Un inedito assoluto scritto da Thomas McGuane, tra i più celebrati scrittori americani contemporanei. McGuane giudica questo racconto, come scrive a Satisfiction, “fondamentale nella mia opera tanto che ci ho messo tantissimo a scriverlo: perché con Il Volo ho tentato di esprimere i miei sentimenti riguardo la morte e la paura della morte”. Perché per McGuane: “La morte raramente viene vissuta come un evento. Viene vissuta come un cambio di stagione, come la fine dell’estate, o un’ondata di maltempo. Una morte in famiglia ci avvicina di più alla morte. La religione non ha reso la morte meno minacciosa: resta un mondo in cui preferiamo non inoltrarci. La morte di mio padre poco dopo che avevo iniziato al mia carriera ebbe l’effetto di rimuovere una specie di rumore di fondo dalla vita mia e di mia madre, un rumore di fondo molto gradevole che forse solo le donne, pensai, riescono a produrre. Era il rumore della vita, a differenza della logica del silenzio che piace agli uomini: le donne cercano Dio mentre gli uomini cercano Euclide. Mi sarebbe piaciuto fossero la stessa cosa”.
Nato e cresciuto nel Michigan (Wyandotte, 1939), ma con tutta una generazione di parenti vissuti nel Massachusetts, McGuane vive in tutti i suoi romanzi la tipica e storica “sospensione” tra est e ovest che vive anche in questo racconto. Collaboratore del New Yorker e della Paris Review negli Stati Uniti è al centro di un’autentica celebrazione: oggetto di monografie mentre dalle sue opere, considerate dal New York Times dei “classici moderni”, sono stati tratti numerosi film. Anche in Italia McGuane sta vivendo una vera riscoperta con la pubblicazione di Sporting Club e del recente Correndo sul filo (“uno dei non moltissimi, imperdibili romanzi del secondo Novecento americano”, Massimo Vincenzi, la Repubblica) entrambi editi da Dalai.
Il Volo, dato a Satisfiction in esclusiva, per gentile concessione dell’autore stesso, apparirà su The Stanford Book, antologia ad oggi inedita che contiene scritti e testimonianze di autori che hanno frequentato il Creative Writing Program dell’Università Stanford e che ospita i contributi totalmente inediti di oltre cento tra i maggiori scrittori americani.
Gian Paolo Serino
Il Volo.
Durante la stagione degli uccelli, i cani si corrono dietro in cerchio nella mia cucina, i giubbotti giacciono accatastati nell’ingresso, le tubature sono intasate dalle piume, e i cacciatori cercano rimedi per il malessere dentro un frigorifero. Dato che lavoro di giorno, osservo con una certa malizia queste presenze, cercando di capire chi farà e chi non farà una buona caccia.
Quest’anno è stato leggermente differente perché Dan Ashaway è arrivato gravemente malato. Eppure questa mattina, sembrava essere quasi l’unica persona lucida in cucina. Ha contribuito a preparare l’ampia colazione a base di pasticcio di gallo, uova, succo di frutta, e caffè. Quei miserabili di Bill Upton e suo fratello, Jerry hanno caricato i cani e sono partiti a un’ora criminalmente presta. Ho spinto via alcuni piatti e mi sono acceso un sigaro per la colazione. Dan ha versato il caffè e si è seduto. Cacciamo uccelli insieme da anni. Io vivo qui e Dan arriva in volo da Philadelphia. In ogni caso, quello mi è sembrato il momento.
“Quanto stai male, Dan?” ho chiesto.
“Temo che non guarirò,” ha detto Dan, in modo diretto, alzando e abbassando le mani sui braccioli della sedia. Tutto qui. “Beh, andiamo,” ha detto poi.
Abbiamo preso i cani di Dan, dopo che lui ha insistito per questo. Loro sono saltati sulle cassette di alluminio sul retro del camion quando lui ha detto “Forza”: Betty è una femmina per metà bianca e per metà di un rossiccio bruno, mentre Sally ha il viso volpino e striato. Questi erano – o farei meglio a dire sono – i due vecchi pointer privi di addestramento, a cui Dan faceva trovare e recuperare gli uccelli senza nemmeno bisogno di un richiamo.
Mentre abbiamo guidato verso Roundup, tutti i miei pensieri sono stati rivolti all’importanza che aveva essere vivi. Era una consapevolezza strana eppure felice.
I cani se ne sono stati tanto in silenzio che ho avuto modo di ricordarmi di quando Betty era un cucciolo e si lagnava all’interno della sua cassetta, gettando sguardi dappertutto. Da allora si è parecchio calmata ed è divenuta sicura nel suo lavoro. Lei e Sally sono state a caccia ovunque da Albany, in Georgia, a Wilsall, in Montana. Sally è nata per la caccia, ma Betty è quella che ha il naso migliore.
Abbiamo viaggiato lungo due catene di montagne desertiche, basse e senza neve o sempreverdi. Di tanto in tanto si vedevano salire delle recinzioni e poi scomparire verso l’alto o nel blu del cielo. Abbiamo visto un piccolo gruppo di capi di bestiame trainati da un cowboy e un cane – gli unici segni di vita. Dan teneva dei proiettili calibro sedici negli anelli elastici della cartucciera. Indossava bretelle blu da poliziotto e un cappello di feltro marrone, un logoro Dobbs da uomo d’affari.
Abbiamo guardato un falco muoversi verso terra e risollevarsi da sotto un promontorio, un gruppo di tetraoni saltare lungo la sua scia. Il falco ne ha mancati una mezza dozzina, poi ha volteggiato su un’ala ed è piombato giù, per afferrare un uccello in uno scoppio di ali e piume. Quando abbiamo ripreso la guida, il falco era piegato sulla preda e gli strappava via la carne dal petto.
Ogni volta che la strada sterrata saliva, il paesaggio cambiava. Per lungo tempo abbiamo costeggiato un torrente verdastro, ricoperto da salici, poi il torrente è proseguito sotto un ponte, e noi siamo saliti verso nord. Quando siamo ritornati in piano, il paesaggio davanti a noi ci è sembrato sconfinato: un’immensa prateria dai contorni indefiniti come quelli del mare. C’erano montagnette che emergevano qua e là dalla superficie e gole dove tra la boscaglia scorreva un fiumiciattolo. Non ci abbiamo pensato su e ci siamo fermati, lasciandoci il camioncino alle spalle. Dan ha sorriso e ha detto: “Ecco il posto per farsi una dormita eterna.”
La sua frase mi ha spaventato.
“Abbiamo già passato la strada della diligenza?” mi ha chiesto poi Dan.
“Da un paio di miglia.”
“È dove abbiamo preso tutti quegli urogalli nel 1965?”
“Già, proprio dove la strada della diligenza passava davanti al vecchio hotel.”
Dan si era aggiudicato una piccola calibro 16 inglese come premio per essersi laureato alla Wharton School of Finance quell’anno. La teneva nella custodia delle armi che stava dietro le nostre teste, adesso, con la cromatura andata e il perno di cerniera che non teneva più.
“È un miracolo se troviamo qualcosa,” ha detto Dan da lontano “coi cani che ci ritroviamo. Il signor Jack. Dovevi implorarlo ogni centinaio di metri o ci lasciava a piedi. Te lo ricordi? Mi meraviglio ancora del fatto che gli dessimo da mangiare a quel bastardo.” Il signor Jack era un cane senza alcun talento, né lealtà o affetto, che eravamo sicuri avrebbe finito col convincerci a giocare a racchette. Dan lo aveva dato via da qualche parte in Georgia.
“Era riuscito a trovare gli urogalli.”
“Ma quando eravamo sul lato posteriore dei Little Snowies, ricordi? È corso dritto verso quei tetraoni come un treno. Avremmo dovuto avere dei fucili per la caccia al cervo. Un cane davvero meraviglioso. Mi domando dove sia e che cosa stia facendo. Beh, è tutta un’illusione, una magnifica illusione, un miracolo che si sviluppa ogni giorno davanti ai nostri occhi. Il 1965. che io sia dannato!”
La strada della diligenza si è ripresentata di nuovo davanti a noi da est, e ci siamo fermati: c’erano due specie di solchi che portavano sulle colline. Abbiamo liberato i cani e seguito la strada per un’ora e mezza. Siamo passati davanti a un vecchio solco lasciato da un bufalo e pieno d’acqua. Alcune alzavole si sono sollevate in aria e hanno volteggiato sopra la prateria.
Circa un chilometro e mezzo dopo, i cani hanno raggiunto il punto. Era difficile dire chi giocasse e chi abbaiasse. Sally camminava come un gatto, si spostava, si fermava. Poi Betty ha trovato il punto. Così abbiamo capito che eravamo nella zona degli uccelli e siamo piombati su loro. I cani sono rimasti sul posto e gli uccelli si sono sollevati come in uno strappo. Ne ho ucciso uno che si era alzato in volo e Dan ha tirato con la sua solita precisione. È stato bello rivedere il suo modo di sparare forte e a testa alta. Io mi piego sempre un po’ e ne perdo in velocità. Questo perché ho cacciato troppi uccelli d’acqua quando ero ragazzo. Dan non si è mai molto allontanato dagli altopiani e la sua velocità ne era una prova.
Betty e Sally hanno raccolto gli uccelli; sono tornati con gli occhi spiegazzati, i tetraoni nelle loro bocche. Hanno abbandonato gli uccelli a terra e Dan ha fermato Sally mettendole un dito nel collare. Betty è tornata indietro a prendere l’ultimo uccello. È il migliore cane da punta che si possa trovare.
Abbiamo sparato a un’altra coppia di uccelli in un burrone. I cani si sono diretti spalla contro spalla verso il bersaglio e gli altri uccelli si sono alzati in volo. Ci siamo avvicinati al punto, abbiamo recuperato una preda e poi ci siamo diretti verso un torrente di collina coperto da una fila di magnolie luminose, dove abbiamo pranzato in compagnia dei cani. Quelle belle bestie hanno messo i loro musi nell’acqua fredda e sollevato la testa per sorridere quando hanno finito di bere senza mai prendere fiato. Poi si sono messi a terra per un pisolino. Noi abbiamo scaricato le pistole e le abbiamo messe via. Ho appoggiato per terra un pezzo di carta e ci ho posato su dei panini e delle mele rosa del mio albero. Ci siamo sdraiati su un gomito e abbiamo mangiato con la mano libera, guardando verso la prateria, per me la cosa più bella del mondo. Vorrei poter vedere tutte le praterie, finché ancora esistono.
Poi non sono riuscito a frenarmi. “Che cosa significa che non migliorerai?”
“È la verità, vecchio mio. Ma, ascolta, ora non voglio pensarci. Per cui non cominciare.”
Ero arrabbiato con me stesso. A tutti tocca andarsene, ho pensato. È come aspettare che scatti un allarme, quando è troppo buio per leggere il quadrante. Guardando il grande petto di Dan proteso nelle sue bretelle da poliziotto, era quasi inimmaginabile che esistesse qualcosa che potesse renderlo polvere. Ma mi ero parecchio sbagliato anche su questo.
Un piccolo antilope solitario si è fermato e ci ha guardato da lontano. Dan ha messo il suo cappello sulle canne della pistola e si è avvicinato allo stupido animale a una trentina di iarde prima che questi sbuffasse e corresse via. A volte ci è capitato di trovare gli ostacoli per le antilopi costruiti dagli indiani, di solito non molto lontano dalle trappole per le aquile, cose intelligenti fatte da mani vitali. C’erano vecchie cassette di cartucce accanto al fiume, che giacevano nella sporcizia, calibro 45-70 – forse una rissa, forse un vecchio allevatore che aveva cacciato un’antilope con un fucile da cavalleria. Chi lo sa. Un miraggio tremolante è apparso a sud, blu e cinto dalle colline distanti. Tutto intorno a noi la prateria brulicava di vita. Ho cercato di immaginarmi gli indiani, i soldati. Quasi li vedevo. Se ne erano andati o no?
“Non so se voglio farlo.”
“Prima troviamoli,” dissi. Avrei avuto un sacco di tempo, in seguito, per pensare a quella frase.
Dan ci ha riflettuto su e poi ha detto: “Questo è interessante. Li troveremo e decideremo se vogliamo farlo o lasciar perdere.” I pointer si sono alzati, hanno stiracchiato la schiena, guardato verso di noi, dimenando la coda, e poi sono andati a sdraiarsi di nuovo vicino al torrente. Poi ho avuto una sensazione strana. Dan si è fatto silenzioso. Fissava verso l’orizzonte. Dopo un minuto, un sorriso gli ha attraversato di colpo il viso. Ecco che cosa stavano guardando i cani. Siamo scattati subito in piedi e ci siamo mossi.
“Ecco,” ha detto Dan, ai cani o a me – questo non l’ho capito. Betty e Sally sono scattati in avanti, correndo nel vento. Betty è stata quella che è andata a passo più spedito. Sally ha fiutato meticolosa il terreno. Riuscivo quasi a sentire il piacere di Dan nel vedere i suoi cani, di razza, belli e veloci.
“Quando porti a caccia queste bestie,” ha detto, “devi dar loro da mangiare hamburger, uova, pancetta, insieme a quelle crocchette che mangiano di solito. Nei giorni davvero caldi devi metter loro degli elettroliti nell’acqua. Betty entra in calore nel mese di aprile e ottobre; Sally a marzo e settembre. A Sally viene un po’ di febbre e con l’alta temperatura per la prima settimana e mezza non le si può portare a caccia. Le faccio sempre restare in casa. A inizio agosto metto loro addosso un’imbrigliatura da cavallo per tenerle in forma. Sono state entrambe cavalcate.”
Ho cominciato a sentirmi stordito e stanco. Forse la vita non è qualcosa che perdi alla fine di una lunga battaglia. Ma non ci ho pensato e mi sono detto, Queste cose possono continuare ancora e ancora.
Sally si è lanciata sopra una infossatura. Betty ci è entrata dentro ed è risalita dall’altra parte. C’era un’ombra che si muoveva in mezzo all’erba più profonda. Sally si è bloccata proprio sul bordo, e Dan ha agitato la mano verso Betty. Lei è arrivata dall’altra parte, ha annusato, è strisciata dentro e ha puntato.
Dan mi ha sorriso. “Augurami buona fortuna,” mi ha detto. Poi ha preso la sua pistola, si è avvicinato al bordo, ed è scomparso dalla vista. Sono rimasto seduto per terra fino a quando non ho sentito lo sparo. Dopo un po’ lo stormo si è alzato in volo, otto uccelli scuri che si sono allontanati verso l’alto. Ho fatto un fischio ai cani, poi ho cominciato a dirigermi verso il camion.
(traduzione Nicola Manuppelli)