In un mondo in cui tutti sono creatori di video, segnaliamo First Cut di Gabriella Oldham, Minimum Fax 2023, pp. 550, € 23,00, tradotto da Vincenzo Perna.
Il libro offre un’opportunità unica per scoprire il vero montaggio cinematografico dalle parole di 23 montatori pluripremiati intervistati.
Le interviste raccontano vividamente il mondo dei montatori e sono arricchite da aneddoti e dettagli esemplificativi. First Cut è il primo libro a offrire una trattazione completa sul montaggio di documentari e lungometraggi.
Il libro dimostra le convinzioni vigorose e le personalità uniche dei montatori, acquisite attraverso il duro lavoro e la battaglia contro le sfide della sala di montaggio. Hanno imparato lì le sottili sfumature e i trucchi dello storytelling, maturando esperienze di vita e formandosi nel campo dei documentari e del cinema pubblicitario.
L’obiettivo finale dei montatori è realizzare film espressivi ed emozionanti, dosando l’intensità che il pubblico si aspetta.
Per l’autrice: “Montare significa mettersi rispettosamente al servizio del talento dello sceneggiatore, del direttore della fotografia, degli attori, dello scenografo, del musicista e del regista, permettendo al pubblico di sperimentare un percorso sensorio cumulativo che lascia il montatore nell’ombra”.
First Cut rivela i segreti dei montatori di film celebri come Lawrence d’Arabia, Il padrino, E.T., Star Wars, Taxi Driver, Apocalypse Now, Quinto potere, Ben-Hur, L’ultimo spettacolo, L’esorcista, e Gli intoccabili.
Un’opera imperdibile per gli appassionati di cinema e per chi desidera comprendere il ruolo cruciale dei montatori nella creazione di capolavori cinematografici.
Carlo Tortarolo
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Un principio universale che caratterizza un montaggio efficace rispetto a uno scadente è quello del ritmo e della musicalità. Molti montatori sono stati o sono musicisti, o avrebbero desiderato esserlo. Il loro senso del ritmo e del tempo, il loro «beat» si traduce nel complicato allineamento di immagini e suoni. Si tratta di un ritmo spesso interno, che fa parte della sensibilità del montatore nei confronti dell’immagine e della parola. Una sequenza nella versione finale di un film può anche non essere accompagnata dalla musica, eppure sarà sempre inevitabilmente il ritmo del flusso delle immagini a trascinare lo spettatore. I montatori appaiono particolarmente orgogliosi quando la musica scritta per una scena che era stata montata senza musica coincide naturalmente con il loro personale «ritmo visivo». E spesso montano accompagnandosi con una musica di loro scelta, che poi magari non viene utilizzata nel film. Quella musica provvisoria o temp evoca un’atmosfera o risveglia un sentimento che li aiuta a sintonizzarsi sull’emotività della scena. L’innata abilità del montatore nel creare un flusso musicale che percorra l’intero film è un fatto tanto più straordinario se si considera che spesso il film riceve la sua colonna sonora soltanto dopo la realizzazione del montaggio definitivo.
Un altro aspetto non meno importante è la forza subliminale del montaggio. Gli spettatori riferiscono spesso di non notare il montaggio, a meno che il film non sia rallentato e analizzato fotogramma per fotogramma. Quest’invisibilità è forse una delle ragioni principali per cui di rado si tiene conto del montaggio mentre si guarda un film: non è qualcosa di tangibile come i costumi, la fotografia, la musica o la recitazione. Il montaggio consiste nel muovere e manipolare fotogrammi all’interno dei quali si svolge un altro movimento, anche se il pubblico trascura il passaggio fisico della pellicola e si lascia assorbire dal flusso della storia. Il montatore deve continuamente tenere conto del movimento degli spezzoni di pellicola e allo stesso tempo delle immagini in movimento impresse sulla pellicola, poiché entrambi devono lavorare simultaneamente. Davanti all’occhio scorrono decine di giunte alla velocità di 24 fotogrammi al secondo, mentre l’effetto cumulativo che ne risulta è quello di un’immagine, un’emozione o una sensazione complessiva. Persino una sequenza di soli due fotogrammi che l’occhio non riesce a percepire a livello conscio, inserita intenzionalmente all’interno di una sequenza più lunga, può scombussolare le aspettative del pubblico e plasmare la sua risposta emotiva.
Si è spesso ipotizzato che il montaggio sia un procedimento che trae la sua forza dal subconscio del montatore. Gli stessi montatori riconoscono che un montaggio riuscito, un montaggio memorabile, riesce a stabilire connessioni visive ed emotive tra elementi in apparenza del tutto scollegati tra loro. Si pensi al complicato gioco di suoni provenienti dall’esterno che accompagna l’accalorata discussione tra Marlon Brando ed Eva Marie Saint in Fronte del porto. L’intensificazione di particolari suoni, l’inserimento di primi piani, il ritorno su campi lunghi, lo stacco prima, dopo o durante determinate parole o gesti: sono tutte scelte di montaggio utilizzate per ritrarre il rapporto di coppia attraverso l’uso di particolari elementi visivi e uditivi. Tutto ciò che è entrato in quella sequenza è stato accuratamente selezionato e verificato per produrre un particolare impatto emotivo e narrativo. I collegamenti tra un personaggio, le relazioni e l’ambiente di un film derivano tutti dall’abilità inconscia del montatore nell’identificare una molteplicità di piani.
I montatori fanno spesso riferimento al raggiungimento di una «diversa coscienza» che attinge a una fonte d’ispirazione ben al di là del normale senso comune. Per entrare in quella dimensione devono immergersi a tal punto nel film e nel montaggio che tempo, problemi personali e resto del mondo scompaiono. […] Tra loro e il film scorre una specie di elettricità. La concentrazione silenziosa di questi professionisti nasconde l’enorme prontezza mentale, che deve gestire centinaia di decisioni per ogni taglio: corrispondenze, sovrapposizioni, dialoghi, movimenti di macchina, recitazione, punto di vista, sonoro, musica, azione e reazione, ciò che precede e ciò che segue, e così all’infinito. È una dimensione affine al processo creativo che coinvolge la scrittura, le arti visive, la musica, la recitazione e l’invenzione, ad ogni disciplina che attinga dal caos oscuro e misterioso della materia grezza per conferirle una forma che illumini chi entra a contatto con il prodotto finito. Tutti i montatori si dichiarano senza esitazione incantati da questo processo.
La natura solitaria del lavoro di montaggio richiede organizzazione, disciplina, persistenza, autonomia e cura instancabile del dettaglio. Eppure tutti i montatori riconoscono l’importanza della collaborazione, specie con il regista, ragion per cui un carattere affabile può rappresentare una qualità importante per un mestiere che richiede tanti compromessi. I montatori esperti arrivano ad acquisire fiducia sufficiente per far valere le loro ragioni di fronte a produttori, direttori della fotografia e compositori in merito a ciò che ritengono necessario per far funzionare il film. Ma nonostante tutta la loro franchezza e decisione, non dimenticano mai che la vera mente unificatrice del progetto è quella del regista e che devono adeguare la loro opera a tale visione. Il rapporto ideale tra montatore e regista ricorda una relazione familiare, e in certi casi poggia su un livello di fiducia e collaborazione costruito nel corso di decenni.
Spesso i montatori raccontano di assumere vari ruoli rispetto al regista: terapista, consigliere, supporto psicologico, figura materna o paterna, amico, cassa di risonanza, diplomatico, e persino capro espiatorio. A volte il livello di comunicazione tra i due è talmente alto da non richiedere neppure l’uso della parola. Ma indipendentemente da ciò che può emergere dalle riunioni e dalle proiezioni con registi, produttori e varie altre parti in causa, resta la straordinaria solitudine della sala di montaggio, dove il montatore nel suo isolamento unisce spezzoni disparati di pellicola per dar vita a scene, sequenze, interi rulli, e infine al film completo.
Estratto da First cut. Conversazioni con i maestri del montaggio di Gabriella Oldham
Traduzione di Vincenzo Perna
© The Regents of the University of California, 1992
© minimum fax, 2023
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