che indagano l’animo umano attraverso la sessualità, l’innamoramento, l’ignoranza e l’ironia.
E me lo immagino, Ezio Sinigaglia che rilegge oggi, anziano, questi suoi vecchi racconti, mentre imita gli accenti, sottolinea sfumature; lo vedo fanciullismo che si diverte e sorride, mentre legge, come un Fauno di Vienna.
Pierangelo Consoli
Ezio Sinigaglia, L’amore al fiume (e altri amori corti), Wojtek edizioni, Pp.180, euro 16.