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Fotofobia

Michele Bubacco Fuck Simile (if I am calling green) 2016

Vivo posseduto da preconcetti, mi avvolgono come i maglioni girocollo invernali. Stringono e quella stretta, inizialmente fastidiosa, con il passare del tempo si trasforma in un abbraccio. Non perché si sia allentata ma perché semplicemente vi ci siamo abituati.

Così riconosco vivere gran parte della mia vita, avvolto da preconcetti generalmente filati in pura lana e ancor più puro cinismo in maniera da prevenire qualsiasi delusione o frustrazione.

Perché, ahimè, di delusioni e frustrazioni é costruita la mia storia.

Ma ogni tanto qualcosa mi strappa di dosso quel capo. E come San Paolo sulla via di Damasco mi trovo a terra con il ventre esposto, le braccia spalancate ed accecato da una luce che proviene dal fondo di una volta celeste carbonizzata.

Oggi mi sono messo in coda per vedere lo spettacolo della scuola di mio figlio, sicuro che mi sarei annoiato, spettatore forzato di bambini stonati e sgraziati.

Invece quattro ore son passate in un lampo.

E, nonostante il fastidio della porta del teatro che si apriva e chiudeva in continuazione a causa di genitori non curanti ed incapaci di spegnere il telefono dal quale le loro vite sembrano dipendere, il palco del teatro é stato popolato da sogni.

Sogni dai tre ai sedici anni, piccoli uomini e donne che saltavano, ballavano e cantavano assieme. Come se quell’istante valesse l’ultimo giorno del mondo.

O forse il primo di uno nuovo.

La bellezza non é l’assenza di errori ma che quell’errore sia animato dal desiderio e che il desiderio lo redima attraverso la crescita.

L’errore che nasce dalla speranza e dalla serietà, che nasce dalla necessità di andare avanti. Ed andando avanti si inciampa, si cade, ci si fa male. Ma poi ci si rialza perché il fascino del traguardo é così grande da superare qualsiasi ostacolo.

In questi momenti ho la sensazione che anche l’errore sia dalla parte del giusto, mi affascina come fosse un elemento fondante della meraviglia stessa. Un grido di desiderio lanciato nella voragine sorda di quella volta celeste annerita così da poterla finalmente popolare di stelle.

Se non tornerete come bambini…

Ora che sono adulto lo so.

Ora che vivo in un mondo dove la tecnica si impegna incessantemente a sfiorare i limiti della perfezione, ora che le donne non invecchiano più, che i cazzi rimangono chimicamente duri per ore, ora che puoi essere chi vuoi quando vuoi e come vuoi, ora che puoi avere qualsiasi cosa, ora che puoi tutto tranne essere te stesso e avere quel che il tuo cuore desidera…

Questa ossessione di perfezione é solo una maschera, una caricatura disperata che lotta contro la morte in un carnevale di sedicenti Christopher Lambert tenuti insieme da plastiche e siliconi brandendo i loro cellulari.

Tutta questa ricerca ostinata non ha portato più gioia o luce ma ci ha sprofondati nell’ombra. Nell’ombra della tristezza, della solitudine, della desolazione.

Democraticamente uguali ed omologati nella depressione.

Parafrasando le parole della direttrice, se c’é qualcosa che all’uomo fa più timore che l’oscurità dell’animo é la luce trattenuta in esso.

O un altro uomo che possieda la libertà tale da lasciarla risplendere, un essere radiante di desiderio, di gioia e di vita.

Davanti a tanta luce ci si sente inadatti. Ed io quando la incontro mi sento veramente piccolo. E seppure son costretto ad indossare degli occhiali scuri per non venirne accecato, capisco che il senso della vita é tutto lì. In questo caso, nel brillio e nella serietà di quei piccoli esseri straordinari che non sanno di esserlo.

In quel momento capisco che o tutto quello che faccio, o tutto quello che facciamo, cultura ed arte compresa, é per loro, o quel tutto non ha assolutamente alcun senso o valore.

Mi spiace, o tutto il nostro fare é per qualcuno o é destinato alla morte come noi.

Perché il valore di quel tutto risiede solo nella possibilità che un altra persona, ricevendolo, possa renderlo un nuovo inizio.

E davanti a questi piccoli uomini e piccole donne l’unica cosa che possiamo fare é chiedere scusa per non essere mai all’altezza. E dire grazie per perdonarcelo consegnandoci il loro cuore.

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