Come è facile perdersi tra questi sette racconti raccolti in queste pagine, in cui ogni personaggio è un’anima errante in cerca di un “assoluto” nel quale trovare riparo. Si corre sul filo della “tragedia”; una tragedia che non ha inizio con un evento violento, ma che comincia da una confessione pacifica, che sgorga spontaneamente e improvvisamente dalla coscienza di questi uomini e di queste donne.
Attraverso la discesa negli abissi della coscienza, una passeggiata può quindi trasformarsi in un viaggio nei ricordi, durante cui si annusano i profumi della giovinezza o in cui l’anima si rallegra davanti a quei colori stagionali che riportano ai lieti giorni dei primi amori. Per Bachmann i ricordi sono tutto, stanno oltre il tempo, e servono per fare i conti con il presente o per estraniarsi da esso. Sul più bello, in ogni racconto, appare la guerra, quella cosa odiosa con cui i tedeschi e gli austriaci non hanno mai fatto i conti. Pertanto, tra queste pagine, si toccano pienamente il trauma di una sconfitta mai metabolizzata e il senso di colpa per un conflitto mondiale con il quale i germani non vogliono confrontarsi. Temi, questi, trattati con estrema lucidità nel racconto Tra pazzi e assassini.
E che dire del perenne vagabondaggio del protagonista de Il trentesimo anno, che dà il titolo al libro e che racchiude il tema che lega i sette racconti. Ecco un altro fuggiasco che nessuno sta braccando, che non riesce a ricordare, ma che ha bisogno di scappare via, di esplorare, di cercare, come se questo andare per il mondo sia l’unico modo per riappropriarsi di se stesso. E in questa folle corsa, in cui si fugge da qualcosa che ancora fa male, si insidia la follia.
In questi racconti la follia non è una condizione antisociale, ma una caratteristica innata dell’uomo, grazie alla quale l’essenza si manifesta. In ciò, Bachmann è simile a Bernhard. Nei personaggi in cui la follia prende il sopravvento, si alimenta un linguaggio di denuncia e di smascheramento della realtà. Realtà che, spesso e volentieri, appare come un comodo inganno sorretto da un tacito patto stretto dai protagonisti. Pertanto, nel non-detto o nel non-io si nasconde la verità. Verità che non conincide con la realtà. Tali elementi li possiamo cogliere nei racconti: A un passo da Gomorra; Un Wildermuth; Odina se ne va, in cui si trattano altri due temi cardine di questa raccolta, ossia, l’amore e la giustizia.
Ma c’è un elemento che cattura più di tutti, la scrittura. Le parole della Bachmann scivolano nel cuore. Un flusso di coscienza in cui ogni cosa annega, una lucida rappresentazione che violenta i sensi, un linguaggio aulico che rapisce il lettore; registri diversi che la scrittrice austriaca usa a piacimento, perché il suo obiettivo è proprio quello di raggiungere un luogo “assoluto” e “tragico”, dove l’anima si rigenera.