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Furia. Intervista ad Andrea Martina

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Per Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction questa settimana incontriamo lo scrittore Andrea Martina in libreria da gennaio con il suo primo romanzo dal titolo “Furia”, edito da 66thand2nd nella Collana Bookclub. Andrea Martina, nato in provincia di Brindisi, vive e insegna a Modena. Ha realizzato il podcast Bartali. Una guerra in bicicletta, finalista agli Italian Podcast Awards 2022, e scritto sceneggiature per documentari, spot e spettacoli teatrali. Collabora con Treccani e Runlovers. 

Andrea, ci vuoi spiegare il tuo percorso nel mondo della scrittura, per poi portarci dentro l’officina di lavorazione dei dodici capitoli che compongono il romanzo  e raccontare anche come sei arrivato a 66thand2nd?

Scrivo da più di dieci anni e da quando ho iniziato ho sempre spaziato dalla narrativa al teatro con più di qualche incursione nel settore audiovisivo collaborando alla produzione e alla sceneggiatura di spot, corti e documentari. Di libri, prima di “Furia”, ne avevo scritti quattro gravitando sempre attorno alla piccola editoria pugliese e mi ero promesso per questo lavoro di provare a bussare a qualche porta più importante. Sentivo che la storia poteva farcela e in più i primi a leggere il manoscritto mi avevano dato dei pareri incoraggianti.
Nelle mie mani c’era una storia che mescolava cronaca nera e cronaca sportiva e, da lettore, avevo subito guardato a 66thand2nd come una casa ideale. Ero rimasto affascinato da alcuni libri del loro catalogo come “Iron Towns” di Anthony Cartwright e “Il colosso d’argilla” di Buddy Schulberg e dell’impatto che aveva su di me la letteratura sportiva. Inoltre, avevo appena ricevuto un bel riconoscimento con un podcast sulla storia di Gino Bartali e sentivo che in quel genere di narrazioni mi trovavo a mio agio.
Terminato il manoscritto, ho dovuto aspettare un anno prima di arrivare alla loro porta, nel mezzo sono arrivate un paio di proposte che non mi convincevano e saper aspettare mi ha tenuto al riparo da alcuni errori che avevo fatto in passato.
Ricevere il sì da 66th è stato uno dei momenti più belli da quando scrivo storie perché credo abbia dato una direzione a tutta quella perseveranza che avevo costruito in passato. Da lì in poi mi sono rimboccato le maniche, grazie alla guida di Alessandro Gazoia, in un editing da cui ho imparato proprio tanto. Sono felice che una mia storia sia finita nel loro catalogo.

Una storia ambientata agli inizi degli anni ottanta in provincia di Brindisi tra basket e corse clandestine. Ti va di raccontare nel dettaglio, per i nostri lettori forti di Satisfiction, i personaggi, i lioghi e le storie che animano questo romanzo ?

Sono cresciuto in provincia di Brindisi ed è come se quel territorio sia già di per sé un personaggio. Ho scelto un periodo in cui non ero ancora nato, gli anni Ottanta, per il semplice fatto che è custode di un fenomeno sociale pazzesco e anomalo come il contrabbando di sigarette. Uso l’aggettivo “sociale” anziché “criminale” non per giustificare il contrabbando, ma per far capire quando l’intera città fosse coinvolta a più strati in questa vicenda. Ancora oggi gli aneddoti sul contrabbando si rincorrono nei ricordi di chi l’ha vissuto. Seppur io faccia parte di un’altra generazione, sono cresciuto con queste storie e ho imparato a guardare nelle pieghe di quello che succedeva a Brindisi.
Contrabbandare sigarette era diventato necessario per una periferia d’Italia totalmente abbandonata a se stessa a causa di politiche scellerate e anti meridionali. Brindisi si reggeva su quell’economia sommersa ma, allo stesso tempo, avvertiva una sete di rivalsa e orgoglio che si materializzava ogni domenica sul campo di pallacanestro, con l’unica società del Sud a partecipare al campionato di A1. Il punto di vista che ho scelto è quello di una famiglia, che fa Furia proprio di cognome, e vede un padre arrabattarsi tra un’officia meccanica e un legame mai chiuso con la criminalità locale, il figlio più grande Carmine che viene spinto quasi dal tessuto cittadino a farsi coinvolgere nel contrabbando e il piccolo Teo che è una promessa della pallacanestro ma che di tanto in tanto partecipa a qualche scarico di sigarette per avere i soldi per andare al palazzetto la domenica e vedere il suo idolo Claudio Malagoli.
Il teatro è il quartiere Sant’Elia, periferia di Brindisi, dove ho imparato che cos’è la dignità.

Un romanzo su luoghi che conosci bene, il contrabbando, i motori e poi la presenza dello sport e di personaggi sportivi. Vogliamo approfondire la scelta delle tematiche e anche la scelta formale per poterle esporre al meglio?

Ho avuto compagni di classe spesso attratti dal mondo criminale. Si inizia a spacciare a scuola, ogni tanto qualcuno viene coinvolto in qualche furto. All’inizio sembra quasi un gioco e poi si entra in dinamiche difficili da controllare. Da inciampi simili sono riuscito a tenermi sempre alla larga perché avevo il basket. Far parte di un gruppo, condividere un obiettivo con dei compagni e avere dei coach illuminati mi ha permesso di crescere al sicuro. E di basket, a Brindisi e dintorni, se ne mastica tanto con numerose società sportive che negli anni hanno avuto un impatto sociale clamoroso, sostituendosi spesso alle istituzioni scolastiche o religiose.
Da tre anni insegno a scuola e quotidianamente mi rendo conto di quanto lo sport sia più immediato e penetrante nell’educare un adolescente. Passando dall’altra parte della cattedra ho avuto modo di vedere una sorta di proiezione del mio passato in provincia di Brindisi, dei miei sogni, delle mie paure e di quanto il basket in tutto questo sia stato decisivo.
L’ho ritenuto un punto importante, di cui parlarne. Per questo oggi c’è Furia con me.

Buona Lettura di “Furia” di Andrea Martina.


Antonello Saiz

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