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Fernando Pessoa inedito. Solo un presente statico, circondato da un muro di ansia

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I poeti portoghesi Fernando Pessoa e Mário de Sá-Carneiro si scambiarono una corrispondenza regolare tra il 1912 e il 1916, periodo durante il quale entrambi attraversarono periodi di depressione. Nel marzo del 1916, in un giorno particolarmente difficile, Pessoa scrisse questa lettera all’amico e, con incredibile eloquenza e chiarezza, descrisse la sua attuale lotta. Tragicamente, un mese dopo, Sá-Carneiro morì suicida. Pessoa visse per altri 19 anni.

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Lisbona, 14 marzo 1916

Mio caro Sá-Carneiro,

oggi ti scrivo per una necessità emotiva, per un desiderio angoscioso di parlarti. In altre parole, non ho nulla di speciale da dire. Tranne questo: che oggi sono in fondo a una depressione senza fondo. L’assurdità della frase parla per me.

Questo è uno di quei giorni in cui non ho mai avuto un futuro. C’è solo un presente statico, circondato da un muro di ansia. L’altra sponda del fiume, finché è l’altra sponda, non è questa; questa è la causa principale di tutta la mia sofferenza. Ci sono molte barche destinate a molti porti, ma nessuna barca perché la vita smetta di far male, né un approdo dove dimenticare tutto. Tutto questo è accaduto molto tempo fa, ma il mio dolore è ancora più antico.

Nei giorni dell’anima come oggi mi sento, nella consapevolezza di ogni poro corporeo, come il bambino triste che è stato picchiato dalla vita. Sono stato messo in un angolo, da dove posso sentire tutti gli altri giocare. Nelle mie mani sento il giocattolo scadente e rotto che mi è stato regalato per un’ironia scadente. Oggi, quattordici marzo, alle nove e dieci di sera, questo sembra essere tutto ciò che vale la mia vita.

Nel parco che si vede dalle finestre silenziose della mia reclusione, tutte le altalene sono state avvolte in alto sui rami da cui pendono, in modo che nemmeno la mia fantasia di un me fuggito possa dimenticare questo momento dondolandosi nella mia immaginazione.

Questo, ma senza stile letterario, è più o meno il mio stato d’animo attuale. Come la donna del Mariner che guarda , mi bruciano gli occhi per aver pensato di piangere. La vita mi addolora a poco a poco, a sorsi, nelle fessure. Tutto questo è stampato a caratteri minuscoli in un libro la cui rilegatura sta cadendo a pezzi.

Se non stessi scrivendo a te, dovrei giurare che questa lettera è sincera, che le sue associazioni isteriche di idee sono scaturite spontaneamente da ciò che sento. Ma tu sai fin troppo bene che questa tragedia inscenabile è reale come una tazza da tè o un appendiabiti: è piena di qui e ora, e attraversa la mia anima come il verde delle foglie di un albero.

[…]

Ciò che provo non è vera follia, ma la follia comporta senza dubbio un simile abbandono alle cause stesse della propria sofferenza, un’accorta gioia per gli sbalzi e i sussulti dell’anima.

Qual è, mi chiedo, il colore dei sentimenti? Migliaia di abbracci dal vostro

Fernando Pessoa

P. S.- Ho scritto questa lettera tutta d’un fiato. Rileggendola vedo che, sì, ne farò sicuramente una copia prima di spedirtela domani. Raramente ho espresso così completamente la mia psicologia, con tutti i suoi atteggiamenti emotivi e intellettuali, con tutta la sua tendenza fondamentalmente depressiva, con tutti gli angoli e gli incroci così caratteristici della sua autocoscienza…

Non sei d’accordo?

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