Nella prefazione alla seconda edizione tedesca di Wahrheit und Methode (poi pubblicata, Verità e metodo, una generazione successiva da Bompiani tradotta da Gianni Vattimo) Gadamer più o meno diceva che è urgente e necessario per l’umano non solo il tenace volersi dentro ai massimi problemi, ma è urgentissima la volontà di sentire ciò che è praticabile, fattibile, il possibile insomma, in riferimento costante a quello che è giusto hic et nunc.
[Qui ci si dovrebbe chiedere quale hic e quanto nunc, ma non si può pretendere troppo da un filosofo nato qualche mese prima della morte di Nietzsche].
Poi spiegava in due parole (che mi accompagnano) come vedeva lui la missione del dotto: essere consapevole della tensione che c’è tra la sua visione prospettica e la realtà.
{E’ un gatto che si mangia la coda, nondimeno continuo, per un’occasione o per l’altra, a pensarci}.