Estremamente ambizioso.
È questo il primo aggettivo che viene in mente dopo aver letto “Type 0 Negative. Slow, deep and hard. Parole, musica e gesta di Peter Steele” (Arcana, 2022, pp. 397, € 22), il libro di Francesco Nunziata dedicato al gigantesco (in tutti i sensi) e indimenticabile leader della band newyorchese: se, infatti, è vero che ci troviamo di fronte ad una bio convenzionalmente sviluppata in senso diacronico e con una grande quantità di informazioni, dati e resoconti vari di album e concerti come sempre ci si aspetta da un certo tipo di pubblicazioni, nondimeno la necessità di addentrarsi nella sulfurea e particolare arte di questa originale divinità moderna del rock spinge l’autore ad avventurarsi fin dalle prime pagine in una ponderosa e poderosa serie di collegamenti extra-musicali necessaria a restituirne la complessa ispirazione e le molteplici, spesso ineffabili sfumature da cui quella stessa arte prese le mosse. Niente di strano, d’altronde, visto che il compianto bassista-cantante già nelle esperienze con i Fallout e (soprattutto) con i Carnivore che precedettero quella dei Type 0 Negative rese manifesta al mondo la sua volontà di non lasciarsi risucchiare da certi cliché tipici del ruolo della rockstar: amore per la musica pesante, sì, volontà di stupire con un’immagine forte, anche, ma, appunto, fin dagli esordi nell’affollata scena a sette note della Grande Mela, soprattutto una ferrea volontà di portare avanti un personalissimo percorso umano, creativo ed ideologico. Il merito di Nunziata è quello di restituirci questa strenua propensione particolarizzante di Steele con un’analisi mai superficiale e in cui mai vengono trinciati facili giudizi per rispettare certe imposizioni di “illuminato progressismo a tutti i costi” a cui oggi siamo tristemente abituati e da cui, spesso, siamo perfino soggiogati. Ecco quindi che la figura dell’ex, turbatissimo giardiniere riesce ad emergere e ad essere tratteggiata in tutta la sua difficilmente pareggiabile unicità, a cominciare dalle inconsuete (almeno nell’ambito di riferimento) posizioni “politiche” conservatrici, che molto spesso lo videro finire nell’occhio del ciclone della stampa specializzata e non solo per alcune esternazioni a dir poco prive di peli sulla lingua. Come pure affascina la disamina dell’adesione al pensiero di Nietzsche e l’indubbia influenza che esso esercitò nella stesura (ma anche in un certo modo di porsi nella vita di tutti i giorni) dei testi di Steele. O ancora il focus sulla fascinazione che certe tematiche scomode e scabrose (in particolar modo quelle legate alla violenza e alla relativa capacità di saperla trascendere attraverso l’arte) esercitarono su di lui.
Il risultato è ben più di un semplice profilo del solito “maledetto” da vendere, ma il ritratto fedele e pieno di sfumature di un uomo che, oltre ad essere stato frontman di una band in grado di segnare un’epoca, si è anche distinto come libero pensatore dotato di una solida cultura personale (certificata, se ce ne fosse bisogno, dai suoi approfonditi studi umanistici) e di una precisa missione espressiva. Chiaramente questo libro non può e non deve mancare in nessuna casa dove ancora oggi si ascoltano a volumi (si spera) esagerati i meravigliosi Type O Negative, non fosse altro per il fatto che Nunziata, nel volgere delle pagine, procede ad un’accurata, lenticolare messa a fuoco di ogni singola canzone del combo americano, fornendo preziose informazioni sul making of della stessa e su ciò che, di volta in volta, l’ha ispirata, servendosi all’uopo anche di fitte trame intertestuali (che abbracciano letteratura, filosofia, psicoanalisi, sociologia e una ridda di altre discipline) e di continui richiami alla storia del genere tanto mainstream quanto sotterranea (offrendo anche dei mini bignami utilissimi ai più scafati per un veloce ripasso, ai neofiti o quasi tali per approcciare all’ascolto di altre centinaia di seminali band).
Con le feste in arrivo, questa potrebbe essere una strenna da tenere in assoluta considerazione. Soprattutto se avete amici, figliuoli, fidanzate o nipotini affascinati da certi, “tenebrosi” figuri.