Nino non ha mai messo piede in ex-gelateria, e neanche a Osnago dal Pulcinoelefante, pur abitando a un tiro di schioppo, Airuno. Lo avevo incrociato sulla Grigna una volta, due volte, finché alla terza mi presentai (portavamo entrambi braghe corte, indicando genericamente gli altri dissi: “hanno tutti freddo”, lui fece “mmmh”). Era un gran rampicatore, secco come un bacchetto, barba liscia da mugico a coprire la bocca, leggera lisca. Dico era perché due anni fa è partito per l’India e sta ancora lì. Di India si parlava spesso, nel senso che io narravo narravo essendoci già stato, lui commentava, per contraddire seccamente. Esempio: “Nel Karnakata neanche un uovo, neanche un pezzo di formaggio, solo riso e chili, avrei mangiato viva una vacca sacra” – “Starei bene lì” (era vegetariano, animalista). O: “Sull’Annapurna a mezzavia abbiamo fatto un cylum, poi ripartiti solo dopo un po’ ci siamo accorti che stavamo tornando indietro” – “Non ci andrei mai col cylum” (però sulle Prealpi non disdegnava). Faceva lo stradino ad Airuno, dopo due anni di perito chimico e diversi altri da rappresentante di colori si era sistemato. Leggeva molto fin da piccolo, soprattutto biografie. Più di una sera abbiamo mangiato dagli Hare Krisna in Valpetrosa 5, posto good&cheap che ignoravo. Un finesettimana estivo gli proposi di andare insieme a Sierre, Fondation Rilke, dopo che il direttore mi aveva detto di aver trovato una lettera di Merline circa la tomba del suo ex-amante (vedi qui). La domenica presto avremmo raggiunto in funivia la Plaine Morte, per scendere a piedi fino a Lenk. Lì sul ghiacciaio mi salvò la vita. C’era un laghetto alimentato da una paretona di ghiaccio; rapidamente dedussi che l’acqua, per quanto fredda, doveva star sopra zero gradi; altrettanto rapidamente mi tuffai. Sentii una scarica elettrica, tanto forte quanto esilarante, poi nulla più fino al risveglio, che non descrivo perché già qui (fine capoverso 3 più capoversi 4 e 5). Un mesetto dopo mi giunge una cartolina di Airuno con dietro quattro versi e niente firma. Sulla Grigna gli chiesi in seguito come mai, rispose che non curava solo strade ma pure il cimitero e che comunque mollava il lavoro per provare in India. La sua prima cartolina indiana, spedita da Leh parecchio dopo, recava altri quattro versi di tenore analogo. Avevamo appena iniziato a stampare libretti, le quartine ci piacevano, ma accostate non facevano bitesto. Lasciammo perdere, finché mi balenò di scrivere due quartine in controcanto. Una terza cartolina giunse da Kathmandu che Luciano già stava incidendo due lapidi per i bitesti. Infine, a lavoro finito ne giunse una quarta da Pokhara. Altri due controcanti io, altre due lapidi Luciano, un cofanetto col titolo come sempre mio, e
QUI GIACE UN GRAN POETA
CHE NULLA LASCIÒ SCRITTO
UN SILENZIO MAI ROTTO
FU LA SUA OPERA COMPLETA
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qui giace un gran poeta
che nulla lasciò scritto
il nome che si è fatto
è la sua opera completa
QUI GIACE UN GRAN ARTISTA
CHE PRATICÒ IL LEVARE
UN VUOTO DA COLMARE
È QUANTO DI LUI RESTA
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qui giace un gran artista
che predicò il levare
fu contro il suo volere
finir battuto all’asta
QUI GIACE UN GRAN PITTORE
CHE SI VOTÒ ALL’ASTRATTO
COSÌ ASTRAÉ DA TUTTO
PERFINO DAL COLORE
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qui giace un gran scultore
che ricercò l’essenza
scolpì con tal furore
che infine restò senza
QUI GIACE UN ARCHITETTO
CONTRARIO ALL’ABITARE
PROGETTÒ SOLO BARE
O CASE SENZA TETTO
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qui giace un gran designer
contrario all’arredare
disegnò dei container
che invece erano bare