In questo “secolo superbo e sciocco delle magnifiche sorti e progressive”, che non è solo quello del genio di Recanati, ma proprio il nostro, in cui ci scontriamo tra ego ipertrofici, voglio segnalare il poemetto ” Scisma” di una voce fuori dal coro, di una irregolare.
Sto parlando di Ilaria Palomba, poetessa, scrittrice e studiosa di Filosofia.
Già navigata nel mondo della letteratura, vincitrice del Premio Carver e Nabokov, è nuovamente uscita nelle librerie a settembre 2024 per i tipi de Les Flaneurs con l’opera “Scisma” in cui, a fronte di una manifesta deriva dei valori e di un Nichilismo strisciante, si recede in se ipsam nella consapevolezza umana, troppo umana, che siamo frammenti dell’universo, ” docili fibre” che annaspiano nel mare infecondo dell’agra vita.
Ilaria Palomba punta dritto alla disamina del cuore umano, di” questo guazzabuglio che è la nostra interiorità verseggiando sui 179 giorni trascorsi in ospedale dopo quel giorno nefasto del tentato suicidio. Giovane donna talentuosa e ardimentosa non cavalca l’onda del facile e abusato cliché del binomio morte/ rinascita. Nulla alla Peter Cameron di” Un giorno questo dolore ti sarà utile” non ” da questo dolore nasceranno farfalle libere” alla Alda Merini., ma analisi disincantata e autentica di quello ” scisma” all” interno delle proprie sinapsi e nella relazione corpo/ mente, tra la res cogitans e la res extensa di Cartesio.
La copertina bianca con i rilievo un cervello diviso allude alla devastazione interiore. Risalire la china non è facile, perché secondo me è pura retorica dire che dalle crepe entra la luce: a volte, a me e credo anche a Ilaria pare che questa lunga notte non debba mai finire. La notte con i suoi tormenti e le sue scissioni è ricorrente nel poemetto, Si crolla in un attimo, ma l’anabasi?. Di questo si parla: di un tentativo umano e letterario di ricomporre i pezzi dell’identità divisa, del corpo infranto, dell’ anima che geme. Non ci si suicida solo per amore, perché uno ci rifiuta, ma perché ci sentiamo respinti dall’intero universo. Il tentato suicidio fa implodere la poetessa: si genera un ante rem e post rem Anche questo è scisma. Ne ho conosciuti e ne conosco di scismi interiori. E sono di dolore lancinante. Questo affanno psicologico è tragicamente e liricamente rappresentato nell”‘opera accanto a quell fisico. Si potrebbe dire che si è rotta la grande macchina dell’ Io. Ora la palla viene rimbalzata alla parola che cura, quella dell’amato genio Lacan, del logos. La parola ha questo potere salvifico: questa ricuce e ritesse, sutura la ferite in un ininterrotto dialogo analitico con il proprio Se Desiderio di conoscere le ragioni più profonde della vita interiore, un nosce te ipsum guida la ricerca di Ilaria, in una mai paga sete di conoscere se stessa e il mondo. La parola letteraria di Ilaria, molto ricercata e forbita con callidae iuncturae e allusioni letterarie e filosofiche è la via a cui bisogna ritornare per maieuticamente portare alla luce il vissuto di dolore che lacera e ricompone, affanna e consola. Il mio plauso va a questa ultima fatica, a cui bisogna accostarsi con orecchio e occhio tesi a comprendere la fatica della ritessitura di una vita che ha subito una brusca frattura. Nessun autocompiacimento ma onesto lavoro di ascolto del proprio inconscio. Opera pregevole di indagine poetica che sta facendo parlare di sé e ancora lo farà. Siamo frammenti dell’ universo e la nostra morte personale non spareggera’ la sorte dell’ intero cosmo. Granelli di sabbia che la poesie eleva.
Giovanna Albi
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Giorno …
Lei ha il dono delle rondini,
lui avvinto al volo raggela.
Lei conosce tutti i pozzi,
lui la insegue nella zona.
Lei dice lasciami cadere,
lui l’afferra e si volta.
Sono la tua lingua,
misura di un nome.
Nell’altra diffrazione,
non temere l’avversario.
***
Giorno 58
Molti li chiamammo fratelli
e furono armati a fuoco
e molti li chiamammo amanti
e furono rivali.
La solitudine nei muri,
le orchidee.
Come s’infrange
il fuggitivo nella
planimetria del genio.
Forse sono capace
di amare soltanto
i morenti, le stelle
di nessuno inarcate
a precipizio verso il mare.
*
Giorno 64
Fino a che punto sei disposto a scendere,
dentro quale cielo. La scelta ha un prezzo.
È rimasto l’ardore immacolato, la vita ipotetica.
Al culmine del grido l’attesa del tempo,
non dartene più.
Sai che il marmo si spacca sempre
al rovescio,
e la notte ha il suono di una lacrima.