Leggere significa essere letti da ciò che si legge.
Per questo tanti non leggono. Hanno paura.
Un libro è uno specchio d’inchiostro.
E’ l’incontro dei nostri io con verità che non sono alla carta, ma sulla carta.
Quando finisci un libro e lo chiudi, dentro c’è una pagina in più. Ed è la tua.
Leggere è fare l’amore con una persona che non conosci: è carezzarle il viso, accendere gli occhi, migrare la testa, mirare all’orologeria dell’anima.
La nostra.
Quell’anima che è troppe volte in pena, per poter sopportare.
E così ci distraiamo con le notizie: il bambino morto sotto il gatto delle nevi, il cantante che muore, la ballerina che non balla più, lo scrittore che non scrive più.
Siamo necrologici: allontaniamo i nostri io attraverso la proiezione di una mancanza.
La nostra.
Un artista non muore mai veramente: esiste nelle sue canzoni, nelle sue canzoni, nelle sue opere.
Vivere senza leggere è pericoloso perché ci si deve accontentare della vita.
La vita è bella, c’è anche un film che ci ha usurpato persino dal dire questa frase, sembra una frase fatta. Nessuna frase è fatta, nessuna parola è a caso nella letteratura.
Una delle istituzioni più sovversive del mondo di oggi sono le librerie e le biblioteche pubbliche.
Satisfiction nei suoi 20 anni ha sempre creduto e crede nell’arte.
L’arte è un modo di esprimere cosa significhi essere vivi, e la caratteristica principale dell’esistenza è l’infinito numero di probabilità che sembrano negarla. Per ogni possibilità che abbiamo di essere in questo mondo, vi è una infinità di modi di non esserci. La statistica ci considera ridicoli, la termodinamica ci nega. La vita secondo qualsiasi metro tradizionale è impossibile e la nostra vita, questa, qui e ora, lo è infinitamente di più. L’arte ci permette di dire, di fronte a tutta questa impossibilità, quanto valga la pena celebrare il fatto che siamo addirittura in grado di dire qualcosa.
Gian Paolo Serino