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Fulvio Abbate – Bobo Craxi. Gauche caviar – Come salvare il socialismo con l’ironia

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Uno scambio epistolare tra due amici trovatisi entrambi a gravitare nel magico mondo del “socialismo” italiano (termine virgolettato non tanto perché tale concetto non esista, ma perché è tanto fumoso che ciascuno ne può – nella migliore/peggiore delle ipotesi – dare la propria definizione, pure pretendendo sia quella corretta), Bobo Craxi per ovvie, per quanto non obbligate, ragioni famigliari, Fulvio Abbate in seguito a rigetto della sua iniziale collocazione politica – ideologicamente figlia, o comunque in certo qual modo “erede” del socialismo – ovverosia quella militanza nel PCI che smise una volta resosi conto dell’eccessiva impostazione militare dei quadri – specie internazionali – del comunismo (nella precisa fattispecie: di una militante uzbeka del PCUS in viaggio in Sicilia con i suoi compagni che tenne fermi sotto il sole di rame dell’isola in estate fino a che non si misero in fila come lei aveva ordinato loro!).

Gioie (per quanto – almeno il più delle volte – amare) e delusioni equamente distribuite nei brevi scritti amichevoli, informalissimi, dei due autori: per quanto concerne le seconde: da parte di Abbate la triste consapevolezza che, in Italia, a causa dell’ “occupazione” politico (per quanto in senso di opposizione, perlomeno a livello nazionale)-culturale da parte del PCI non abbia mai avuto modo di nascere un socialismo che, così com’è nelle sue più intime e profonde tradizioni, facesse sfoggio del più puro pensiero anticapitalista ma anche fosse sordo ai diktat di Mosca. In Bobo Craxi la tristezza nel constatare che, chi in Italia fa ora sfoggio dell’attributo di “socialista” è erede (o anche tra gli stessi) di coloro i quali fecero abortire l’unica possibilità di nascita di un socialismo come quello sognato da Abbate (si parla, chiaramente, del tentativo di Craxi padre di fare del PSI nuovamente un partito di massa).

Ma anche le gioie: quella di aver contribuito, grazie alle proprie capacità e ruolo, a tramandare la conoscenza di un pezzetto di storia italiana (ma non solo, dal momento che i modelli dei due sono anche “esteri”) utilizzando argutamente e con accezione positiva quella dicitura, gauche caviar (sinistra al caviale), che viene solitamente data invece per negativa, indicando quei “ricchi” o comunque benestanti che, per lavarsi la coscienza (si presume), esprimono posizioni politiche socialisteggianti e ultraprogressiste: ebbene, dalla lettura di questo libro si evince come, per Abbate e Craxi figlio, quella di essere “borghesi” non sia un’accusa, ma anzi una medaglia al merito da appuntarsi al petto: anzi, pare quasi, addirittura, la conditio sine qua non del loro essere socialisti! E però anche un’amarezza, insita nelle gioie: quella di non essere compresi, di essere degli eterni outsider; poi, d’improvviso, la soluzione: mettere da parte, insieme, un gruzzolo per aprire un Chiringuito (o mescita di altro tipo) su una qualche spiaggia dei mari del sud per passare colà gli ultimi – si spera comunque non pochi – anni di vita. Cocktail colorati ed esotici frammisti a discorsi sul socialismo (borghese): davvero la miglior sublimazione che il terzo millennio possa offrire della gauche caviar!

Alberto De Marchi

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Fulvio Abbate, Bobo Craxi, “Gauche caviar – Come salvare il socialismo con l’ironia”, Baldini+Castoldi, 2022, 250 pagine, 18 euro

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