Con L’astemio, Ian McGuire esce vincitore da una sfida non facile: ripetere l’efficacia e la potenza del precedente romanzo, Le acque del nord, che gli era valso grandi consensi di critica (qualcuno ha azzardato il paragone con Cormac McCarthy) e la finale al Man Booker Prize nel 2016.
La storia inizia a Manchester, nel 1867, in una Inghilterra scossa dagli attentati della Fratellanza feniana, organizzazione segreta che mira a rovesciare il dominio britannico sull’Irlanda. Il protagonista, l’agente James O’Connor, irlandese al servizio degli inglesi, è un uomo che sta cercando di ricostruire se stesso. Sua moglie è morta, per molti mesi ha affogato i suoi dolori nell’alcol, da cui adesso cerca di stare lontano (è lui, l’astemio del titolo). La situazione precipita quando dagli Stati Uniti arriva a Manchester Stephen Doyle, reduce della guerra di secessione, irlandese anche lui e adesso pronto a compiere un attentato esemplare per la Fratellanza feniana.
La prima parte del romanzo si consuma quindi nel classico gioco del gatto col topo. Una atmosfera noir che ricorda alcune cose di Graham Greene, in particolare il bellissimo Una pistola in vendita, di recente ripubblicato in Italia da Sellerio: un po’ per la tecnica utilizzata – la terza persona che vaga da un personaggio all’altro, un po’ per la gestione degli incastri, le coincidenze che paiono stringere i personaggi dentro un destino al quale non possono sottrarsi.
Ciò che rende davvero interessante il romanzo è però lo sviluppo. Se fino a un certo momento la storia, per quanto ben scritta, pare avviarsi su di un binario piuttosto scontato, d’un tratto McGuire ribalta tutto. La sfida tra O’Connor e Doyle pare esaurirsi e si entra prima nel drammatico resoconto di un inferno giudiziario, poi in una tesissima storia di vendetta.
Proprio come accadeva ne Le acque del nord, anche qui la prosa di McGuire trova particolare efficacia nella descrizione di una realtà inospitale, anche brutale pur nei suoi aspetti più ordinari. Luoghi e corpi vengono fotografati nel loro trasudare umori, sporcizie, senza risparmiare nulla al lettore. Forse proprio in questo, e poi nel passo delle volte lento e quasi epico, nel fraseggiare secco e monolitico, si possono ravvisare i segnali che hanno portato alcuni a paragonare l’autore a Cormac McCarthy.
La traiettoria disegnata ne L’astemio con il personaggio di O’Connor è quella di un uomo che va disfacendosi, una storia di caduta e rinascita. Ian McGuire si conferma romanziere raffinatissimo e spietato, capace di intrattenere il lettore fondando buona parte delle sue narrazioni su impalcature di genere e, allo stesso tempo, sorprendendolo (e gratificandolo) con la grande qualità della sua prosa.
Edoardo Zambelli
Recensione del libro L’astemio di Ian McGuire, Einaudi 2021, pagg. 272, € 19,50