In questi ultimi anni mi son perso per strada un bel po’ di
quella gente
che mi faceva notare ogni volta che ne aveva la possibilità
anche più volte al giorno
prima, durante e dopo i pasti
con il bello ed il cattivo tempo
che le mie poesie fanno cacare
(da Andando a capo a cazzo, vent’anni dopo)
Assistiamo sovente a prove che non hanno nulla a che fare con la scrittura letteraria, pratiche di basso stile con continui prelievi dal parlato comune, soluzioni linguistico-stilistiche ordinarie, creazioni insipide. Con l’uso del verso libero, certe modalità linguistiche tradiscono una cucitura delle parole piuttosto maldestra da parte di versificatori sui generis, dilettanti privi di qualsiasi gusto della lingua poetica. Non si contano quelli che scrivono cose di ogni sorta ma non hanno un loro proprio stile. La letteratura è una produzione artistica, questo va ribadito.
Quale che sia l’obiettivo autoriale, cioè del singolo autore, il poeta o celebra l’ordinario o assegna all’ordinario una dose straordinaria di bellezza. Ora, posto che il fallimento estetico è sempre in agguato, dovremmo forse stare qui a domandarci come è possibile fare poesia con successo a partire dal quotidiano e dall’ordinario e riflettere a fondo sui pericoli di un’operazione del genere e rischiare di annoiare con un pippone sullo scollamento tra l’uso di un italiano colloquiale e la norma tale da classificare l’opera come non specificatamente letteraria, oppure riconoscere semplicemente che la poesia di Catalano diverte? Ebbene sì. Ci diverte.
Il nostro è tutt’altro che presenza infestante, uno stramicione impegnato a lordare la sua stessa tana. Primo, la poesia di Catalano non appartiene alla mera letteratura di intrattenimento (le cosiddette opere di consumo) per quanto scritta in termini tutto sommato abbastanza amichevoli (leggere attentamente le avvertenze dell’autore sull’utilizzo di inserti volgari). Secondo, possiamo leggere Catalano solamente se consapevoli che la poesia in questo caso non può funzionare senza il legame con una storia personale intensa e convincente. Terzo, c’è differenza tra scarabocchiare qualcosa e poetizzare ed è su questa differenza che si gioca la solita partita. Catalano la partita l’ha vinta. Sarà o non sarà un’arte impoetica, potremmo continuare all’infinito il discorso sul grado zero della scrittura ma resta il fatto che la sua prosa poetica interseca il linguaggio parlato ed è da questo che dobbiamo desumere il senso teorico della sua scrittura. Tutti i testi, anche il più breve, anche il più semplice, si prestano a molte considerazioni. Il risultato complessivo è una deliricizzazione della poesia. Non sarà una poesia dabbene o d’atmosfera ma la grande notizia è che quest’opera è essenzialmente comunicativa, scritta a favore di un linguaggio attualizzato e ben padroneggiato che altro non è che un effetto reale, non un effetto lirico. Il lessico è il vero protagonista del libro. Non è una poesia in senso stretto? Dovremmo dire non lo è in senso tradizionale. E’ una poesia che non fa il verso alla poesia. E Catalano non fa il verso al poeta navigato. Eppure non passa inosservato proprio per le immagini e il lessico tipicamente familiari. Diciamo perciò che l’interesse letterario qui va ad un’opera più prossima all’oralità, che si giova dell’oralità, grazie alla felicissima attitudine del suo autore per il genere. C’è poesia anche là fuori. A temperatura ambiente.
…la signorina del prelievo…
mi ha chiesto che lavoro facessi
lo scrittore le ho detto
volevo dire poeta
ma è sempre un discorso delicato
ha riso un po’
ma in simpatia
mi ha detto che per fare lo scrittore
ci vuole molta fantasia
(da Bollettino # 4)
Alessandra Pennetta
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Guido Catalano
Smettere di fumare baciando
Rizzoli
18,00 euro
252 pagine