“Appartengo alla generazione di quelli che hanno mancato gli appuntamenti più significativi. Troppo piccolo per vivere da protagonista gli anni Sessanta e Settanta e troppo vecchio per godere degli stupefacenti sviluppi tecnologici del millennio”.
Davide Steccanella è uno sfiorato, appena lambito dalle contestazioni giovanili e dal furore omicida di quella stagione che traboccava di sangue e sogni. Figlio della levigata borghesia milanese, si increspa da ragazzo per il calcio, il divertimento e la musica rock, tiene a distanza siderale la politica e diventa avvocato con l’ossessione di “cercare il punto”, come gli insegna il suo maestro in toga Ludovico Isolabella. Finché, durante una vacanza in Spagna, ormai professionista affermato e uomo che, direbbe Montale, “l’ombra sua non cura”, divora un libro con Aldo Moro in copertina e si infligge delle domande su quelle che per lui erano state fino a quel momento verità intangibili, “il pensiero di ogni buon democratico che legge Repubblica, esalta la legalità e a ogni elezione vota obbediente il nominativo indicatogli dal centrosinistra riformista”.
Da questo momento è come se il ragazzo distratto negli anni in cui tutto gli arrivava come calore di fiamma lontana abbia una seconda possibilità per gettarsi nell’incendio di quella che rappresentò al tempo stesso primavera e tomba di una generazione. Con un’indagine storica alla Javier Cercas, l’io narrante compie un viaggio nei luoghi della sua città toccati dagli avvenimenti di quegli anni, quasi avesse la necessità di tastare le pietre e calpestare passi antichi per capire, e nel cuore di chi, amici e non, anche colpevoli per sentenza definitiva, ha vissuto e conosciuto quello che lui ha ignorato.
“Chi oggi si preoccuperebbe di manifestare per l’Angola?” è la riflessione che porta Steccanella a misurarsi con la voragine tra la generazione pronta a morire per chi viveva in emisferi remoti e quella degli sfiorati, aggrappati a un individualismo diventato edonista negli anni Ottanta, marchiati dalla fuga nella droga.
“Nel 1968 Milano era una città molto diversa da quella di oggi. Era meno colorata ma sembrava più in rilievo perché era più mossa e meno plastico da modellino. Le persone che andavano a piedi sembravano più visibili e tangibili e si sparpagliavano maggiormente rispetto a quella massa informe che oggi si vede marciare, quasi compatta, verso una meta precisa a orari prefissati”.
Con uno sguardo candido e puntiglioso, nutrito da letture a perdifiato, Steccanella fa alzare “l’onda rimossa” di quegli anni sommergendo le comuni certezze: “Avevo scoperto che la stragrande maggioranza dei brigatisti erano operai e, in gran parte, emigrati dal sud o comunque dei proletari. Questo significava che, contrariamente a quanto aveva sempre raccontato il PCI, non era vero che le Brigate Rosse fossero ‘nemiche degli operai’ (…) Dietro le Brigate Rosse c’erano solo le Brigate Rosse e non erano affatto un fenomeno momentaneo”. A permettergli di centrare finalmente “il punto”, dopo una spasmodica ricerca, sono le parole dell’’Irriducibile’, ormai vecchio e malato, capaci di restituire a tutto il libro il respiro di un pezzo del Novecento che attraversò come una febbre incurabile diversi angoli del pianeta, non solo Milano, non solo l’Italia. E solo nel volto di un uomo prossimo alla fine, Steccanella cessa di essere uno sfiorato e viene posseduto, da ora e per sempre, da un sentimento assoluto di appartenenza.
Manuela D’Alessandro
Gli sfiorati di Davide Steccanella, edizioni Bietti, pagg. 214, disponibile alla libreria Accademia di corso di Porta Vittoria e nelle librerie Feltrinelli. Il romanzo ha vinto il premio ‘Avvocati e Autori’ della Lombardia.