Una citazione dell’Ecclesiaste: «Vidi che la sapienza ha un vantaggio sulla stoltezza, come la luce ha un vantaggio sulle tenebre. Il savio ha gli occhi in testa, mentre lo stolto cammina nelle tenebre: ma ho riconosciuto pure che tutti e due hanno la medesima sorte».
Riflessioni d’altri tempi: “«Occorre essere molto avanti nello studio della Morale per saper distinguere i caratteri che differenziano l’orgoglio dalla vanità. Il primo è alto, calmo, fiero, tranquillo, incrollabile. La seconda è vile, incerta, instabile, inquieta e malferma. L’uno ingrandisce l’uomo, l’altra lo gonfia. Il primo è fonte di mille virtù, l’altra, sorgente di tutti i vizi e di tutti gli sbandamenti. C’è una sorta d’orgoglio in cui sono compresi tutti i comandamenti di Dio, e una specie di vanità che contiene i sette peccati capitali”.
Torna in libreria Elogio della vanità di Giuseppe Berto (Edizioni Settecolori 2023, pp. 80, € 12).
Il breve ma denso saggio ricco di ironia riprende il ragionamento leopardiano: “in realtà finché il mondo non può vedere i galantuomini che suol chiamare disgraziati è giusto che uno rinunci anche alla qualità di galantuomo pur di non essere disgraziato, e d’altra parte gli stati più civili nei loro ordinamenti costituzionali hanno ben voluto includere tra i fondamentali diritti del cittadino la felicità o meglio sia il perseguimento d’essa, e per quanto poi essi stessi stati civili facciano di tutto per tenere il cittadino il più possibile lontano dalla felicità, gli consentono in un certo senso di arrangiarsi come meglio può per non essere infelice”
L’autore assiste disincantato all’agitarsi di un’intera società che ha smarrito qualsiasi criterio di discernimento ed è incapace di mettere ordine: “l’unica via d’uscita, che ha valore soltanto rispetto a se stessi, è combattere giorno dopo giorno per preservare dal maligno la propria coscienza e soltanto essa”.
E infine arriva una riflessione profonda che dimostra quanto la nostra società sia in parte un prodotto intellettuale avariato: “non è proprio un gran bel mondo questo che ci è uscito di penna”.
In tema di vanità non mancano le massime di Rochefoucauld, il quale disse: «Ciò che rende insopportabile la vanità degli altri è che essa ferisce la nostra»; oppure: «La virtù non andrebbe tanto lontano se la vanità non le tenesse compagnia».
Emerge il ritratto dello scrittore contemporaneo con l’esibizionismo sproporzionato rispetto alle qualità della cui qualifica si arriva a dubitare: “poiché il suo scopo non è tanto di produrre opere più eterne del bronzo quanto di mostrare potere e imporlo agli altri”.
E citando i numerosi interventi in ambito politico di D’Annunzio conclude: “gli intellettuali esibizionisti d’oggi altro non sono che pallidi ancorché indaffarati nipotini di Don Gabriele”.
Così viene descritto il modo in cui questo tipo di intellettuale opera: “In un giro più ristretto poi il nostro uomo s’adopererà per costruire una specie di fortino o roccaforte qualificatissima insieme coi critici più quotati e radicali, con espertissimi poeti e scrittori, non dimenticando tuttavia poetesse e scrittrici”.
Un intellettuale descritto senza scrupoli: “egli cercherà di trar vantaggio ondeggiando spericolatamente da Cristo a Marx ovunque bene accolto per l’alto valore propagandistico della sua presenza, insomma di leggieri si comprende che il potere del nostro è basato sul principio del reciproco appoggio e favoreggiamento napolitanamente espresso col detto «io ti do na cosa a te, tu mi dai na cosa a me»”.
Un libro denso e disincantato che vuol trasmettere con ironia la realtà per quello che è senza illusioni ma anche senza farsene eccessivamente cruccio: “far credere che l’uomo sia per natura buono è fandonia utile solo ai furbi, e in realtà tutti dovrebbero sapere chiaramente che questa più che una valle di lacrime è una campo di battaglia dove le pulsioni psicoattive servono alla sopravvivenza”.
Un libro assolutamente da non perdere perché ricolmo di ragionamenti che non si fanno quasi più. Prezioso da riproporre ora in cui torna urgente il bisogno di un’umanità nuova che riprenda a interessarsi delle cose che contano.
Carlo Tortarolo