Anche quest’anno a Torino c’è il Salone del Libro e non è una cosa scontata anzi per me è un miracolo che si riesca ad organizzare una fiera che abbia al centro lo strumento più classico per la trasmissione della conoscenza.
Soprattutto in tempi in cui va di moda l’intelligenza o deficienza artificiale.
I libri sono una parte di noi perché ci lasciano una parte di loro. Più ne abbiamo letti e più possiamo chiederci quanto di noi sia veramente nostro e quanto invece siamo diventati i nostri libri, forse per questo leggere libri brutti può peggiorare il mondo.
Ma leggere è un’espressione di libertà, la scelta di affidarsi all’altro e farsi trasportare dal racconto di chi descrive come può il mondo che vede con i suoi occhi.
Perché leggere è un modo di incontrarsi e di scontrarsi quando il libro non ci piace.
E poi si legge per diventare persone migliori. E allora scappiamo dai libri che non ci migliorano verso quelli in grado di parlarci, di prenderci per mano dove siamo e farci fare uno scalino in più.
Nel Salone del libro ognuno può cercare il libro che più gli assomiglia, qui possiamo esercitare il libero arbitrio e passare dall’inferno della letteratura ombelicale fino al Paradiso di Dostoevskij e Céline.
E di già che ci siamo possiamo seguire la conferenza “Omaggio a Benedetto Croce” o ascoltare Annalena Benini che ci parla di Peter Cameron, seguire Carlo Verdone che parla del Neorealismo italiano oppure Walter Siti che racconta Tutti i nomi di Ercole o infine Rocco Tanica che può spiegarci come mai Non siamo mai stati sulla Terra.
E poi possiamo passeggiare tra gli stand e cercare i nostri libri, i nostri autori e ringraziare del miracolo che ancora ci permette di godere tutta questa abbondanza.
Perché significa che, nonostante si viva in un Paese inemendabile, rotto ad ogni amplesso e aduso ad ogni latitudine del prossenetismo ideologico, qualcuno alla cultura dà ancora un valore positivo.
E dalla Cultura può nascere l’imprevedibile.
Carlo Tortarolo