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Flannery O’Connor inedita. Non vivo alla giornata. Vivo al secondo

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Nel dicembre del 1943, durante il primo anno di studi di sociologia al Georgia State College for Women, la diciottenne Mary Flannery O’Connor iniziò a tenere un diario sulle pagine di un quaderno a spirale. Sulla copertina scrisse Higher Mathematics I; all’interno, in sole 30 pagine e 40 giorni, registrò una serie di voci in cui scrisse del suo mestiere, della sua fede, delle sue aspirazioni, della sua vita. Dopo la laurea, la O’Connor fu ammessa all’Iowa Writers’ Workshop dell’Università dell’Iowa e cominciò presto a vedere pubblicati i suoi scritti: il suo primo romanzo, Wise Blood, uscì nel 1952. Quando la sua vita fu stroncata a soli 39 anni, la O’Connor aveva già all’attivo due romanzi e trentuno racconti. Le fu assegnato postumo il National Book Award for Fiction.

 

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31 gennaio ’44

La mia scrivania è il monumento della mia mente e, a giudicare dall’aspetto, la mia mente deve avere contatti intimi con i netturbini. Non vivo alla giornata. Vivo al secondo. Ciò che posso rimandare di un altro secondo e che è spiacevole, lo faccio. Se per appendere la gonna, invece di metterla sullo schienale della sedia, occorrono quattro o cinque passi spaccaschiena, la metto sullo schienale della sedia – per appenderla più tardi. Con il passare dei giorni e l’infittirsi delle pile di vestiti sullo schienale della sedia e l’aumento delle montagne di carta e libri sulla scrivania, le pareti della stanza si riducono gradualmente fino a lasciare solo uno stretto bordo intorno al soffitto. Questo ha un effetto irritante su Regina [sua madre], che lo esprime con gli imperativi più forti. La stanza è molto contraddittoria. Sopra la mensola del camino, un’immagine grigia di Cristo che invecchia, gentile e benigna, misericordiosa eppure severa, con un’aria minimamente divertita. Deve esserlo spesso. Appeso al lato della porta, il Diavolo – strabico, magro, malvagio – è una mia creazione. È una parete particolare, ma non mi disturba. Sopra la libreria, un’anatra di porcellana diretta verso lo spazio infinito, sperando solo di trovare una riva prima di indebolirsi e cadere in mare.

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