È cosa che non ho mai fatto (perché consapevole non sia da fare), però la trattazione di questo libretto necessita di una premessa su chi ne sia l’autore, che è personaggio che da qualche tempo a questa parte è decisamente balzato agli onori delle cronache. Con tutta evidenza Francesco Giubilei (giornalista, scrittore, editore, politico in senso stretto – direi quasi primorepubblicano – con ruoli istituzionali a livello nazionale e nei board e comitati scientifici di fondazioni a livello italiano ma anche europeo e mondiale) è una delle figure su cui maggiormente sta puntando – ad ora qui in Italia, fra poco chissà… – un certo tipo di destra politica, conservatrice, liberale ma non liberal (come apprezzerebbe venisse detto Giubilei stesso).
Chi non si fosse mai imbattuto in una delle sue quasi quotidiane ospitate nei più disparati talk-show, sicuramente avrà sentito però parlare di lui per una recentissima intemerata che è rimbalzata su tutti i giornali, televisivi, online e cartacei; argomento: la giustissima protesta degli studenti fuorisede per il caro-affitti, la qual cosa non ha particolarmente toccato le corde dell’animo del poco più che trentenne (classe 1992) Francesco Giubilei, anche se, chi scrive, non ha mai smesso di pensare che quella sua uscita fosse più figlia del mantenimento dello status quo indotto dal suo (fu) ruolo istituzionale (da dicembre 2022 a giugno di quest’anno consigliere straordinario del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con “delega alla cultura presso i giovani”) che di un effettivo sentire a-generazionale.
Insomma, pur condividendo col sopracitato nulla più che mezza opinione (forse), Giubilei ha sempre suscitato nel sottoscritto una “malriposta simpatia”, la stessa che spesso mi provocano quelle persone attaccate a prescindere da “quelli che sanno”, così aperti, così bravi, così squisitamente progressisti, ma il più delle volte col cuore a sinistra e il portafoglio ben saldo a destra (almeno, Giubilei non ha mai fatto mistero di averli entrambi a destra!).
Il titolo di quest’agile pamphlet ricalca chiaramente quello di “uno dei sei volumi in cui è stata organizzata la mole degli scritti dei Quaderni del carcere” di Antonio Gramsci, Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura. Il tema dell’egemonia culturale, punto cardine della trattazione gramsciana (e poi comunista in senso sia più ampiamente ideologico che strettamente partitico) non è la prima volta che viene tentato di declinarlo “da destra”; Alain de Benoist, fondatore tra fine anni Sessanta e principio dei Settanta di quel movimento culturale e metapolitico denominato Nouvelle Droite (declinatosi e tradotto in Italia nella Nuova Destra del politologo dell’Università di Firenze Marco Tarchi) addirittura pensò di declinare il gramscismo stesso da destra, incontrando certo resistenze ma finanche dando il via ad una stagione di progresso culturale che la destra da anni non conosceva (o che le veniva impedito di portare a compimento, secondo la visione giubileiana).
Certo, più di un abisso divide Giubilei e de Benoist, oltre che 49 anni anagrafici: il primo conservatore e liberale, l’altro conservatore ma rivoluzionario (nella declinazione dei vari pensieri di destra di cui il nostro autore fornisce una panoramica forse eccessivamente rapida ma comunque abbastanza esaustiva si vedrà che questo può essere definito un ossimoro sì, ma solo grammaticalmente) e assolutamente non liberale; il primo più propenso a parlare di cultura di destra, il secondo di destra della cultura (e in questo caso, perlomeno agli occhi del lettore che nella fattispecie è anche chi sta scrivendo, cambiando l’ordine degli addendi il risultato cambia, e parecchio).
Forse un po’ per rivalsa, magari per esplicita provocazione, ma Giubilei fa risalire le origini del pensiero conservatore (che esplicitamente definisce una delle possibili declinazioni del pensiero di destra, ma implicitamente sembra quasi egli lo consideri esclusivamente un suo sinonimo) cronologicamente ben prima dell’azzardo dantesco del Ministro Sangiuliano, andando a scomodare addirittura Catone il Censore e Cicerone: francamente un po’ forzata!
Gli altri nomi fatti, inseriti nel numero degli esponenti di una delle varie forme assunte dal pensiero di destra (Giubilei indica la destra conservatrice e quella tradizionalista; la destra sociale e quella reazionaria; quella rivoluzionaria e quella controrivoluzionaria; la destra nazionalista e la destra liberale), sono già più condivisibili, al netto di alcune forzature qui e là, figlie evidenti del ragionamento: “Se non si è mai detto esplicitamente di sinistra, allora è di destra”, ma di voler annoverare Eugenio Montale tra i padri fondatori del pensiero di destra italiano chi sta scrivendo proprio non riesce a comprenderne il motivo.
La forma pamphlettistica data al testo in questione certo sottende un’esplicita dichiarazione di non esaustività (o comunque non totale): e la cosa ci sta assolutamente, essendo il saggio vero e proprio trampolino di lancio verso la lettura dei numerosi testi scritti, curati o editi dagli altrettanto numerosi personaggi che Giubilei cita, per la qual cosa gli deve senza dubbio essere mossa una menzione di merito, ma alle volte sembra quasi che l’autore si senta costretto in questa forma. Esempio: tra le pagine 65 e 66 – si è all’interno di uno dei capitoli dedicati al Novecento – l’autore anticipa che si soffermerà, lungo le pagine seguenti, su ben determinati autori “al fine della nostra ricerca” (partendo da d’Annunzio e arrivando a Tomasi di Lampedusa), ma le menzioni agli autori elencati non vengono fatte…
Risoluzione del mistero? Le possibilità sono tre: dimenticanza dell’autore, che mi sento però di escludere sapendo Giubilei persona precisa; invito più o meno esplicito al lettore di andarsi ad approfondire da sé i succitati autori; impossibilità di spingere troppo avanti la trattazione “causa” accordi editoriali. Chi leggerà si formerà la propria idea!
Da distante vengono sviscerate tutte quelle tematiche che il mondo progressista ha fatto proprie relegando volutamente in un angolo chi non ha mai fatto determinate professioni di fede socio-politica: non ultime l’organizzazione della cultura (che è in certo qual modo il collocare nel mondo delle cose ciò che era stato precedentemente ragionato in quello delle idee e che, oltre che sottotitolo, è il fil rouge della trattazione tutta) e il ruolo del gentil sesso (chiaramente a destra).
Pragmatica la conclusione concettuale del breve saggio: una politica culturale autenticamente di destra non deve far proprie, scopiazzandole, le prassi degli avversari, bensì procedere ad un’organizzazione della cultura propria e indipendente, che tenga in considerazione tanto la formazione di una classe dirigente che di una intellettuale in senso più stretto, ma accantonando finalmente tutte le pose da “torre d’avorio” al fine di cercare di penetrare – per quanto possibile – nel mondo della cultura mainstream, alla ricerca di chi, agente in esso, si dimostri sensibile a ben determinate posizioni e tematiche.
Una sorta di prontuario per operatori culturali, e non solo di destra; nell’attesa che Francesco Giubilei decida di ampliarne la portata, ci si può accontentare di questo (anche se non sempre godere).
Alberto De Marchi
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Francesco Giubilei, “Gli intellettuali di destra e l’organizzazione della cultura”, Oligo Editore, 2023, 102 pagine, 13 euro