Sei un poliedrico agitatore culturale: editore, libraio e scrittore. Come ti organizzi, ogni giorno, per riuscire a tenere assieme queste tre grandi passioni?
La libreria Tic – Libri e cose fantastiche nasce come costola di Tic Edizioni. Da quando a novembre (2022) abbiamo aperto in piazza di San Cosimato (a Trastevere) l’impegno per la libreria è cresciuto molto (è anche attiva, non tutti i giorni, Tic in via Agostino Bertani, dove ci sono soprattutto libri d’occasione); inoltre sotto Tic – Libri e cose fantastiche c’è OFF/, uno spazio per momenti di incontro. Da quando mi sveglio fino a quando vado a dormire (ma confesso di fare spesso sogni editoriali e libreschi) penso a Tic sia come editore che come libraio. Per quanto riguarda la scrittura, è una passione che coltivo da quando ho sette anni. Certamente le dedico molto meno tempo, ma se vedo il fatidico bagliore in fondo al lungo corridoio della quotidianità, allora arriva il momento di mettersi a scrivere e in quel caso è necessario programmare la sveglia prima del solito.
Nel tuo ultimo romanzo hai immaginato una storia a tratti distopica, a tratti horror: da quale immaginario hai attinto le suggestioni utili per ideare e scrivere questa storia?
Trilogia della città di K. della Kristoff, Il castello di Kafka, Gli uccelli di Hitchcock: queste sono sicuramente tre opere che mi hanno ispirato; e poi The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra, film che non ha certo lasciato il segno nella storia del cinema, ma la cui storia (la leggenda metropolitana dell’uomo-falena) mi aveva intrigato.
Ammesso che esista – concretamente – una definizione utile di confine narratologico, qual è quello che da scrittore preferisci oltrepassare quando narri una storia?
Non saprei. Quando scrivo entro come in una grotta che diventa sempre più stretta; per proseguire il cammino devo chinare io stesso la testa e non so di preciso dove andrò e cosa troverò.
Nel ruolo di scrittore, quali sono i tre autori classici da cui non vorresti mai separarti? E invece da editore quali sono gli autori contemporanei viventi a cui non rinunceresti per nulla al mondo?
Kafka, Bernhard, Bolaño. Tra i contemporanei Houellebecq (ma fino a La possibilità di un’isola) e Trevisan che purtroppo è mancato recentemente. Solitamente mi piace pensare più ai libri che agli autori. Sono indimenticabili per me Il serpente di Malerba, Vogliamo tutto e I furiosi di Balestrini, Memorie di un rivoluzionario timido di Bordini, Centuria di Manganelli, Il male oscuro di Berto, Dissipatio H.G. e Roma senza papa di Morselli; tra le raccolte di racconti Cattedrale di Carver e Racconti di demonologia di Moody.
Che legame hai con il cinema e i fumetti? E quali sono i tuoi autori preferiti di questi due medium narrativi?
Ho una prima fase della mia vita di cinecontorsionista che termina con la visione di Rosetta dei fratelli Dardenne al Nuovo Sacher; da lì in poi il mio legame con il cinema si è fatto, credo, molto più profondo.
I miei autori preferiti sono Rohmer e Hitchcock. Tra i contemporanei: Paul Thomas Anderson. Ci sono film che mi piace rivedere ogni tanto: Il sorpasso, Scarface, Vertigo e Racconto d’estate (ma Rohmer lo rivedo quasi tutto ciclicamente). Come lettore di fumetti sono cresciuto in una mite atmosfera bonelliana: ero un avido lettore di Mister No. Tra gli autori recenti mi piace moltissimo Jim Woodring autore degli strepitosi silent Fran e Il congresso degli animali.
Ogni scrittore immagina un lettore ideale. Ogni editore pensa di conoscere i propri lettori e potenziali acquirenti di libri. O forse no. Da editore, secondo te, quanta capacità imprenditoriale serve per restare in piedi nel complesso mercato italiano? E ancora: quanto il tuo essere un autore che scrive storie ti è d’aiuto per stare vicino agli autori che pubblichi?
Con Tic lavoriamo sempre in un modo molto lineare. Quando c’è qualcosa che ci attira ragioniamo se può aver senso una pubblicazione (sia che si tratti di un libro o di un prodotto). Abbiamo anche qualche amico Tic a cui chiediamo consigli. Non pensiamo più di tanto a potenziali acquirenti immaginari, ma ragioniamo come se fossimo noi stessi lettori e clienti. La formula quindi è semplice: se piace a noi (e non è una cosa proibitiva per le casse Tic…) non possiamo tirarci indietro! Per quanto riguarda la seconda domanda, credo che ogni libro che abbiamo pubblicato abbia tutta una sua storia e sia un mondo a sé; sicuramente in alcuni casi può essermi stato utile.
Come impieghi il tempo quotidiano dedicato alla scrittura delle tue storie?
Se decido di lavorare a qualcosa cerco di dedicare parte della mattina (presto) e poi magari alla sera rileggo. Spesso l’estate può essere un buon periodo.
Quale libro non pubblicheresti mai?
Vita segreta della formica Orlando Blemstaimer di Jeremy Dancan Jr. È un libro meraviglioso, ma i costi di traduzione e di stampa sono troppo alti per noi.
Stai lavorando a un nuovo romanzo? Se sì, ti andrebbe di anticiparci qualcosa sulla storia?
Non so se sarà mai un romanzo, ma da un po’ di tempo ho questa idea di una storia ambientata al mare durante un’estate caldissima, ma anche in una cantina umida, piena di lumache che strisciano su una parete verso una minuscola finestra da dove filtra una luce di fine agosto.
Hai una mitica cagnolina, Mimì, che è protagonista di alcuni libri che pubblichi e di molte illustrazioni comiche a tema. Nel tuo ruolo di editore come hai avuto questa brillante idea di raccontare la vita quotidiana con Mimì?
La serie der cane è nata in modo molto naturale: grazie a Mimì, fonte continua di ispirazione e a Enrico Pantani che con il suo tratto unico e riconoscibilissimo è riuscito a renderla iconica. Il fatto è che quando Mimì è atterrata come un meteorite (bellissimo) nella mia vita, i miei amici qui a Roma la chiamavano “er cane” e io ogni volta correggevo dicendo “è una cagnolina!”. Alla fine ho ceduto alla romanità che può travolgerti completamente e così, un po’ per scherzo, mi sono messo a scrivere brevi frasi su facebook con “er cane” come protagonista; poi è arrivato l’incontro con Pantani e all’inizio l’idea di pubblicare qualche magnete per gli amici. Certo non avrei mai pensato che tutto questo si sarebbe trasformato nell’epopea der cane.
Molti librai indipendenti italiani si sono affezionati ai libri Tic Edizioni. Tu, da editore e da lettore, che rapporto hai con i librai indipendenti?
Mi piace avere un rapporto umano e diretto. Conosco molti librai di persona e con loro si è instaurato ormai un rapporto di amicizia e affetto. Spesso qui a Roma faccio le consegne direttamente proprio per poter fare quattro chiacchiere con vecchi amici e colleghi.
Ti sei mai finto cliente di una libreria per comprare una calamita o un libro Tic Edizioni? Se sì, ti hanno riconosciuto i commessi?
Forse in un’epoca ormai medievale devo averlo fatto a una Feltrinelli o alla libreria Borri Books di Termini, ma ho solo chiesto informazioni.
Hai mai pensato di andare in giro per le scuole a narrare la tua vita da editore? Trovi che sia una pratica utile per stimolare la voglia di leggere nelle nuove generazioni?
Sì, anche se non l’ho mai fatto. Credo che possa essere utile per stimolare una certa curiosità.
Qual è il primo romanzo che hai letto da ragazzo?
Credo I ragazzi della via Pal, anche se ricordo vividamente la lettura dei racconti di Poe.
Di cosa parla il primo racconto – in assoluto – che hai scritto?
Un semaforo che per aiutare un lavavetri decide di essere rosso per più tempo.
Vuoi dire qualcosa ai lettori che scelgono le tue creazioni editoriali? E qualcosa ai lettori dei libri che scrivi in quanto narratore?
Visto che con Tic abbiamo deciso di non elogiare i nostri libri in quarta di copertina (ci fa pensare a quei genitori che definiscono i propri figli dei geni), preferirei non dire nulla; stessa cosa per quanto riguarda i miei libri. Se proprio non posso stare zitto, allora direi la frase che di solito è scritta all’ingresso della libreria: entrare per credere.
Mario Schiavone