Si può ancora scrivere di Venezia senza rischiare di cadere nel tranello dell’immaginario collettivo?
Troppo facile associarla alla bellezza decadente, alla città romantica per eccellenza, a un riesumato Carnevale per propinarlo come replica ingannevole a turisti di pretese contenute.
Occorrono un editore come Giulio Perrone e uno scrittore come Graziano Graziani, amanti delle sfide, per realizzare nella collana “Passaggi di dogana” un piccolo gioiello come A Venezia. Da Brodskij a Bolaño, edito a maggio 2021.
Volendo rifuggire dallo scontato, l’autore si affida alla voce di poeti che vanno dall’inizio del Novecento ai primi venti anni del Duemila – con alcune eccezioni che ci riportano ancora più in là, non trascurando la propria visione, mutata nel tempo e grazie all’avvicinamento ai grandi della letteratura.
A noi lettori non resta che seguirli in questo viaggio della mente e del cuore attraversando i luoghi più noti di Venezia per giungere a calli che appartengono solo agli abitanti.
«Il racconto della città è sempre doppio, quello di chi ci vive e quello di chi ci passa, di chi accoglie il già noto come una scoperta…» ci suggerisce Graziani.
Affidarsi quindi alle parole, al sentire degli altri per «guardare tra le crepe, nelle fratture… guardare dal buco della serratura per poter intravedere una città diversa».
L’autore, quando è possibile, si affida al contributo di chi ha conosciuto in vita i poeti, come accade con lo studioso di letteratura russa Fausto Malcovati che ci racconta i suoi incontri con il poeta Iosif Brodskij, un viaggiatore per cui Venezia è un privilegio e diventa città d’elezione, tanto da scieglierla come luogo di sepoltura.
Nel suo Fondamenta degli Incurabili Brodskij ci svela quanto ami l’odore delle alghe d’inverno, il paesaggio notturno, la nebbia che rende il posto irreale, le camminate solitarie quasi con il desiderio di perdersi. A caccia della realtà del posto, per lui Venezia è la città dell’occhio con l’acqua che assume una dimensione mistica: paragonando Dio al tempo, contemplarla equivale a contemplare il riflesso del tempo, quindi Dio stesso.
Non è un caso che i poeti parlino di altri poeti, così incontriamo Montale che, quando si trova a Venezia, dichiara «di sentirsi fuori posto, in un luogo che domanda soltanto “turisti e amanti anziani”». Né si può escludere Ezra Pound, che instaura con la città malinconica un rapporto intenso. Nel suo poema I Cantos scompare l’immagine di decadenza, per tramutarsi in «rigenerante, capace di infondere coraggio», così come ci spiega Rosella Mamoli Zorzi, studiosa del poeta. A lui non si perdonerà l’ammirazione per il fascismo, l’antisemitismo, ma anche Pasolini, seppure da posizioni opposte, ne riconoscerà la grandezza.
La Venezia cara al poeta è ripercorsa nella descrizione della Mamoli Zorzi, che termina con l’ultimo viaggio di Pound, con il feretro trasportato da una gondola solitaria sull’isola di San Michele, luogo della sepoltura.
La Serenissima sembra andare contro ogni logica: le sue fondamenta di fango, legno e acqua, invece di marcire, cementano ostinate a tramandarne la bellezza romantica. Ai primi anni del secolo scorso la città, considerata il simbolo del passato, è stata avversata e derisa dai futuristi con definizioni come «magnifica piaga del passato» e «uccidiamo il chiaro di luna». Nel loro sogno visionario l’avrebbero voluta potenza industriale e militare, dominatrice dell’Adriatico.
Una bellezza scontata quella di Venezia che il poeta Vladislav Chodasevi, con sguardo ironico, trova mal costruita nel tentativo di rievocare un passato artefatto attraverso l’esotismo di una festa sul Canal Grande.
Nel libro, tra i poeti menzionati non poteva mancare William Shakespeare, il Bardo, che li riassume tutti, ma c’è anche spazio per chi, come Aldo Manuzio, vi ha scritto la storia della tipografia; o per Pierpaolo Pregnolato, attuale stampatore e titolare di Damocle Edizioni e di un bookshop ricco di stampe e volumi in più lingue, impreziositi dall’utilizzo di alfabeti non latini che trasformano le opere in veri oggetti d’arte. Un luogo dove si respira la città più intima. Quella che Graziani ama incontrare.
Mentre prosegue il viaggio nei luoghi di Venezia e nel tempo, quasi sottobraccio o a fianco di personaggi illustri della cultura, scopriamo come ognuno l’abbia percepita. Sono poeti provenienti da ogni continente e con una loro particolare visione. Chi la vive come un profugo, chi ricorda il sudore africano degli schiavi nel costruirla, chi ne accetta lo stereotipo di città dell’amore, chi la identifica con la voluttà, chi con una cortigiana e chi con il sesso femminile.
Nessuno ne resta insensibile.
Non c’è neppure da stupirsi se Venezia, da luogo dell’occhio per Brodskij, diventa il suono, l’orecchio, per il poeta vivente Francesco Giusti che, da veneziano amante della sua città, non si sottrae nell’accusare la politica di noncuranza delle esigenze degli abitanti. Per Borges, ossessionato dal labirinto, non può che essere bivio di percorsi e di destini. Arlt ne ha una visione esotica, persa nel tempo, mentre per Cortázar è pura scissione tra realtà e finzione e per Bolaño luogo eletto dell’anonimato.
Chiunque sia stato almeno una volta a Venezia se la porta dentro. La suggestione dell’acqua in una giornata assolata o piovosa, la nebbia che sembra avvolgere la città come mantello riparatore da troppo rumore e calpestio di passanti sconosciuti finiscono per far parte della storia di ognuno.
La lettura di questo piccolo capolavoro scorre insieme alle immagini di percorsi vissuti o da noi solo immaginati e il libro si fa ancora più interessante grazie alle riflessioni per niente scontate dell’autore, come: «Labirinto è abbandonarsi all’imprevisto e l’imprevisto è anche aprirsi alle possibilità».
Il suo è un segnale di speranza insieme all’invito a rendere giustizia a Venezia, spogliandola dei luoghi comuni, del commercio del bello a cui è stata assoggettata, del cliché del turista mordi e fuggi distratto dal troppo e disattento all’essenziale, oggi unico elemento capace di avvicinarci alla realtà.
Carla Magnani
Recensione del libro A Venezia. Da Brodskij a Bolaño di Graziano Graziani, Giulio Perrone Editore 2021, pagg. 132, € 15,00