Estrosa, pungente, caotica, puro jazz: questa è la poesia di Grace Paley che Edizioni SUR riporta nelle librerie con la raccolta Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta.
Definita dal critico letterario dell’epoca Walter Clemons una delle più grandi scrittrici della letteratura americana del Novecento e considerata insieme a Carver la madre del nuovo racconto americano – grazie alle sue raccolte di racconti diventate in pochissimo tempo veri e propri libri di successo e di culto – , Grace Paley (1922-2007) è una scrittrice, poetessa e docente universitaria newyorkese di origine ucraina, maestra di un humour sovversivo e di uno stile letteralmente rivoluzionario e travolgente.
Si amava definire una story-listener, ovvero un’ascoltatrice di storie, perché bisogna vivere per far emozionare e toccare la vita nelle pagine, e il suo luogo di ascolto preferito fu sicuramente New York, in particolare il quartiere Greenwich, già allora cuore bohémien di Manhattan, luogo perfetto per entrare a contatto con artisti, con movimenti letterari e musicali nuovi: insomma, il luogo perfetto per trovare la modernità, il diverso.
È infatti New York la scenografia e la protagonista delle sue short stories, quasi sempre prive di trama, che ritraggono personaggi veri, in carne e ossa, che si possono toccare (e di cui si possono toccare i pensieri) nei loro piccoli e apparentemente insignificanti drammi quotidiani.
Ed è questo ascolto dell’altro, in particolare dell’uomo comune, che ritroviamo nei suoi componimenti, scritti nell’ultima parte della sua vita e ambientati in un luogo di cui si innamorò negli anni della vecchiaia: Vermont, nel New England.
Attraverso una cura estrema nello scegliere ogni parola, creando una meravigliosa, raffinata e allo stesso tempo caotica musicalità jazz, Grace Paley ci introduce nel suo mondo, passando da componimenti che illustrano stravaganti metodi per scrivere una storia o che denunciano l’indifferenza nei confronti della poesia, che richiede settimane, mesi, anni, a cui la società preferisce una torta (lasciando intendere una perdita della ricerca di qualcosa che vada oltre al tangibile e al materiale, della ricerca di qualcosa di più profondo) a componimenti che affrontano il tema del corpo che scopre la vecchiaia e il tema della morte.
La morte che vede nel ragazzo del suo palazzo che si suicida, nel fantasma dell’amica morta che la perseguita nelle sue visioni, nel pensiero della mamma andata in Cielo quando lei era ancora piccola e in se stessa che comprende di camminare progressivamente verso di lei.
In questa splendida raccolta, Grace Paley, con una penna fresca e vigorosa, ci trascina nella sua realtà, facendo immergere il lettore nelle scene che osserva, in cui personaggi anonimi si muovono nell’assurdità del quotidiano, e nella sua stessa anima, in fermento, che affronta, talvolta con ironia, talvolta con estrema profondità, domande intimamente umane, facendoci percepire sulla pelle e nell’aria la squisita follia del mondo e la vita e la morte.