Da vent’anni riappiccico pezzi. Ho a che fare con “resti”. E li resuscito. Da ” lì “, solitamente, mi giungono uno alla volta … smembrati, viziati da traumi o convinzioni contundenti. Mi tocca assemblarli. Altrimenti risulterebbero inservibili. Perfino alla morte. Certifico lo scempio e ne vivifico le parti guaste. Li cucio e ne pompo le pupille; lì tonifico o li detergo a seconda del danno irrimediabile. Li svuoto, ove si rendesse necessario. Ne riempio i visceri, all’occorrenza. Sto lì a disossare frantumi di concetti. Ne macello il cattivo gusto. Ne sgravo la contabilità eccedente. Comunque la si volesse discutere, la mia materia gli risulta sempre conveniente. Una passata di rimmel ed uno strato di cerone ne riduce alterigia e boria. Sottraggo la frode, li compio e, al termine dell’opera, li restituisco a quel genere di gloria immanente. Dalle 8 di sera lavoro per la vita dei Morti. Per la ricomposizione dell’estinto risultano sufficienti una foto recente ed alcune sommarie informazioni prima dell’irreversibile commiato.
Il resto è affar mio. Tocca alle mie mani … e li faccio che sognano. Mi piace renderli … vivi. Ne scarto i pezzi irrisolvibili e riordino l’indifferibile questione. Li lavo e li sciacquo, depurandone i tormenti. Intuito l’inganno, non dovrebbe essere l’ira, ma il fascino dell’urto, si sa, è il veleno prediletto da millenni. Quando mi arrivano, li corrode ancora il livore. È questa la parte che compete alle mie mani. Allevio le vendette del lutto. E li adatto a Dio. In questi giorni ne hanno scaricati così tanti da riempire i magazzini. Un virus, dicono. A me poco importa. E di certo non adatto le mie competenze alle finanze del problema. I miei affari non riguardano gli umori emotivi delle parti in gioco. Ai morti occorre più che un sodalizio teatrale: la continuità, semmai, è dei batteri e ai gas post mortem l’unica esultanza plateale. La mia non è un’arte di poco conto. Sono un professionista serio. Di mattina, al contenzioso, governo mosche; alla sera, in obitorio, disputo con blatte e batteri i resti dei Morti. Dalle 07, tra ingombri e procedure, esercito l’autorevolezza dello Stato, dalle 20 punto zero riformulo le tecniche antiche della pietà. Nel contenitore di plastica differenzio sentimenti e insufficiente arroganza. In quello blu, gli inservibili resti … i miei preferiti. Con zelo e alto senso del dovere restauro cadaveri. Alla fine, valutando i limiti etici del dissenso, separo il danno dalle conseguenze del disprezzo. A turno, da stasera, è uno di quei politici. Un sermonista impareggiabile, a quanto risulta dalle cronache. Ma nel “lettino” tutti sono pari alle evenienze del mio buon garbo.
“Qui”, al potere non concedo alcun compenso, a parte quel nome nudo che ricavo dall’ultimo incenso dell’estinto. Io e lui, il mio cadavere a turno, ci risolveremo per le “ragioni illimitate”. Imprescindibili. Parti di un corpo e metà di un tutto.
Vito Benicio Zingales