Quando cala la nebbia, sembra che tutto scompaia,
L’unica cosa che rimane è la nebbia; e nella nebbia c’è molto di più di quel che sembra.
Brent: David, non c’è niente, niente nella nebbia…
David: E se ti sbagliassi…?
(The Mist, Stephen King)
Quando nel 1975 il maestro d’animazione russo Jurij Norštejn (1941) presentò il cortometraggio Il riccio nella nebbia (Ёжик в тумане) il mondo era molto diverso da quello che conosciamo oggi.
Durò ancora qualche anno, sopravvisse nel grigiore e nell’illusione e terminò in una realtà assai diversa e con molte più ombre. Per nostra fortuna ciò che c’era di bello e onirico rimase e rimarrà per tutti i giorni a venire. Vi auguro davvero di acquistare questo libro, di Sergeij Kozlov (1939-2010) e J. Norštejn, magnificamente illustrato da Francesca Yarbusova (Frančeska Al’fredovna Yarbusova, 1942) con la traduzione di Livia Signorini, edito da Adelphi.
Chi ha creduto in questo libro, ha creduto nella bellezza ed ha avuto cura.
Come ogni sera Riccio, col suo barattolo di marmellata di lamponi, attraversa il bosco per andare da Orso a bere una tazza di tè e contare le stelle. Ma una sera, inaspettatamente, nel bosco cala la nebbia e un mondo di oscurità, pieno di silenzio, di erba alta e freddo, avvolge il nostro piccolo protagonista.
Tutto ha la consistenza di un sogno. Ad ogni passo ne seguirà un altro più attento e meno sicuro.
Scompaiono gli alberi, scompare il sentiero. Il profilo di un cavallo bianco per un momento appare nella nebbia e scompare di nuovo, come se il mondo si fosse creato in quel momento e subito si fosse cancellato.
Una grande civetta si fa avanti, segue Riccio e lo osserva, osserva un mondo che non riesce a sentire, osserva l’innocenza di Riccio che non comprende. Per lei la magia non esiste, come certi adulti che hanno dimenticato i sogni che hanno avuto.
Intorno al piccolo la nebbia è sempre più fitta tanto che Riccio perde il barattolo di marmellata. Intorno a lui si muovono ombre: una grande Lumaca, un Pipistrello spaventoso, un Gufo ed un Elefante ansimante si fanno strada nella sua testa. Riccio ha paura, si sente solo, finché un Cane appare e viene come a salvarlo ed il suo fagotto è di nuovo con lui.
Poi una voce, un passo falso e cade nell’acqua; come una foglia si lascia trasportare dalla corrente. Riccio rivede il cavallo sbucare dai cespugli e poi una voce, profonda e rassicurante: “sali sulla mia schiena” disse Qualcuno pian piano. “ Ti porto a riva”.
Riccio è salvo e dopo qualche passo finalmente ritrova il suo amico Orso. Tutto è tornato come sempre, come tutti i giorni dopo una lunga camminata.
– Ho bollito l’acqua e questi rametti… come cavolo si chiamano?
– Gi-Ne-Pro – sillabò lentamente Riccio.
– Per profumare il fuoco, e poi… poi chi altro, a parte te, saprebbe contare le stelle insieme a me? – dice Orso felice.
Quando tutto sembra concludersi come doveva essere, un pensiero viene a rapire Riccio e tutti noi: e Cavallo? Come se la caverà, laggiù nella nebbia?
Oltre il mondo che viviamo qualcosa c’è ed è possibile. Una nebbia cala, un fuoco si accende, un velo, per qualche momento cade e come uno squarcio si apre su un altro mondo, un Altrove che ci fa sentire unici e vivi.
Perdersi e poi ritrovarsi, un grande insegnamento, poiché come diceva W.B. Yeats: “l’uomo è innamorato e ama ciò che svanisce”.
Edoardo M.Rizzoli
Recensione di Edoardo M. Rizzoli a Il riccio nella nebbia di Jurij Norštejn Sergej Kozlov. Illustrazioni di Francesca Yarbusova, Adelphi, €19