Scriveva Jorge L. Borges parlando di Gilbert Keith Chesterton che “qualcosa nella creta del suo io inclinava all’incubo, qualcosa di segreto, e cieco e centrale”.
Questo libro edito da Jouvence, tradotto da Giulio Mainardi, dal titolo “Luce diurna e incubo”, racchiude trentadue racconti eterogenei tra loro, e saranno di sicuro interesse per gli indagatori del fantastico e per chi come me da anni segue questo autore, i suoi sguardi sui mondi che si affacciano oltre le nostre pupille, nei suoi occhi telescopici e curiosi e nella tenebra delle cose ancora non svelate. L’indagine di Chesterton è profonda e priva di ipocrisia, è senza timore e si spinge nell’intimo dell’uomo, dentro il suo mistero terreno, miserabile, controverso, unico e mendicante, in quel mondo fantastico ed allo stesso tempo profondamente reale che si agita e si contorce attorno a noi, dove l’uno non contraddice l’altro, in cui “le spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”.
Edoardo M.Rizzoli
Gilbert K. Chesterton
Luce diurna e incubo
trad. Giulio Mainardi
ed. Jouvence