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Immaginare.

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Il primo impatto è stato un incontro di sguardi. Lui l’aveva notata da poco e, con una banalissima scusa, l’aveva approcciata appena rimasta sola. Non disse nulla di più di una banale frase relativa al suo tesserino da consegnare ma si accorse che i suoi occhi curiosavano tanto quanto i suoi e questo lo incoraggiò nei giorni seguenti. Tutte le volte che la scopriva da sola al corso di aggiornamento trovava un pretesto per scambiare due chiacchiere. Si metteva la camicia più carina, cercava di guidare ogni gesto per dare il meglio di sé. Oltretutto non solo l’aveva colpito la sua bellezza, oggettivamente incontestabile: gli piaceva la sua voce, le parole che sceglieva con cura, i suoi gesti, il suo immaginare e pure la sua intelligenza. Finito il corso fu lei a cercarlo attraverso internet. Ad ogni messaggio aumentava la curiosità di conoscersi, di scambiare esperienze di vita e anche la recondita possibilità di incontrarsi di nuovo. Cosa che puntualmente accadde. Quasi per gioco lei tesse una tela per invitarlo nella sua città; lui sapeva che non era single ed infatti capì dopo qualche istante che il suo fidanzato era partito per lavoro. Il pretesto era una cena al ristorante: per lei era anche un modo per ringraziarlo dei tanti file musicali ricevuti, una sequenza studiata all’infinito con l’obiettivo di conquistarla. Partì in auto di martedì e, non appena arrivato dopo diversi chilometri, la vide nel luogo scelto per l’appuntamento. Ne seguì un pranzo frugale in un piccolo locale all’aperto condito da una lunga chiacchierata in auto: lei raccontava tutta la sua vita con un entusiasmo e una curiosità infinita sulle reazioni, le espressioni e le risposte che lui, di volta in volta, regalava con un sorriso. Sul lettore dei cd, in sottofondo, “The Boho Dance” di Joni Mitchell: ogni volta che sentiva il suono dei fiati lei ascoltava concentrata, cercando di capire cosa intendesse lui a proposito di “suoni sospesi”. La conversazione ebbe un upgrade soprattutto sulla svolta nel lavoro: entrambi avevano abbandonato la sicurezza economica per una passione da inseguire e questo punto sembrava legarli a doppio filo. La cosa più divertente era la capacità di lui di entrarle nei pensieri, indovinando qualche secondo prima il contenuto delle sue parole. La sera lei scelse un ristorante alla moda, parlarono di qualunque cosa con estrema spontaneità e, non appena il vino rosso iniziò a riscaldare la conversazione lui iniziò a parlare di sesso raccontando una serie di cose confidate da alcune sue amiche. Lo step successivo fu andare a casa di lei. Si accomodarono su un divano e, mentre sentivano la colonna sonora delle loro chattate, si rilassarono. Lui aveva un unico obiettivo: distruggere la sua corazza, senza fretta e senza essere invasivo. Cosa che gli riuscì. Come un gatto lei si abbandonò timidamente con la testa sul suo corpo aggrovigliato sul divano. Lui le prese le mani e la accarezzò. Sentiva che non l’avrebbe baciata quella sera, le voleva entrare nell’anima più che nel corpo. Fumarono una quantità infinita di sigarette, parlarono a lungo mentre lui le accarezzava il viso e i capelli. Soprattutto la guardava negli occhi, il VERO motore della sua bellezza. Alle cinque di mattina bisognava decidere il da fare: lei propose di utilizzare il divano per dormire (da solo, sottinteso); lui, complice il vino, propose il letto. Fu la molla per far scattare la saracinesca: “è meglio che torni in albergo” gli disse. Senza neppure proferire parola lui si avvicinò alla porta, la aprì e se andò senza salutare. La mattina dopo lei lo chiamò per scusarsi della freddezza; poco dopo si trovarono in un luogo baciato dal sole. Lei arrivò trafelata e lui senza nemmeno salutarla le avvicinò le cuffie del suo iPod; con un brano di Carly Simon, “Holding Me Tonight” si appoggiò alla ringhiera del ponte e puntò il suo sguardo verso l’orizzonte. La canzone era dolcissima, “tienimi stanotte, abbracciami”; lei sentì il bisogno di accarezzare le mani di lui, sciogliendo almeno in parte l’incazzatura derivante dalla sera prima. Lui le disse: “non voglio baciarti perché so già quel che succederebbe subito dopo”. “È troppo pericoloso”, aggiunse. Si salutarono prima della partenza. Il giorno dopo lei si accorse di avere la febbre: niente lavoro, era rimasta a casa. La trovò in chat: “Mi sono accorta stamattina che avevo una camminata diversa, più sicura. Tu non hai idea della forza che hai dentro, della forza che mi trasmetti”. Era come ottenere la prima medaglia al petto di questa strange relationship. Da quel momento lui trovò mille eventi per poter creare l’occasione di rivedersi: concerti, film in anteprima, dj set, show e amenità varie. Dopo una settimana e un’altra ancora, in cui lei, a parole, si diceva entusiasta delle varie proposte, era chiaro che nei fatti non succedeva nulla. E per un mese non successe più niente se per niente si intende una serie di libri letti a vari chilometri di distanza all’unisono, lunghe sessioni di chat e diverse telefonate senza filtri. La sorpresa arrivò da lei: organizzò una gita in una nota città d’arte, il pretesto era un reading letterario. Lui partì all’alba in auto spingendo l’accelleratore al massimo; inserì la destinazione sul navigatore e un ciddì di Sting nel lettore. Dopo aver skippato alcuni pezzi approdò a “Heavy Cloud No Rain”. Non che gli piacesse particolarmente il brano – musicalmente – piuttosto era divertente il testo: “nuvole pesanti ma niente pioggia”, una sottile metafora che inviò con un sms per scherzare su un bacio che stavolta doveva arrivare. Quasi come il titolo della canzone dei Radiohead “High And Dry”, “non lasciarmi a bocca asciutta”; ormai ogni canzone era un pretesto per ironizzare su questo bacio sospeso. Giunse tutto contento alla stazione ferroviaria, alla vista del treno in arrivo iniziò a osservare in modalità zapping ogni passeggero in attesa di riconoscerla. Aveva il cuore accelerato nei suoi battiti e una sana euforia. E poi, d’un tratto, la vide. Sorridente. Lo considerò un segnale da non sottovalutare. Aspettò con calma il deflusso dei passeggeri e la prese con un abbraccio fortissimo, facendola quasi volare. Un abbraccio ricambiato, la gioia sprizzava dai pori. Salirono in auto e iniziarono una lunga chiacchierata interrotta saltuariamente ogni qualvolta lei riconosceva una canzone: le aveva preparato una playlist esclusivamente a base di classici italiani d’annata e qualche brano romantico più recente. In circa un’oretta tra la stazione e il luogo del reading si alternarono Luigi Tenco (“Ah l’amore, l’amore”), Bruno Martino (“Estate”), Lucio Battisti (“Due Mondi”), Paolo Conte (“Via con me”). Quest’ultimo pezzo la colpì in modo particolare: disse che il testo era un modo meraviglioso ed originale di raccontare una storia d’amore, conosceva ogni sillaba. Poco prima di arrivare a destinazione lui fece finta di ascoltare per sbaglio una canzoncina d’amore, “Dolcissimo amore” di Irene Grandi. Attese la sua reazione che non tardò ad arrivare: alzò il volume a palla e iniziò a cantarla. Lui disse che l’aveva scelta per quel frammento di testo: “dolcissimo cuore che batte nella notte, voli sulle case, a un passo da me”; lei annuì con un sorriso dicendo che era quello che sentiva ogni volta che ascoltava un brano conosciuto grazie a lui. Fu davvero un’impresa trovare un parcheggio nella piccola città d’arte. Una volta fuori dall’autoveicolo iniziarono a camminare raccontandosi la loro vita, scendendo in profondità e ridendo continuamente. Ed ecco la prima sorpresa: lei volle entrare in un piccolo parco, proprio nei pressi del luogo da raggiungere. Lui si sentiva imbarazzato, gli sembrava “doveroso” prenderla tra le braccia in quel contesto. Questa sensazione bastò ad evitare qualunque approccio. Arrivarono puntuali al luogo del reading ma si fermarono appena fuori, su una panchina, a chiacchierare. C’era una strana eccitazione nell’essere aper
ti e disponibili, ognuno intento a tirare fuori il meglio di sé. L’attrazione reciproca era palpabile, quasi visibile. Pranzarono in una graziosa locanda tra spaghetti, vino di qualità e sguardi complici: la diga stava per rompersi. Lei si lasciò sfuggire una frase sulla sua relazione in corso: “non sopportò più come mangia, il rumore che fa, mi irrita pesantemente”. Era la classica situazione da sfruttare: è quello il preciso momento in cui un maschio capisce che una donna è pronta a saltare da un ramo all’altro. Questa volta fu lui a chiederle di tornare al parco – subito dopo il reading – e questa volta aveva voglia di baciarla. Lei si stese in un piccolo prato fiorito, lui le appoggiò timidamente la testa sullo stomaco. Lo accarezzò con estrema delicatezza sin quando lui si accorse della presenza di un piccolo ragnetto: non dava alcun fastidio, si limitarono a guardarlo incuriositi. Convinto che per un maschio è sempre meglio prendere l’iniziativa piuttosto che avere rimpianti si avvicinò alle sue labbra e, approfittando di un momento di malinconia e delle sue lacrime da asciugare – si era appena sfogata parlando dei suoi problemi – la baciò. Non durò a lungo poiché subito dopo lei iniziò ad elencare una serie di motivi per i quali era meglio non continuare. Lui si rialzò poco dopo di lei, la abbracciò da dietro le spalle ed infilò la sua mano destra tra il secondo e terzo bottone del suo grazioso cappottino e comprese che il gesto era apprezzato. Camminarono abbracciati; lei prese la mano destra e se la portò sulla sua spalla, a tratti appoggiando la testa su di lui. Lei aprì davvero il suo cuore, convinta di poterlo finalmente fare; disse che qualcuno le aveva fatto un piano astrale: si evinceva che gli uomini cercano in lei l’affetto dei propri cari perduti. A margine di quella frase ad effetto lui scorse in un corso d’acqua delle piccole stelline. Si ricordò che un suo amico aveva postato su facebook quell’immagine universale con il nome di “ognidove”. Ogni volta che sentiva la benedizione dall’alto apparivano le piccole stelle luccicanti: bastava una pozzanghera, un riflesso di luce su un marciapiede di Milano o in un lago di montagna. Qualche istante dopo lei chiese di tornare al parcheggio. In quel luogo era successo qualcosa di miracoloso: avevano incontrato un uomo anziano che, con garbo e istintiva gentilezza, aveva offerto il suo posto auto. Lui decifrò quel gesto come un segnale che le forze superiori benedivano il loro flirt. Una volta davanti all’automobile le regalò un piccolo presente, niente di veramente prezioso ma un dono che lasciava trapelare una scelta ben precisa pensata appositamente per lei. Poco dopo aver scartato il pacchettino lui – come i giocatori incalliti della roulette che puntano tutto su un numero o un colore – decise che era il momento giusto per osare. Le appoggiò le cuffie del suo iPod sulle orecchie e fece partire “I Was Brought To My Senses” di Sting. Lei conosceva solamente la versione Steve Lipson remix e non quella originale dell’album. In questa versione, prima che il pezzo partisse, c’era un salmodiare dell’ex Police con un testo che parlava di come ogni sensazione fosse vissuta per la prima volta, con i sensi accesi e la consapevolezza di capire veramente ogni cosa che ti circonda, intensamente. E un finale in cui immaginava due uccellini prendere il volo: “In loro ho visto te e me”. Poco prima che lei riconoscesse il brano lui fece con la mano il gesto di tre, due, uno, go!: la gioia era stampata sul suo viso, riconobbe la canzone e, sconvolta, prese la sua testa con un impeto e lo baciò senza riserve, questa volta un bacio lungo, appassionato. Lui era talmente concentrato che non si gustò neppure il bacio, non riuscì a sentire un grande trasporto. La gioia e la voglia di vivere quel momento tutto loro restò sospesa nell’aria. Alla stazione ferroviaria lui si sentiva euforico e si comportava come un fidanzato innamorato. Era un amore sottile, acerbo, delicato, che si sviluppava con una forza incredibile come un germoglio in mezzo al cemento. Quell’istante fu immortalato dal suo iPhone: una piccola piantina cresceva contro ogni forza avversa tra sassi e rotaie – proprio davanti a loro – illuminata da un timido raggio di sole. Lei gli disse che nel preciso momento del bacio si era accorta che il suo fidanzato la stava chiamando al cellulare. Eppure ignorò la chiamata. “Se il nostro dovere è riscaldare la terra noi obbediamo”, le disse guardandola negli occhi. “Come nel film di Bergman: gli amanti riflettono come in uno specchio la luce”. Lei disse solo una parola: “è l’amore che conta, solo l’amore, ora lo so”. (To be continued)

Playlist:
Joni Mitchell “The Boho dance”
Carly Simon “Holding Me tonight”
Sting “Heavy Cloud But No Rain”
Radiohead “High And Dry”
Luigi Tenco “Ah l’amore, l’amore”
Bruno Martino “Estate”
Lucio Battisti “Due Mondi”
Paolo Conte “Via con me”
Irene Grandi “Dolcissimo amore”
Sting “I Was Brought To My Senses”

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