È tornato in edicola “Il Riformista”. Il direttore è Piero Sansonetti, un giornalista cresciuto all’”Unità” che da alcuni anni sta conducendo un’importante battaglia contro la cosiddetta “malagiustizia”, e in difesa del garantismo. Sono molto affezionato a questo giornale, perché vi ho scritto per molti anni. La redazione del “Riformista” si trovava in via delle Botteghe Oscure a Roma e, nonostante fosse un quotidiano dalla bassa tiratura, spesso dettava l’agenda politica e culturale, essendo letto con grande attenzione dalle classi dirigenti italiane. I direttori con i quali mi trovai meglio furono Antonio Polito – al quale si deve la creazione di questo giornale – e Stefano Cappellini, che all’epoca, giovanissimo, era alla sua prima direzione. Il mio capo nella sezione cultura, invece, era Luca Mastrantonio, che ora lavora al “Corriere della sera”. Per lui ho scritto centinaia di articoli, con una libertà che non ho mai più trovato in nessun altro quotidiano. La cosa curiosa è che il legame con Luca nacque da un litigio. Intorno al 2004 dirigevo la casa editrice Avagliano, e ogni giorno ricevevo la rassegna stampa sulla mia scrivania. In un paio di articoli Mastrantonio mi prendeva in giro, definendomi “poeta discotecaro” (nel 2003 avevo pubblicato un libro di poesie intitolato “Discoteca”). Al secondo articolo gli scrissi un’email durissima, risentita. Non so come e perché, ma dopo qualche giorno finimmo a cena. Da allora la nostra amicizia è rimasta immutata. Luca era un caporedattore eccezionale. Sulle sue pagine fece scrivere tanti scrittori e giornalisti emergenti, da Antonio Pascale ad Antonello Guerrera, da Roberto Saviano a Guido Vitiello. Era un piacere leggere le sue pagine corsare ed eterodosse, aggiornate e brillanti. Un giorno chiesi a Luca le ragioni di quegli sfottò prima di conoscerci. Mi confessò che in verità ci eravamo già conosciuti, anche se io non lo ricordavo. Infatti subito dopo la laurea feci per un anno l’assistente volontario di un professore di Storia e critica del cinema all’Università “La Sapienza” (poi capii che solo i figli dei ricchi potevano permettersi la carriera universitaria, e lasciai perdere, perché avevo bisogno di soldi). Ebbene, un giorno si presentò davanti a me all’esame un ragazzo milanese pieno di capelli e molto secchione. Lo presi in antipatia e lo torchiai malamente. Tuttavia quel ragazzo era preparatissimo, e perciò gli misi trenta e lode. Quel ragazzo, ovviamente, era Luca. Che, appena ebbe l’occasione, si vendicò sul “Riformista” di quell’interrogatorio. Ma al di là dei ricordi, che pure sono tanti, ora voglio solo augurare lunga vita a questo giornale glorioso, che sono felice di rivedere in edicola dopo troppi anni di oblio.
Leggi anche il precedente articolo di Andrea Di Consoli.