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Iain Reid. Sto pensando di finirla qui

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Più che un romanzo è un’insolazione: inizi a leggere questo Sto pensando di finirla qui, esordio narrativo dello scrittore canadese Iain Reid, e ti sembra di aver preso troppo sole. Eppure è inverno. E’ sabato pomeriggio. Fuori piove. Eppure continui nella lettura e non capisci se sei ancora sul tuo divano o se sei stato catapultato in una delle storie di Ira Levin, tipo Rosemary’s baby: le atmosfere sono quelle, quelle poi riprese nell’omonimo film di Roman Polanski. Eppure non sei in un film: sei su una macchina con due fidanzatini modello americani che stanno andando a trovare i genitori di lui per la prima volta. La ragazza è agitata, si intenda, perché si è sempre in soggezione. “Come saranno?” “Piacerò al papà? E alla mamma?

Classiche domande che deve provare una ragazzina alla sua prima volta. E poi c’è Jack, il fidanzato. Te lo immagini alto, con una camicia scozzese, con un sorriso alla Ben Affleck, il classico bravo ragazzo americano alla guida di un’auto mentre insieme vanno a conoscere i suoi genitori. C’è un candore che appare a ogni pagina che giri compulsivamente, perché vuoi andare avanti e vuoi andare avanti anche se cerchi di chiudere il libro. Di prendere respiro da un’apnea narrativa che sembra un vortice: più si legge più ci si sente, vittime di analgesici, su un ring con Myke Tyson che ti sta riempiendo di pugni e poi ci pensi e ragioni e pensi “no, non è possibile” e vai avanti e pensi al titolo del libro Sto pensando di finirla qui e poi a quel sottotitolo in piccolo, pur in giallo, che all’inizio non hai notato: Avrai paura senza sapere perché. Ed è esattamente quello che provi mentre lo stai finendo.

Con una scrittura magistrale e ipnotica Ian Reid ci porta tra queste pagine (tradotte da con una tecnica di scrittura capace di far diventare la lettura automatica, indispensabile, assoluta. Lo scrittore, non si capisce come, ha trovato un linguaggio universale – visto che dal libro stanno traendo un film- che diventa quasi telepatico. Un tu per tu tra il lettore e i personaggi che entrano in simbiosi. Impossibile smettere. Certo i trucchi, a libro chiuso si intuiscono, ci sono: una scrittura sincopata, una capacità narrativa fatta di frase brevi, martellanti, interrotte soltanto da qualche ingenuità nella trama, come i troppi luoghi comuni della tradizione horror americana e qualche richiamo evidente allo Stephen King di Shining. Ma dietro si sentono le voci di scrittori potenti: Poe, Ligotti, Lovercraft, ma soprattutto tanto tanto lavoro, tanto mestiere, nel riuscire a creare un linguaggio che coinvolge così incredibilmente il lettore. Questo a libro chiuso, perché a libro aperto anche un battito d’ali di farfalla o un sorriso che incroci e lo sguardo tenero del tuo cane non serve a uscire indenni dalla lettura.

Gian Paolo Serino 

Recensione a Sto pensando di finirla qui di Iain Reid, Rizzoli. Traduzione di Giulia De Blase. Pagg. 256. Euro 18.

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