Realizzare un collage implica scegliere tra pezzi che hanno avuto già una vita, selezionare i più significativi, reinterpretarli, dare loro altro senso.
La collagista è il mestiere che si è scelta la protagonista dell’ultimo, intenso romanzo di Francesca Mazzucato, che narra – come sempre con voce riconoscibile e irripetibile – di un’intensa passione fatta di rimpianti, rincorse, amplessi memorabili e bisogno di amore, incontri e temporanei addii.
La trama potrebbe riassumersi in una ventina di parole: una donna di forti passioni, anche per il proprio lavoro, ha vissuto una potente storia con un uomo a cui è devota al limite dell’abnegazione. L’uomo in questione, difficilmente afferrabile, ha alternato sapientemente presenze brucianti e assenze dolorose.
La relazione, a un occhio esterno sbilanciata come tante, fatta di istanti di malessere ideale e il ricordo e l’inquietudine piacevolmente dolorosa che questo porta, trovano casa e senso sullo sfondo di due città che si fanno protagoniste anch’esse, Parigi e Z., Zurigo, esposte a pelle scorticata come la protagonista stessa, nella permeabilità del limite autobiografico che l’autrice spesso trapassa.
La scrittura di Mazzucato si fa intimista, volatile: non è mai solida, vuole intenzionalmente essere provvisoria come l’atmosfera delle camere d’albergo in cui la protagonista ricorda e racconta, come le conversazioni con gli sconosciuti, come gli incontri con altri collagisti – ognuno con una propria storia, squarci minimi, densi, potenziali sviluppi di sottotrame – che intervallano la narrazione principale.
Il romanzo – uscito per i tipi di Arkadia nella felicissima Collana Sidekar – si costruisce da solo come un collage, strato vissuto su strato vissuto. Acquista spessore e senso nella somma di superfici, in un tentativo della protagonista senza nome di posarsi su un equilibrio tra una vita che valga la pena essere vissuta e il recuperare una provvisoria pace dell’animo: ma la voluta fluidità e misura della scrittura di Mazzucato ci lascia sospesi a chiederci se e fino a che punto siano questi vero desiderio e fine ultimo.
Anna Vallerugo