Chi è Billy Wilder? Chi era Billy Wilder? Gabriele Rizza, giornalista, critico teatrale e cinematografico ne traccia un ritratto ampio, ordinato, profondo, particolareggiato, attraversandone mondi e fondali, panoramiche e atmosfere, con uno stile effervescente, accurato, impeccabile. Un lavoro di svelamento continuo e a vari livelli sull’attività di un regista che è stato capace di regalarci la sua comicità pirotecnica, di farci entrare nei suoi perfetti meccanismi narrativi, nella grazia e leggerezza delle sue commedie o nel rigore dei suoi drammi. La biografia di Wilder è presentata con estrema cura di dettagli, precisa segmentazione delle fasi che attraversano le sue varie “stagioni”, (berlinese, parigina, newyorkese, ecc), senza tralasciare drammatici passaggi storico politici (l’Europa sconvolta dalla guerra, Berlino ridotta ad un cumulo di macerie, l’eco della crisi del ’29 in America). È un mosaico articolato e complesso, quello che il critico ci consegna, un nuovo racconto nel panorama bibliografico dedicato a Wilder – da Oreste Del Buono (1958) a Noah Isenberg (2022) –, nutrito di documenti che contribuiscono a tracciare le nuove coordinate di una storia incredibile ed affascinante che ha inizio nella Berlino degli anni ‘20. Nella capitale tedesca il futuro regista inizia la sua attività giornalistica, con sguardo acuto su scorci di vita vissuta e mondanità, primi indizi del suo conio stilistico, della sua attenzione maniacale al dettaglio, alle minuzie del reale. Lo stile e la capacità di delineare vicende e personaggi sono proprio quelli che caratterizzeranno i suoi grandi capolavori come gli indimenticabili Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo.
Nel gennaio del 1933 Hitler diventa cancelliere del Reich. Di fronte alla follia nazista, Wilder non esita ad emigrare negli Stati Uniti, nella Mecca del cinema. La sua carriera di regista inizia ufficialmente nel ’42 quando gli si presenta l’occasione di dirigere il suo primo lungometraggio , Frutto Proibito; nel 1944 arriva La fiamma del peccato che gli fa ottenere altre due nomination all’Oscar e dal 1952, con sole tre eccezioni, sarà produttore di se stesso, maestro indiscusso di quella commedia dai dialoghi cinici, dalle inquadrature sempre più anguste, dalla dissoluzione progressiva di quella luce radiosa che inquadrava gli eroi protagonisti degli sfavillanti sogni hollywoodiani. Da quel momento regalerà al grande schermo film indimenticabili, collezionerà successi (7 oscar di cui 3 per la sceneggiatura, 2 come regista, uno per il Miglior Film e uno alla memoria).
Le due accurate letture filmiche di Rizza rendono esplicito il sottile piacere del critico nel maneggiare con maestria la sua materia. Da Double Indemnity – La fiamma del peccato (1944), passando attraverso il melò, la commedia, emergono alcune caratteristiche dei film di Wilder: la liquidità dei dialoghi, il ritmo delle inquadrature, la definizione dei caratteri, la dialettica della messinscena, la penetrazione psicologica dei protagonisti. Del resto, è stato instancabile esploratore dei vari generi cinematografici, dalla situation comedy al burlesque, dalla commedia al dramma, dalla satira al biopic, dal film bellico al noir, al gangster movie e tanto altro ancora.
Uno studio agile, condensato , da cui emerge un universo filmico istrionico, metaforico, ricco di accordi e disaccordi, incandescente, raffinatamente ironico. Wilder è provocatorio, dissacrante e audace nelle commedie, persuasivo e demistificatorio nei drammi.
Nella sezione Parole e Immagini, è resa ancor più chiara ed esplicita, al lettore, quella sua particolare mescolanza di estro e paradosso, attraverso una serie di scritture in cui il regista esprime la sua idea di sceneggiatura, di racconto, e, tra le righe, anche un sottile pessimismo, una forma di disillusione sul futuro dell’umanità.
Insomma, emerge lo «stile» Wilder, un misto di ironia, sarcasmo leggerezza, effervescenza. Se esiste una sorta di “filosofia cinematografica wilderiana ” , si può ritrovare nel pentagramma dei toni da commedia dove non risparmia la critica delle convenzioni e delle ambizioni della società americana. In fondo il cineasta ha le sue radici nel passato europeo e questo gli consente di assumere un atteggiamento nuovo nei confronti dell’America , un punto di vista diverso, che mette alla berlina le convenzioni sociali. La gran parte dei suoi film fu realizzata negli anni ’40 e ’50, quando era in vigore il Codice Hays , e lui riuscì ad aggirare abilmente la censura con quel particolare gioco di doppi sensi, sottintesi, allusioni . La rottura delle maschere sociali dietro cui gli individui si nascondono e che li costringono a precise e riconoscibili identità , lo svelamento delle apparenze , saranno le costanti, le linee direttive della sua opera .Il suo scopo principale, inoltre, come ha esplicitamente dichiarato, è sempre stato quello di parlare al maggior numero di persone possibile, cambiare il gusto della gente comune, fare in modo che il film non venisse immediatamente dimenticato nelle ore seguenti l’uscita dalla sala cinematografica. La deviazione intesa come fattore perturbante, prodotta dall’elemento comico, i meccanismi del rovesciamento e del travestimento, mutuati dal berlinese Lubitsch (che come lui era un ebreo di madrelingua tedesca), la perfetta costruzione narrativa, la sua sensibilità di osservatore, l’indulgenza nei confronti delle miserie umane, sono il tocco di classe delle sue regie che sfuggono a qualsiasi organica sistemazione critica.
Utilissima la filmografia (dal 1929 al 1981) divisa tra Soggetti/Sceneggiature e Regie e le varie citazioni contenute nelle Wilderiane, vivaci e freschissime, ricche di impressioni, memorie personali, personaggi che rivivono in uno spazio-tempo autobiografico, sovrapponendo esperienze minute, impasto di timbri, varietà di voci, episodicità del vissuto.
Wilder, filosofo dell’incompiutezza, cantore dell’inadeguatezza, delle interferenze (spesso inconciliabili) che governano le nostre vite è «anche» un artista che conosce il genere umano. I suoi film ci fanno ancora divertire, riflettere, immaginare, sconfinare e meditare. Billy Wilder è, per Rizza, un illuminista, fra i pochi del ventesimo secolo.
Rossella Nicolò