É inutile mentire.
Alla fine ho cambiato scuola a mio figlio perché volevo per lui di più. E credo che sia un desiderio normale, anzi, doveroso. Volere di più, volere il meglio: volere il bene. E davanti agli occhi di un figlio, il bene non ha limiti e non é di certo barattabile con prese di posizione ideologiche di qualunque colore esse siano.
E quindi, bando alle ciance, ho cercato la scuola che pensavo più fosse in grado di rispondere alle esigenze ed alle domande di mio figlio.
D’altronde non si può essere liberi senza la conoscenza ed una cattiva istruzione é il corridoio che porta alle celle della prigione ed il cattivo maestro, il secondino che ci accompagna.
Ma non é questo il punto, ognuno faccia ciò che vuole, in fondo viviamo ancora in paesi che si dicono liberi.
Nel programma di questa scuola, oltre alle due ore settimanali di musica, é inserita un’ora curricolare di violino.
Adoro il violino, adoro quel suono straziato che piange ed urla vorticosamente. L’ho sempre amato. Ma é rimasto un amore lontano, che mi porta nei ricordi di un Paolo adolescente e sognante. Il violino era quell’urlo che sentivo dentro, era il desiderio incessante che la meraviglia, ricca della sua implicita drammaticità, mi avvolgesse. Sempre e per sempre.
Il violino viene consegnato direttamente nelle mani dell’alunno.
Era lunedì quando lo consegnarono a mio figlio, la sua prima lezione.
Tornato a casa era luminoso. Il tempo di lasciare le scarpe disordinate sul pavimento dell’ingresso e scappare in stanza con il suo strumento. La porta lasciata aperta.
Lo vidi seduto per terra aprire la custodia delicatamente ed, altrettanto delicatamente, estrarre lo strumento per agganciare il poggia spalla. Quindi, tenendo il violino con la mano sinistra, prendere l’archetto e farlo scorrere sulle corde. Su tutte e quattro, una alla volta.
Nemmeno uno stridio. Una sola ora e le corde già suonavano libere ed armoniche. I suoi occhi persi altrove, nel suono, nei sogni o chissà dove. In quel luogo sconfinato dove spesso son stato e dove voglio sempre tornare.
Ed ogni giorno lo vedo riaprire la custodia e suonare per qualche minuto. Lo vedo perdersi per poi ritornare. Quindi riporre lo strumento e tornare a giocare.
Guardarlo mi ha fatto tornare in mente un film che vidi vent’anni fa, Canone Inverso. Le labbra rosse e morbide della coprotagonista, le musiche di Morricone ed una frase che non ho mai dimenticato: “La musica è il nostro coltello, la nostra spada per conquistare il mondo!”.
Il mondo degli uomini fa schifo.
Di questi tempi é talmente evidente che dirlo non sembra nemmeno più una eresia. Basta un pretesto ideologico per rendere l’essere umano capace delle più grandi barbarie e mostruosità. In fondo crivellare di colpi una famiglia in fuga dalla guerra é solo l’atra faccia della medaglia di colui che crede a priori di essere nel giusto proclamandosi tale.
“Chi tra voi é senza peccato scagli la prima pietra”. E le pietre furono scagliate generosamente.
In uno svariato numero di modi, alcuni talmente evidenti da non poter passare inosservati ed altri, forse i più, subdoli.
Davanti alla desolazione di una terra nera bruciata dai bombardamenti, protagonisti talvolta incoscienti (ma non per questo innocenti) della solitudine che una società che vive dinanzi ad uno schermo genera, l’unica vera arma che abbiamo per riconquistare il mondo e riconquistare il cuore della gente é la musica. Quella musica che può permeare l’anima tramite il sentimento.
Lacrimosa, che l’abbia scritta Mozart, Süssmayr, o chi che sia.
Quindi in alto le spade! Che siano esse archetti, plettri, pennelli o penne a sfera. In alto le spade! Anche se queste fossero solo le dita che si muovono veloci o sincopate sulla tastiera di un computer o sui tasti bianchi e neri di un pianoforte stonato.
Paolo Maggis