Michael Sims ha condotto una infinita ricerca tra documenti, lettere, testi e cronache per ricostruire la vita di Henry David Thoreau fino ai trent’anni. Ne descrive gli anni giovanili, di formazione, di studi e ricerche che sono all’origine di questo personaggio citato da tanti con ogni motivazione possibile: la salvaguardia della natura, i diritti umani, la ricerca delle origini, l’uguaglianza senza confini religiosi o razziali, l’orrore per i genocidi. Sia il Mahatma Gandhi che Martin Luther King hanno attribuito a Thoreau il merito di aver ispirato le loro campagne non-violente.
Per capire la formazione e la sterminata cultura del personaggio voglio citare l’autore. Scrive Sims: “Henry trascorreva molto del suo tempo nella biblioteca, che occupava il secondo piano del college di Harvard. Quasi tutti i cinquantamila volumi erano a disposizione dei giovani che si applicavano ai loro studi forensi e alle loro materie attorno a un grande tavolo al centro della sala. Erano a portata di mano i trentanove volumi di The Cyclopœdia; or Universal Dictionary of Arts, Sciences, and Literature (L’Enciclopedia; ovvero, il Dizionario Universale delle Arti, della Scienza e della Letteratura), rivisitata tra il 1802 e il 1820 dal reverendo non-conformista gallese Abraham Rees.”
Proviamo una grande nostalgia per quell’America che il progresso mal interpretato e il profitto applicato su ogni azione avrebbero rapidamente cancellato.
Attraverso gli scritti di Sims “vediamo Emerson nella sua vita pubblica ma anche quotidiana, con la sua grandezza e la sua enfasi; – vediamo come funzionava una delle prime fabbriche di matite (la famiglia di Thoreau ne gestiva una).
E poi:
la pratica di infliggere dure pene corporali nelle scuole; – la schiavitù dei neri e i primi movimenti abolizionisti; – vediamo Hawthorne mentre pattina sul fiume ghiacciato, con il suo cappotto nero svolazzante, prima da solo e poi addirittura mentre pattina insieme a Thoreau ed Emerson; – i maiali scuri, randagi, che si aggirano a branchi per le vie della Manhattan di allora; – i pesci che proteggono le loro uova e che si lasciano accarezzare dalle mani del nostro goffo e appassionato eroe; – assistiamo al ritrovamento di una ragazza annegata, dopo una battuta di ricerca sul fiume con la barca di Hawthorne, la stessa che prima apparteneva a Thoreau; – vediamo un topo intento ad ascoltare Thoreau mentre suona il flauto nella sua capanna; – e poi mille altre cose: strade e boschi, piccioni migratori, lucciole, stelle…”.
“Questo Mondo non è un posto per chi non scopre le sue leggi”.
Mi pare che questa frase riassuma tutto il pensiero di Henry Thoreau, americano di metà ottocento nato a Concord, nel Massachussets, quando ancora non si era spento il ricordo dei pionieri, della loro conquista del nuovo mondo e il mondo conquistato era ancora intatto.
Henry nasce e cresce in un ambiente dalle solide radici religiose, anche se poi la sua visione di “sacro” uscirà dalle mura della chiesa unitariana a cui apparteneva insieme a tutto il suo villaggio e si allargherà al cielo, alla terra, all’erba che calpesta, al lago Walden dove ha costruito la sua capanna, il rifugio per pensare, per scrivere, per vivere.
L’America è appena stata strappata ai suoi antichi abitanti, che Thoreau chiamerà “indiani” e il fiume, la campagna, i monti, recano tracce della loro vita, degli accampamenti, dei fuochi e delle fonti d’acqua. Il giovane si appassiona in questa ricerca che lo porta a conoscere profondamente il suo territorio.
Così lo percorre, lo studia e la natura gli trasmette un senso panico di pienezza mentre gli suggerisce le leggi universali alle quali l’uomo dovrebbe attenersi: un grande rispetto per la terra-madre, per il succedersi delle stagioni e degli eventi a esse collegati, i semi che germogliano, i fiumi che portano acqua ai villaggi, i frutti spontanei, gli animali intorno.
La vita dello scrittore – filosofo – ecologista (quando l’ecologia non era stata ancora inventata) si svolge in questa cornice dove i campi e i monti sono lo sfondo alla vita difficilissima della famiglia Thoreau, sempre in lotta con la necessità di sopravvivere, di inventarsi un reddito che permetta di conservare la casa e le loro abitudini colte, che sono il lato straordinario di questi primi cittadini americani. Zappano l’orto, fabbricano matite, inventano una scuola per i ragazzi del villaggio mentre le donne lottano per l’abolizione della schiavitù, firmano petizioni e scrivono libelli alternando le cure domestiche, il cucito, il ricamo, allo studio del tedesco, per meglio leggere Goethe.
Henry, dal canto suo, come il fratello è ammesso ad Harvard dove parte delle lezioni si svolgono in latino, il greco è una lingua appresa per poter leggere i classici, la cultura umanistica è fondamentale per proseguire gli studi in qualsiasi altra direzione. Forse le radici con l’Europa non sono ancora del tutto tagliate, comunque è straordinario l’impegno nel mantenere viva la fonte della cultura classica che apre al sapere, allo scavo, alla conoscenza. Dal particolare all’universale.
Molto importante per Thoreau l’amicizia con Emerson con il quale dividerà anni di vita in comune, studi, scoperte, persino il linguaggio. Il quadro non è sempre idilliaco, mentre il giovane approfondisce la sua cultura, divide con il fratello John le attenzioni già sentimentali amorose per le fanciulle che li visitano (e Thoreau non avrà mai la forza di dichiararsi neppure di fronte a palesi segni di preferenza fra tutti), la vita presenta il suo conto inesorabile: la povertà sempre in agguato, la malattia che uccide il piccolo di Emerson, bambino dotatissimo e attento, la banale ferita che porterà il tetano al fratello amatissimo. La cronaca di questo lutto è straziante, nello stesso tempo indicativa della forza che sorregge queste creature, la loro serena e composta accettazione delle leggi inesorabili che regolano la nostra vita.
Mi piace citare, a conclusione, alcune frasi di Thoreau stralciate dal suo libro CAMMINARE:
“Dovremmo avanzare, anche sul percorso più breve, con imperituro spirito di avventura, come se non dovessimo mai fare ritorno, preparati a rimandare, come reliquie, i nostri cuori imbalsamati nei nostri desolati regni.”;
“Lo spirito eroico e cavalleresco che apparteneva un tempo al Cavaliere sembra ora rivivere o forse avere sedimentato nel Camminatore, non il Cavaliere ma il Camminatore Errante. Egli rappresenta una sorta di quarto stato, al di fuori della Chiesa, della Nazione e del Popolo.”;
“La linea tracciata dai miei passi forma, più che un cerchio, una parabola, o piuttosto l’orbita di una cometa, una di quelle orbite che furono ritenute curve senza ritorno, in questo caso che si aprono verso ovest, e rispetto a cui la mia casa occupa la posizione del sole.”
“L’Atlantico è una sorta di fiume Lete, e l’attraversarlo ci ha consentito di dimenticare il Vecchio Mondo e le sue istituzioni. Se non riusciamo questa volta, c’è forse un’ultima possibilità prima che la razza umana approdi alle rive dello Stige, e questa possibilità è il Lete del Pacifico, tre volte più vasto.”
Aggiunge Antonio Moresco nella sua postfazione:
“Il sogno di una Nazione, di una razza e quasi di una specie metamorfica nuova, sogno sognato in quegli anni cruciali negli Stati Uniti da uomini uniti tra di loro da una forte elezione spirituale, come lo stavano sognando quasi negli stessi anni in Russia un aristocratico che aveva saltato il fosso come Tolstoj e un romanziere pensatore e sconfinatore come Dostoevskij, gli uni attraverso una sorta di barbarico individualismo mistico, gli altri attraverso una sorta di barbarico cristianesimo radicale diversamente popolare e imperiale.”
La sua intuizione oggi più viva che mai, preannuncia le catastrofi di cui siamo testimoni perché abbiamo dimenticato le leggi della natura, le abbiamo sfidate distruggendo il perfetto equilibrio che governava il mondo. Mai il pensiero di Thoreau è stato più attuale.
Carla Tolomeo