È curiosa la vita dei personaggi. Consegnati ai lettori, vivono. Li ricordiamo splendenti, come lapilli che sgorgano dalla bocca del vulcano.
Esistono persone che abbiamo conosciuto di cui sappiamo assai meno dei protagonisti dei romanzi che abbiamo amato. Gente di passaggio nelle nostre vite di cui ricordiamo a stento il volto.
Di Barney Panofsky, invece, sappiamo tutto, conosciamo i suoi amici, il suo passato francese e la vita in Canada; di Lolita Haze conosciamo i gusti, le spregevolezze; di Oskar Matzerath i motivi più profondi per cui scelse di non crescere, di rimanere un bambino.
Si tende a trascurare quanto l’oggetto dell’invenzione umana sia, spesso, più vero del vero.
Di questa particolare luccicanza è fatto il protagonista del racconto di Frank, personaggio principale de L’estate corsa, romanzo di Francesco Forlani, edito da Felici editore.
Chiamato in un paesino della Corsica, Frank deve scrivere la biografia romanzata di un personaggio inesistente ma così ingombrante da dedicargli un monumento che è anche un monito. Posizionato lungo un tornante pericoloso, serve a ricordare agli automobilisti incauti che devono rallentare.
Questo personaggio di finzione ha bisogno di un passato, di passioni e di tutte quelle cose che fanno vero un uomo. Per compiere la sua missione, Frank inizierà un viaggio dentro la storia della Corsica, un’isola misteriosa, con un passato complesso e affascinante che va ben oltre Napoleone. Scenario di battaglie e di violente passioni anarchiche.
Forlani ci racconta la storia di un’isola tormentata e poco conosciuta, partendo dalle crociate e arrivando alla seconda guerra mondiale. Il suo è un racconto per volti, per esseri umani. Frank, spiantato insegnante di fisarmonica, si lancia in questa assurda avventura in cerca di un’occupazione, trovando amore e trame che lo travolgeranno.
Per alcuni versi questo è anche un romanzo di formazione, perché Frank, attraverso i racconti degli isolani, ascoltando la storia, imparando che ci sono errori che vanno accettati, perdonati persino, si formerà come uomo. La Corsica lo modellerà con il suo vento di mare, erodendo certezze e restituendolo diverso.
Francesco Forlani è un agitatore culturale. Poeta, insegnante di filosofia, ha giocato a calcio, è stato traduttore. Irrequieto, sembra cambiare indirizzo con la stessa facilità con cui cambia lavoro. È un uomo colto e il suo è un racconto pieno di citazioni, di rimandi ad altri scritti e ad altri scrittori. Nel libro di Forlani c’è una placidità, una serenità che aiuta il lettore stanco, che anela a qualcosa di curioso e d’intelligente che ci conduca verso derive più serene.
Pierangelo Consoli
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Un giornale che nel 1973 annuncia la sua nascita reclamando la restituzione della parola al popolo. Sartre, Mauriac e Serge July sono seduti al tavolo con altri e immagino il numero di posaceneri; le nubi di fumo si aprono un varco attraverso larghe finestre che danno sulla rue de Lorraine, per raggiungere le acque immobili del canal de l’Ourcq. Libération dagli anni Ottanta abita in un garage al numero 11 della rue Béranger, a una manciata di minuti dalla Marianne de la République.
Un giornale che nel 1973 annuncia la sua nascita reclamando la restituzione della parola al popolo. Sartre, Mauriac e Serge July sono seduti al tavolo con altri e immagino il numero di posaceneri; le nubi di fumo si aprono un varco attraverso larghe finestre che danno sulla rue de Lorraine, per raggiungere le acque immobili del canal de l’Ourcq. Libération dagli anni Ottanta abita in un garage al numero 11 della rue Béranger, a una manciata di minuti dalla Marianne de la République:
“No, Jean Baptiste, non ci sono problemi per il corso di domani; ti chiamo per un’altra ragione.” “Spara!” dice accendendosi la sigaretta dopo il caffè. “Sai l’annuncio uscito ieri sulle pagine culturali?” “Quello dell’isola? Non dirmi che anche tu! I centralini sono letteralmente impazziti; o qui sono diventati tutti scrittori o nessuno ci ha più una lira. Lo sapevo che sarebbe finita così ma era un annuncio a pagamento e la mia nota di accompagnamento serviva soltanto per creare un effetto di sogno a occhi aperti.”
“E ha funzionato. Se ti ho telefonato è stato solo per via della tua nota.” “Tra musicisti ci si capisce, no?” Frank sorride. La velocità con cui l’amico trova una battuta è davvero sorprendente. Così prende fiato e riparte all’attacco quando Jean-Baptiste gli chiede: e allora? “Niente, pensavo che magari, chissà, potrebbe essere una buona idea per sbarcare il lunario…” .
“Da musicista desideroso di rimparare a suonare mi guarderei bene dal dare al mio maestro una dritta che me lo porti via ma visto che su quell’isola ci passo tutte le mie vacanze, e che il maestro è un bravo scrittore, sai che ti dico?” Frank è sorpreso. Raramente gli ha sentito pronunciare le parole “bravo scrittore” ed è sicuramente per questa ragione che le sue recensioni sono molto seguite dai lettori e temute dagli scrittori per la sua etica inamovibile in materia. Pur frequentando molti autori, nessun affetto, giustificato in certi casi da una vera condivisione e intimità, avrebbe interferito con la sua attività di critico.
“Dai, dimmi!”
“Tra meno di un’ora passano quelli dell’annuncio per firmare un documento che avevano dimenticato di contrassegnare. Se ti precipiti da me ci parli direttamente; en plus ti faccio da garante.”
“E in cambio ti pago un couscous da chez Omar.”
Frank non abita lontano dalla redazione di Libé. C’è un autobus diretto dalla rue Monge e se si dà una mossa – per Frank darsi una mossa equivale a una decisione tanto grave quanto imprescindibile – in una ventina di minuti dovrebbe arrivarci. C’è stato due volte in quella redazione; una per discutere con Jean-Baptiste del corso e l’altra in occasione dell’uscita del suo libro che aveva voluto recapitargli di persona. Per accedere ai piani alti bisogna percorrere una rampa a spirale, come quelle dei parcheggi.