Fortini ha dedicato alla pratica traduttiva (oltre agli esiti assoluti di Poesie e canzoni di Bertolt Brecht, Einaudi, 1959 e del Faust di Goethe, Mondadori, 1970) una parte considerevole della sua produzione saggistica, firmando un numero incredibile di versioni in prosa e poesia solo in parte edite.
L’ antologia, curata da uno dei più sensibili interpreti di Franco Fortini (tra le sue varie pubblicazioni, Franco Fortini, Tutte le poesie, Mondadori, 2014, pp. 881), è parte di un progetto promosso dal Centro Interdipartimentale di ricerca Franco Fortini e presenta un dettagliato racconto introduttivo del complesso iter fortiniano in quell’universo dove circolano le letterature del mondo. Leggendo le varie sezioni del volume, appare chiara la sua idea di transito da una cultura all’altra con tutte le sue contaminazioni, inquietudini, smarcamenti dai luoghi comuni .
L ‘articolazione interna segue l’itinerario tracciato nell’introduzione, a partire dal 1942, anno della prima traduzione di Fortini (Un coeur simple di Flaubert) per ripercorrere criticamente le tappe di una carriera che ha pochi riscontri qualitativi nel novecento italiano. Alla peculiare ricchezza del volume si aggiunge un apparato puntuale di notizie sulla campionatura delle traduzioni selezionate che spaziano nell’ambito della letteratura francese, polacca, spagnola ecc . La pratica traduttiva dell’intellettuale che ha sempre lucidamente fatto i conti con la storia, in modo dialettico e contraddittorio, ebbe un’ influenza incisiva sia sulla formazione della sua lingua poetica, sia sulle posizioni maturate negli anni della guerra e del suo esilio in Svizzera. Il dopoguerra, poi, e in particolare il decennio 1947-1957, fu caratterizzato da quell’intenso lavoro su Brecht (a cui fornì un decisivo contributo la sua compagna Ruth Leiser alla cui memoria Lenzini dedica questa suo lavoro antologico) e da una serie di riflessioni teoriche che confluiranno in Saggi italiani , opera dove troviamo importanti pagine sulla poesia del dopoguerra e discussioni su problemi di metodo critico e di trasformazioni metriche. Non è casuale il ricorso ad una sintassi ipotattica, densa, ellittica , cifra stilistica del Fortini saggista e memorialista. Prassi traduttiva e discorso critico procedono all’unisono, manifestando un chiaro intento dialogico. Il suo temperamento dialettico, accompagnato da una vitale inclinazione pedagogica, lo porta costantemente a riflettere e teorizzare sui problemi ed i modi della ricezione del testo letterario.
Nella sua Premessa a “Franco Fortini, Lezioni sulla traduzione” (a cura e con un saggio di Maria Vittoria Tirinato, Quodlibet 2022) Lenzini annotava come il poeta fosse solito procedere per ampie inquadrature di ordine storico e puntuali carrellate su esempi tratti dall’esperienza personale, diretta: la prima lezione – annota – è infatti di carattere storico; la seconda concerne lo spinoso problema dei «compensi» (e cioè l’impossibile equivalenza fra versione e testo a fronte o, meglio, la partita del dare/avere fra testo di partenza e d’arrivo); la terza analizza versioni di maestri e coetanei italiani (da Ungaretti a Attilio Bertolucci); infine la quarta ha carattere teorico ma insieme, inevitabilmente, autobiografico.
Tornando all’antologia, le traduzioni attinte dall’Archivio dello scrittore offrono una prospettiva critica capace di restituirci la ricchezza dei testi nel loro inesauribile intreccio con la dimensione storica, sociale, politica:
Questa poesia non è certo delle migliori cose di Rimbaud diciassettenne […] E tuttavia contiene versi di una splendida bellezza, soprattutto nella sua seconda metà. Sono stato spinto a tentarne una trascrizione in italiano per ragioni che hanno poco a che fare con la poesia, o molto, non so: perché non riuscivo a cavarmi di mente quel verso “ O Cité douloreuse …” e lo caricavo di un significato politico ben preciso. E mi chiedevo come mai sia scomparso affatto dalla lingua poetica italiana la possibilità dell’ingiuria e del giambo, se non in forma aulica, avvolta in latinismi come carta di caramelle […]. La citazione è parte di una nota di Fortini in margine alla traduzione di “ L’orgie parisienne ou Paris se repeuple” di Arthur Rimbaud (La lezione dell’originale qui riprodotta segue quella a cura di Giuseppe Nava , pag 282) ed è emblematica di come, per Fortini traduttore, il modo in cui si traduce sia un indicatore privilegiato per decifrare l’evoluzione globale di un contesto culturale nel suo insieme.
L’interesse per la letteratura francese è testimoniato non solo in versioni da Rimbaud ma anche dai surrealisti. Nella sezione antologica dedicata, sono presenti traduzioni da Apollinaire, Louis Aragon, (Il fronte rosso e La realtà), André Breton, Tristan Tzara, colui che ha meglio espresso l’ambizione “cosmogonica” del movimento, René Char, Jean Tardieu, Aimé Césaire .
In una successiva nota di Fortini a Memoria di Pierre Reverdy si legge, ad esempio che […] la sua raccolta I relitti del cielo, del 1924, è stata forse decisiva, per orientare il surrealismo,anche più di Apollinaire. C‘è in Reverdy un’aderenza all’oggetto e, in sostanza, un “ realismo” del sentimento e dell’immagine, che allora passò probabilmente inavvertito: ma Éluard procede soprattutto da lui, dalla sua arte semplice e difficile a un tempo, dalla sua sobrietà, dalla sua “serietà” profonda […] ( in Notizie sui testi, pag. 286) Nella nota che precede il testo Il fronte rosso (di cui sono presenti alcuni passi) si accenna all’accusa di incitamento all’assassinio per cui Aragon rischiò cinque anni di prigione. Al lettore vengono dunque offerti nuovi spunti di conoscenze, nuovi dettagli, anche qualche nuovo verso che ci ricollega ad un passaggio storico–biografico di Fortini come Valdossola ( nella sezione Inedite e con autotraduzione dall’italiano al francese) che ricorda la sua partecipazione alla Repubblica dell’Ossola nel 1944 nel giorno dell’assalto dei nazifascisti provenienti da Salò alla repubblica partigiana ( pag. 296): E il tuo fucile sopra l’erba del pascolo/Qui siamo giunti./Siamo gli ultimi noi/Questo silenzio che cosa. /Verranno ora/Verranno./E il tuo fucile nell’acqua della fontana (pag. 266).
La scelta testuale include anche versioni pubblicate in quotidiani, riviste ed altre sedi, oltre ad alcuni inediti conservati nell’archivio dell’Università di Siena: traduzioni da Alfred De Vigny, Endre Ady, Gyula Illyés, Heinrich Heine, ecc., selezionati in base ad un criterio di compiutezza come Ballata dei signori di un tempo di François Villon di cui Fortini aveva intrapreso per Einaudi e poi abbandonato , nei primi anni ’50, la traduzione del Testamento.
Tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta il suo percorso di traduttore, quasi completamente assorbito dal Faust goethiano volgerà, dopo l’esperienza di “Quaderni piacentini”, (rivista di stampo marxista e gramsciano che ebbe un ruolo rilevante nella costruzione dei fondamenti ideologici della sinistra extraparlamentare italiana) verso una dimensione più discontinua e occasionale, – scrive Lenzini – ma da non interpretare in termini assoluti perché è all’interno delle sue raccolte poetiche che compaiono esempi di traduzioni-rifacimento, come in Paesaggio con serpente o L’ospite ingrato primo e secondo che accoglie anche traduzioni immaginarie dal cinese, componimenti originali presentati come traduzioni, attraverso cui il poeta mira piuttosto a negare la propria identità e a decostruire la propria maschera autoriale (Irene Fantappiè). Interessanti echi fonici e delicate immagini in È ottobre, viene l’autunno di TU Fu, (pag 90) uno dei più importanti poeti cinesi . L’autore ha lavorato su una versione dal cinese non individuata .
La densità dell’antologia offre spunti di ricerca non solo agli studiosi di Fortini, ma anche, più in generale, a coloro che lavorano nel minato campo della traduzione mostrando come l’intellettuale non solo si muova in varie letterature con esiti ineccepibili, (vedi A Saturnino Ruiz operaio tipografo di Manuel Altolaguirre, pag. 27 ) ma sia straordinariamente aperto alla collaborazione con esperti. Alcune versioni citate , si sono avvalse di traslitterazioni e informazioni fornite da altri traduttori. Tra i vari esempi, la versione Sul lago Maggiore di Illyés (pag. 183), uno dei poeti più rappresentativi del novecento ungherese, realizzata in collaborazione con Paolo Ruzicska e Il poema del disgelo Polonia 1955 di Adam Wazyk ,esponente della seconda avanguardia polacca, in collaborazione con Cristina Fuhrman.
Sempre attento ad ogni mutamento storico, l’ultimo Fortini, conclude Lenzini, è pronto ad indossare nuove maschere, a tentare altre strade senza perdere di vista ciò che costituisce il testo mettendo in gioco una tradizione intera con i suoi attrezzi, riecheggiamenti e presupposti.
Rossella Nicolò