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Friedrich Wilhelm von Mellenthin anteprima.

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L’inizio della guerra: “Alla fine dell’agosto del 1939, i lunghi convogli del III Corpo d’Armata in partenza per la frontiera polacca rombarono nelle strade di Berlino. Eravamo tutti mesti e preoccupati: ci rendevamo conto che, nel bene o nel male, la Germania stava passando il Rubicone. Non c’era traccia delle folle giubilanti che avevo visto nel 1914, all’età di dieci anni. Civile o soldato, nessuno era esultante o entusiasta. Ma, determinato a fare il proprio dovere fino all’ultimo, il soldato tedesco marciava…”

Il coraggio dei polacchi: “I polacchi avevano inoltre pochi carri armati e mezzi corazzati in genere; la loro artiglieria anticarro era del tutto insufficiente, e come gli italiani facevano ancora affidamento su materiali risalenti alla Prima guerra mondiale. Le loro formazioni migliori erano sicuramente le Brigate di cavalleria, che combattevano con ammirevole coraggio (in un’occasione caricarono i nostri Panzer a sciabole sguainate)”.

La volpe del deserto: “Rommel aveva strane idee sulla conduzione di uno Stato Maggiore. La cosa forse più seccante era la sua interferenza in questioni che sarebbero state di competenza del suo Capo di Stato Maggiore. Rommel si attendeva che il Capo di Stato Maggiore lo seguisse in tutte le visite al fronte – cosa che sovente significava trovarsi nel bel mezzo della battaglia”.

È in libreria Battaglie di Panzer I combattimenti di corazzati in Polonia, Francia, Balcani, Nordafrica, Russia e sul fronte occidentale nelle memorie di un Ufficiale di unità Panzer di Friedrich Wilhelm von Mellenthin (Italia Storica Edizioni 2024 pp. 428, € 38,00) con traduzione a cura del Wehrmacht Research Group. Edizione italiana a cura di Andrea Lombardi.

Friedrich von Mellenthin (30 agosto 1904-28 giugno 1997) è stato un generale tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Partecipe alla maggior parte delle principali campagne della guerra, divenne noto in seguito per le sue memorie Panzer Battles , pubblicate per la prima volta nel 1956 e da allora ristampate più volte.

Il libro è una testimonianza di prima mano di un ufficiale impegnato nello stato maggiore e sul campo che ricorda i momenti salienti del Secondo conflitto mondiale.

Un libro davvero attuale come l’estratto che pubblichiamo: “Psicologia del soldato russo”.

Carlo Tortarolo

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L’Armata Rossa

In questa sezione mi propongo di sintetizzare le mie opinioni in merito all’Armata Rossa. Come è ovvio, con il passare del tempo il valore dell’esperienza fatta dalle truppe tedesche nei combattimenti contro i russi andrà a diminuire, e saranno necessarie stime aggiornate del loro potenziale militare. Tuttavia è improbabile che cambino di molto il carattere e le qualità del soldato russo e i suoi metodi di combattimento caratteristici. Le esperienze fatte nella seconda guerra mondiale costituiscono il fondamento per una valutazione oculata della potenza militare sovietica.

Psicologia del soldato russo

Chi appartiene alla civiltà europea occidentale non può veramente comprendere l’animo e il carattere di questi asiatici, nati e cresciuti oltre le frontiere dell’Europa. Eppure è nel carattere dei russi che si trova la chiave per una comprensione delle loro qualità militari, dei loro successi, e dei loro metodi di combattimento. Il cuore umano e la psicologia del singolo soldato sono sempre stati fattori decisivi in guerra, che trascendono l’importanza dei numeri in campo e dell’equipaggiamento. Questo vecchio principio si è dimostrato valido nella seconda guerra mondiale, e penso che lo sarà anche in futuro.

Non c’è modo di immaginare quale sarà la prossima mossa dei russi: passano da un estremo all’altro. Con l’esperienza risulta abbastanza semplice immaginare quel che farà un soldato di qualunque altro paese, ma con i russi non è mai possibile. Le qualità dei russi sono inconsuete e sfaccettate quanto il loro vasto e selvaggio paese. I russi hanno una pazienza e una capacità di resistenza che supera l’immaginazione, un ardimento e un coraggio incredibili; ma a volte si rivelano degli ignobili codardi. In alcune occasioni, delle unità russe che avevano respinto attacchi tedeschi con ferocia efferata si diedero poi alla fuga di fronte a un piccolo gruppo d’assalto. Ci furono Battaglioni il cui morale crollò già al primo colpo di cannone, ma poi quegli stessi Battaglioni combatterono con una caparbietà sfrenata il giorno successivo. Il soldato russo è del tutto imprevedibile: oggi non gli importa se i suoi fianchi sono scoperti oppure no, e all’indomani trema all’idea di avere i fianchi esposti. Trascura princìpi tattici consolidati ma rispetta alla lettera i manuali in dotazione. Forse la chiave di simili atteggiamenti sta nel fatto che il russo non è un soldato che impiega la coscienza o esercita la propria libertà di pensiero, ma è preda di sentimenti che un europeo occidentale non può comprendere. I russi sono istintivi, coraggiosi per natura, e facili prede delle emozioni. L’individuo si perde facilmente nella massa, e la sua formidabile capacità di resistenza è data da lunghi secoli di patimenti e privazioni. Grazie alla forza innata di queste qualità, i russi sono da certi punti di vista superiori ai soldati occidentali, che sopperiscono alla propria inferiorità facendo ricorso alla disciplina e all’addestramento.

Un aspetto caratteristico del soldato russo è il suo sprezzo per la vita come per la morte: una cosa incomprensibile per un occidentale. Resta del tutto indifferente nel calpestare i cadaveri di centinaia di compagni; e con la stessa indifferenza seppellisce i compatrioti morti; e con non minore indifferenza affronta la propria morte. Per lui la vita non ha alcun valore particolare: è qualcosa che si può gettare via facilmente. Con la medesima indifferenza il soldato russo sopporta il freddo e il caldo, e i morsi della fame e della sete. Le più inaudite privazioni non lo scalfiscono. Ma ciò non è dovuto a una serenità derivante dalla morale o dalla religione: per questa ragione convivono in lui la crudeltà più brutale e la più autentica generosità. In mezzo a una folla imbestialita sarà pieno d’odio e spietato, ma da solo si mostrerà amichevole e magnanimo. Queste caratteristiche si ritrovano tra i russi asiatici, i mongoli, i turcomanni e gli uzbeki, tanto quanto negli slavi nati a occidente degli Urali.

Il soldato russo ama la sua “Piccola Madre Russia”, ed è questo che lo porta a combattere per il regime comunista pur non essendo in genere un fanatico in politica. Ho già rilevato come gli interrogatori dei prigionieri rivelassero una profonda diffidenza e a volte un astio insopprimibile nei confronti del Partito Comunista e i suoi funzionari. Ma resta il fatto che il Partito e i suoi organi hanno poteri illimitati nell’Armata Rossa. I commissari politici regnano sovrani con astuzia, mestiere e violenza, tessendo tele intricate che tengono imbrigliato tutto quanto l’Esercito. I commissari sono quasi sempre provenienti dalle città e della classe operaia; sono coraggiosi fino alla temerarietà e anche assai intelligenti, oltre che privi di scrupoli. Pur non godendo di alcuna simpatia presso le truppe, essi hanno dato all’Armata Rossa ciò che era mancato all’Esercito russo fin dalla prima guerra mondiale, ossia una disciplina ferrea e incrollabile. Una simile, spietata disciplina militare, che – ne sono convinto – nessun altro Esercito sarebbe capace di sopportare, ha trasformato una marmaglia in uno strumento di combattimento di formidabile potenza ed efficacia. La disciplina è il fattore decisivo negli straordinari successi politici e militari di Stalin.

Il soldato russo non si cura delle stagioni o del clima: è un buon soldato ovunque e in qualsiasi circostanza; è anche uno strumento affidabile nelle mani dei suoi capi, che sanno di poterlo sottoporre a qualunque sofferenza, molto al di là di quanto una mente europea sia in grado di concepire. Le conseguenze, nell’era atomica, sono assai rilevanti. Uno dei punti principali a favore della Russia è proprio, potenzialmente, la sua capacità di sopportare disastri e massacri di proporzioni immani, e la possibilità di chiedere sacrifici inimmaginabili ai propri civili e soldati.

Il problema delle razioni è di importanza secondaria per lo Stato Maggiore russo, perché i loro soldati sono pressoché indipendenti dagli approvvigionamenti. La cucina da campo, quasi sacra agli occhi degli altri Eserciti, è una gradita sorpresa per il soldato russo quando si manifesta, ma può farne a meno per giorni e perfino settimane. Si accontenta di un pugno di miglio o riso e per il resto prende quel che la natura gli offre. Questa prossimità alla natura è anche ciò che gli consente di essere parte del territorio: si potrebbe quasi dire che viene attirato dalla terra. Il soldato russo è un maestro del mimetismo, di picco e pala, e della costruzione di trincee. In men che non si dica scompare letteralmente sottoterra, creando tunnel e facendo un uso così abile del terreno al punto da rendere invisibili le proprie postazioni. Il soldato russo così trincerato, nell’abbraccio della Madre Terra, perfettamente mimetizzato, è un nemico doppiamente pericoloso. Anche dopo lunghe e accurate ricognizioni, è sovente impossibile individuarne le posizioni. È pertanto sempre consigliabile essere oltremodo prudenti, anche quando il terreno sembra essere libero da nemici.

L’industrializzazione dell’Unione Sovietica, portata a compimento con spietata determinazione, ha fornito all’Armata Rossa un gran numero di tecnici assai abili. I russi hanno appreso molto velocemente come utilizzare le nuove armi, mostrando un talento non comune nella guerra tecnologica. A ogni unità vengono assegnati dei tecnici altamente selezionati, affinché le truppe vengano addestrate all’uso delle più sofisticate armi ed equipaggiamenti. Il successo è stato notevole, soprattutto nelle unità di trasmissioni. Nel corso della guerra i russi hanno mostrato una sempre maggiore capacità di utilizzare queste tecnologie, diventando sempre più abili nell’intercettazione e nel disturbo delle comunicazioni e nella diffusione di false informazioni.

A controbilanciare le qualità militari dei russi resta comunque una certa ottusità, una scarsa elasticità mentale, e una naturale tendenza all’indolenza. Ma nel corso della guerra essi hanno compiuto costanti progressi, e gli alti ufficiali e i loro staff hanno appreso molto dai tedeschi e dall’esperienza diretta. Sono diventati adattabili, energici, mostrando prontezza nelle decisioni.

Con uomini come Zukov, Konev, Vatutin, e Vasilevskij l’Unione Sovietica ha senza dubbio avuto dei comandanti d’Armata e di Gruppo d’Armate di grande valore. Gli Ufficiali subalterni e molti di livello intermedio erano per contro maldestri e incapaci di prendere decisioni; a causa della disciplina draconiana erano timorosi di assumersi responsabilità. Un addestramento troppo rigido portava i comandanti di unità minori a fissarsi sui manuali e sui regolamenti, privandoli dello spirito d’iniziativa e dell’originalità essenziali per un buon tattico. Quanto alle truppe, l’istinto gregario è talmente forte che un combattente singolo si perde costantemente nella massa. I ranghi inferiori dell’Esercito russo erano istintivamente consci di essere perduti se venivano abbandonati a se stessi, e questo istinto di gregge fu causa sia di scene di panico quanto di atti di straordinario eroismo e abnegazione.

Ma pur con questi difetti non c’è dubbio che complessivamente i russi siano dei soldati eccellenti, e se comandati da persone capaci si rivelano dei temibili nemici. Sarebbe un grave errore sottovalutarli, anche se il loro profilo non corrisponde a ciò che ci si aspetta da un soldato moderno. La forza del soldato occidentale sta nelle sue qualità individuali, nel suo addestramento morale e psicologico, nel suo spirito di iniziativa e nel suo alto grado di intelligenza. Un veterano della seconda guerra mondiale troverà quasi inconcepibile che un soldato semplice russo sia dotato di spirito di iniziativa; ma i russi sono così pieni di contraddizioni che sarebbe un errore non tenere conto che potrebbe trattarsi di una potenzialità sopita e destinata a emergere in futuro. I metodi abili e persuasivi del comunismo hanno prodotto dei cambiamenti straordinari in Russia dal 1917; non c’è dubbio che i russi siano diventati sempre più consapevoli, e il livello di istruzione è salito costantemente. È plausibile che un lungo periodo di addestramento in tempo di pace sviluppi nei soldati uno spirito di iniziativa, come pure è verosimile che le autorità militari si adoperino per quanto possibile affinché questi progressi abbiano luogo. Lo Stato Maggiore sovietico conosce le proprie responsabilità meglio di qualunque sua controparte in altri Eserciti: è ben conscio dei punti deboli dell’Armata Rossa e farà tutto il possibile per correggerli. Già all’indomani della seconda guerra mondiale si è potuto constatare l’impiego di metodi di addestramento miranti a incoraggiare azioni tattiche indipendenti da parte di singoli soldati, e decisioni più audaci negli ufficiali minori. È evidente che incoraggiare l’iniziativa personale e il pensiero critico è un rischio per il regime comunista, più favorevole a una disciplina cieca e incondizionata. Ma nell’eventualità di un lungo periodo di pace, l’Armata Rossa potrebbe essere incoraggiata a trovare un compromesso.

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