“Io guardo nell’abisso profondo, e credo”. Risuona sul Pequod questa frase, ribolle dalla bocca del primo ufficiale Starbuck. Le parole sono come un atto di fede e vibrano fino alle profondità marine ove rimangono inesplorate e vitali. Lì è il nero, il nascondiglio per antonomasia di creature a cui l’uomo non ha dato neppure un nome eppure, con l’uomo, sono un tutt’uno ancestrale e misterioso.
Ed è anche di questa unione così antica eppure oggi quasi dimenticata che ci parla Fabio Genovesi nel suo ‘Calamaro Gigante’, ed. Feltrinelli, e ci porta in “un posto che non a misura nel tempo, un mondo liquido e senza confini che non dura e non passa. Quel luogo che ci stranisce quando pensiamo a come fa l’universo a essere infinito, come fa Dio a essere eterno”.
E’ un libro di grandi cose in piccoli aneddoti, di ricordi intimi e di libri letti, di avventure, di mare schiumoso, di mostri, di nomi straordinari e musicali, di capitani e di avventurieri, un libro su di noi.
Noi uomini e donne che attendiamo da qualche parte in faccia al vento, imprimendo sul bagnasciuga orme su orme che non conosceremo mai, in attesa che vengano le parole ed i ricordi per raccontare le nostre storie, la nostra vita.
Che cos’è un calamaro gigante? Il sogno di un bambino? Una creatura degli abissi? La preda preferita di un Capodoglio? Oppure è tutto questo, tutto insieme, un impasto di idee, di conchiglie scintillanti, di fanghiglia ed impronte fossili di minuscoli esseri, una crepa nella nostra mente, una porta che “si spalanca davanti un panorama immenso, nuovo e tanto più vasto del nostro”.
‘Il Calamaro Gigante’ è un libro intenso, pieno di speranza, di cose anche intime sussurrate e benedette come quelle confidenze che possono unire per sempre un bambino e la propria nonna.
Edoardo M. Rizzoli