Michele Caccamo, poeta, organizzatore di eventi culturali, direttore di collana ed editore con Il Seme Bianco, insieme a Luisella Pescatori che è direttore editoriale. Il Seme Bianco è un progetto coraggioso, coinvolgente e persino temerario.
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Hai iniziato a scandagliare la rete e i social network esortando a inviare manoscritti, hai deciso di scommettere sulla poesia quando nessuno lo fa.È difficile? O ancora entusiasmante?
Il Seme Bianco nasce dal desiderio di rinnovare l’approccio professionale a un settore in crisi: io ripenso con nostalgia alla grande editoria del passato, dove la figura dell’Editore era sì quella di imprenditore ma anche di umanista lungimirante. Ogni giorno leggo, seleziono e scarto i testi, certo che ci siano eccellenze sconosciute tra esordienti ed emergenti, e mi avvalgo di tutti gli strumenti che il mondo digitale e Internet offrono e che semplificano il lavoro. Gli autori emergenti per esempio credono che il traguardo sia quello di arrivare in libreria. Niente di più sbagliato: il primo vero traguardo è poterci tornare in libreria con un successivo titolo e con numeri vincenti. Ecco perché noi sosteniamo questi autori nell’approccio al famelico e repentino mercato editoriale, dove si è sommersi da cifre più che avvolti dalla bellezza della lingua italiana. Li affianchiamo nelle scelte individuali indicando loro le linee guide per orientarsi, per capire che scrivere un libro è una storia, essere riconosciuti autori è altro. Inoltre gli autori emergenti hanno il privilegio di essere accostati, nelle nostre collane, ad autori di spessore che per stima e per fiducia ci hanno affidato i loro testi. In questo percorso siamo supportati dalla casa editrice Castelvecchi, che è nostro partner e ci distribuisce.
Perché “Il Seme Bianco” e cosa significa per te, per Luisella e per lo staff, in senso letterale e metaforico?
Quando ho iniziato a discerne il progetto, da una visione puramente idealistica, sapevo già che lo avrei chiamato Il Seme Bianco. Diciamo che il concetto e l’immagine del Seme Bianco si sono rivelati coesi. Immaginavo un principio primo per lo sviluppo potenziale di un’idea, sia la mia: avevo in testa una novità da concretizzare, che quella di ogni autore che abbia scritto un buon libro. Solo con la reciproca cura, la piena determinazione e la costanza si ottengono risultati e rifiorisce nella bellezza, di un fiore bianco, a cui sono titolate le nostre collane, la letteratura contemporanea.
Avete creato su Facebook un gruppo chiuso per tutti gli auguri dove vengono condivise nuove uscite, programmi, ma anche le difficoltà nel rapporto con i grandi store online, vendite, modifiche grafiche, successi e presentazioni. Io la trovo una cosa rivoluzionaria. Una tale trasparenza lo è sempre. Procederà così?
Sì, così sarà! Anche se, proprio in virtù della totale trasparenza, lo devo confessare, alcuni autori sono anime inquiete, ansiose e dannatamente innamorate dei loro testi. E questo è un limite, se non proprio uno degli ostacoli alla crescita dell’opera stessa. Il distacco emotivo dal testo fa cambiare la visione delle cose: il libro da un certo punto in poi, ovvero da quando si presenta a un editore, non è più quella creatura partorita dalla propria mente ma deve diventare un numero vincente tra tanti e va sostenuto con una lucidità quasi commerciale. L’autore deve essere duttile e malleabile, taluni la sentono come una violenza altri metabolizzano il cambiamento emotivo come fosse, quella dell’autore, una nuova professione. Il gruppo ha proprio la natura di un forum di discussione. È sicuramente un lavoro che richiede tempo e pazienza e che, anche in futuro quando saremo sempre più strutturati, vorrei lo stesso seguire personalmente. È una delle mie promesse agli autori.
Nuove uscite a cui tieni particolarmente?
La mia sfida è la stessa per tutti. Credo in ogni autore che pubblico. Certamente, non lo nascondo, per me è motivo di orgoglio avere, nelle collane, le firme eccellenti di Carraro, Krauspenhaar, Mazzucato. Ma anche aver avuto coraggio di pubblicare testi di attualità relati a casi giudiziari. Prossimamente usciremo anche con una denuncia antologica sul fenomeno del cyberbullismo. Quindi, per come è la mia natura do voce ai più deboli, agli emarginati, alle denunce.
E tu, Michele, so che hai un libro in uscita. Mi racconti?
Volentieri. Si tratta di «Intrappolati – Gli scafisti di Burg Migheizil» edito da Castelvecchi, è un testo scritto a quattro mani con Luisella Pescatori. Grazie alla testimonianza diretta di un pescatore egiziano, di Burg Migheizil, un villaggio nei pressi di Alessandra d’Egitto, che è uno dei principali luoghi di reclutamento degli “scafisti”, abbiamo potuto raccontare la versione autentica dei viaggi della speranza, degli arresti di innocenti e della connivenza, a suon di ghinee, delle autorità estere sul controllo delle fughe clandestine.
È un lavoro che abbraccia il fenomeno dell’integralismo terroristico ed è un omaggio rispettoso al Corano e alla Bellezza del suo messaggio laddove scevro di interpretazioni violente.
Mi racconti a cosa stai lavorando, invece? La tua poesia sacra e carnale insieme, volta e commovente la proponi su Facebook, direi che si sente la mancanza di altro. Proprio l’urgenza. Raccontami, se vuoi
Una sera di mesi fa mi dissi che non avrei più scritto poesie perché avevo già espresso il mio totale e intimo pensiero sui temi a me cari: la sofferenza di Cristo e dell’Uomo, la spiritualità, la morte, l’amore. Ma la poesia non è una scelta. Io sono un osservatore della vita e ho una forma di ascolto e di rispetto verso ogni sfumatura della sfera intima umana. Ho per questo cercato di immaginare la delicatezza di un amore saffico e ne ho scritto una raccolta. Ha già un titolo “Le amiche”, proprio come una delle raccolte erotiche di Paul Verlaine. E non è un caso.
Ho altri lavori inediti ma al momento sono concentrato sulla Casa Editrice e su alcune collaborazioni in ambito musicale, come autore di testi.