“Noi siamo quelli che volano ingannati che vi abbiamo seguito dall’alto e scendevamo ogni volta che lasciavate il campo deserto e ci lasciavamo guidare dall’odore fino a che l’odore è svanito e soltanto allora ci siamo resi conto che avevamo volato troppo lontano e abbiamo partecipato del fraintendimento e ci domandiamo adesso dove andavate e dove ci avete condotto.
Io sono l’ombra degli esploratori, l’uomo in più, inatteso, imprevisto, inesistente ma vivissimo io sono quello che procede senza fatica, lievemente in silenzio e che misura la vostra fragilità
Ora io sono l’uscita che conduce in nessun luogo e per questo apro i ghiacciai e frantumo il muro di ghiaccio e ti concedo di attraversare le Colonne d’Ercole perché io sono l’uscita”
Filippo Tuena, Ultimo Parallelo, ppg. 249-250
Parlare di Ultimo Parallelo di Filippo Tuena non è cosa da poco, è un materiale antico, di memoria ancestrale, una coincidenza mitica che si avvera nell’era contemporanea. Descrivere questo libro significa entrare in contatto con forze ultraterrene, echi olimpici e fantasmi dell’Averno. E se questa introduzione ricorda vagamente una piaggeria simile ai sofismi di alcuni eruditi del passato è perché non volevo esordire immediatamente dicendo “Ultimo Parallelo” è un capolavoro. È la verità, forse l’unica in tutto il libro, partiamo da un assunto indiscutibile, Filippo Tuena ha scritto dei romanzi più potenti, sofisticati e belli del ventunesimo secolo in Italia.
La nuova e ricchissima edizione proposta dal Saggiatore con un apparato di contenuti extra a dir poco poderoso è stata letta con una calma serafica. Non sono stato consumato da nessun stress da lettore vorace o recensore implacabile, no, è rimasto sul comodino per due mesi mentre attraversavo altri deserti di parole, altre storie, altri racconti. Tornavo sempre nell’Antardide di Tuena perché il pellegrinaggio di ghiaccio intrapreso in quei fraseggi a volte sperimentali era inesorabile. Mi sono chiesto se stessi avanzando come un ghiacciaio o come un esploratore, se fossi slitta o valanga, volontà umana o vento di ghiaccio; quella che sia la risposta non importa, perché ora ho finito il libro scrivendo sui margini appunti, riflessioni, esclamazioni di sorpresa e sgomento. L’epica è importante, spesso saranno evocati ricordi omerici e classici giusto per contrapporre la nostalgia di un passato mitico all’epos desolante di questa impresa fallimentare. La conquista del Polo Sud. La Storia, con la S maiuscola, ci racconta la mancata impresa di Robert Falcon Scott che guidò la spedizione britannica verso l’ultimo parallelo del globo per poi consacrarlo alla corona inglese. Era il 1911 e l’anabasi di ghiaccio continuò fino al 1912. Come tutti gli eroi dell’epos classico gli inglesi arriveranno a destinazione ma perderanno la vita nel nostos, nella catabasi verso i propri accampamenti con la consapevolezza beffarda di essere stati sconfitti dalla squadra del norvegese Roald Amundsen che raggiunse la meta con molto anticipo. Ma d’altronde lo sappiamo tutti, esistono sconfitte più trionfanti delle vittorie, così insegna Michel de Montaigne. Per chi volesse approfondire la storia della spedizione, che tuttavia Tuena tratteggia benissimo usando anche del materiale fotografico, si possono recuperare i Diari Antartici degli esploratori e L’ultima Spedizione di Robert Scott presso Nutrimenti editore nella collana Nutrimenti Mare.
Tuena ricostruisce l’epopea degli esploratori grazie al progressivo sfaldarsi dei loro corpi e dei loro spiriti, i diari fungono da fonte storico-documentale o come testimonianza di eventi disperati e allucinati? Come se ci fosse qualcosa di estremamente extra-ordinario? Del resto siamo nell’inferno bianco, lì dove potrebbe scatenarsi una vera glaucofobia. In Antartide c’è il viaggio verso l’ignoto del Gordon Pym di Edgar Allan Poe e di suo fratello Len il cui racconto è narrato da Jules Verne ne La Sfinge dei Ghiacci, per non parlare de Le Montagne della Follia di H.P. Lovecraft con i suoi incubi alieni. Nella terra del deserto bianco sembra germogliare una mitologia misteriosa e respingente, anche Tuena lascia traccia del suo passaggio, a modo suo e in maniera a dir poco geniale.
Se la spedizione sembra essere il fulcro dell’intera narrazione c’è da ricredersi, è il non detto, sono gli interstizi tra i paragrafi che alimentano un vuoto candido e asettico. In quel bianco tipografico che funge da eco a quello antartico si realizza il romanzo di Tuena, in bilico tra prosa saggistica, lirica, poetare sperimentale e docu-fiction. Non importa come finirà la spedizione, del resto lo stesso Scott ammette che saranno i corpi morti di loro tutti a testimoniare le vicende che le loro bocche non riusciranno a spiegare. Sono uomini poveri, infreddoliti, attaccati a un miraggio di gloria e alle ombre che sussurrano in quel mondo bastardo. Sono contro-eroi, ignavi, numeri impuri di un’equazione alla deriva dove l’unico calcolo possibile è la sottrazione. Sotto lo zero, sotto la carne, sempre meno umani. E se Dan Simmons con La Scomparsa dell’Erebus ricorre a un mostro soprannaturale per mietere vittime tra i suoi marinai rimasti intrappolati al polo Nord, Filippo Tuena usa l’incredibile non per sbalordire, ma per raccontare. Perché questa storia ci è donata dall’uomo in più, dall’ombra senza corpo che si accoda alla fila indiana degli esploratori, all’allucinazione che si aggiunge ai seguaci di Scott. L’uomo in più è un retaggio mitico, il genius loci, o forse è il legendarium che vive proprio perché gli uomini sono arrivati al Polo Sud con le loro credenze, paure, ansie, idiosincrasie. Filippo Tuena reinventa i mitologemi e crea nuovi archetipi, guida il lettore con un’ombra, e lo fa con tutta la poesia del mondo. La compassione è tirannia del ricordare.
Ultimo Parallelo è una creatura ibrida, una chimera delle nevi, con le sue fotografie, le frasi in inglese, le canzoni, i citazionismi che ripercorrono la letteratura classica e inglese, un monumento compatto di elementi friabili. Un compendio di ossimori e sinestesie di contrari.
Concludo dicendo l’ovvio, Filippo Tuena ha scritto un capolavoro e se qualcuno non concorda allora non ha mai letto un libro in vita sua, e non importa quanti scaffali siano pieni di volumi.
Cristiano Saccoccia