In vista dell’uscita del suo prossimo libro – Eclisse del Dio unico – fissata da il Saggiatore per il mese di febbraio 2012 – Ferruccio Parazzoli (che ha recentemente pubblicato Altare della patria, sempre dal Saggiatore) ha regalato a Satisfiction un’anteprima assoluta della sua ultima fatica – che pubblichiamo tra gli “Inediti” – e una breve ma “densa” conversazione.
Paolo Melissi
A febbraio è annunciata l’uscita per il Saggiatore del suo Eclisse del Dio unico. Cosa lo discosta dal libro recentemente pubblicato?
Altare della patria, di recente uscito presso il Saggiatore, riprende e completa Adesso viene la notte pubblicato da Mondadori nel 2008, trentennale della morte di Aldo Moro assassinato dalle Brigate Rosse, e al quale Altare della patria è dedicato riconoscendone la grandezza di uomo politico vittima della violenza e dell’indifferenza, per il bene della patria. La copertina del libro porta la dicitura “romanzo” ma né Altare della patria è un romanzo né Eclisse del dio unico, in uscita presso il Saggiatore a fine febbraio, potrà essere definito un “saggio”. Infatti il primo è un ‘dramma romanzato’, così come vengono catalogate alcune opere di Shakespeare, e il secondo è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, il dramma, tra il sublime e l’abisso, del Vecchio Dio caduto dietro le quinte. E’, da parte mia, il rifiuto del ‘pensiero ordinato’, del linguaggio debole frutto dell’odierno nichilismo di massa. La mareggiata dei romanzi ben congegnati e dei saggi saldamente costruiti, di cui traboccano le librerie, mi muove a sazietà.
Come giudica l’attuale panorama letterario italiano? Cosa sta accadendo di davvero interessante oltre i fenomeni editoriali costruiti ad hoc?
Non lo giudico affatto. Perché dovrei? Faccio il mio lavoro di scrittore e di consulente editoriale, e basta. Due funzioni contrastanti, si dirà. Ma non è vero. L’attuale, generale, ma non senza eccezioni, cinismo editoriale credo nasca proprio dalla mancanza di creatività di chi lo esercita. Lo scrittore è sempre un po’ sciamano; è forse un po’ di sciamanesimo quello che manca al panorama letterario italiano, sia in campo editoriale che in quello della scrittura. Quanto stia accadendo di davvero interessante? Tutto.
Ma ci saranno dei libri di recente uscita che ha apprezzato…
Quando, per anni, ho tenuto una scuola di scrittura creativa, consigliavo ai miei allievi di non leggere romanzi usciti negli ultimi dieci anni, compresi i miei. E’ difficile entusiasmarsi per un libro fresco di stampa che ha, come appiccicato, l’invisibile interrogativo dell’editore: di questo quanti ne vendo? Oggi un libro per trovare il proprio senso e valore deve uscire dalle librerie, non trovarsi più in giro. Cosa per cui non occorre avere molta pazienza. Quasi tutti i miei libri, ad esempio, sono oggi introvabili e questo mi riempie di soddisfazione .
Qual è l’aspetto dell’essere scrittori oggi in Italia le crea più problemi?
La progressiva apparente mancanza di senso.
Crede in un futuro digitale per l’editoria italiana?
Si, inevitabile. Chi li tratterrà mai, una volta venuto di moda, quegli intronati scorridori di display dal fare scorrere il polpastrello perfino su delle pagine scritte, pallidi ectoplasmi di quello che fu l’arte, il pensiero, la passione, la vita, dei loro autori?
Dobbiamo rimpiangere per sempre figure come quella di Bianciardi, di Fusco o di Pasolini, intese come in grado di non essere funzionali a un “sistema”?
No, non dobbiamo rimpiangere niente e nessuno. Ognuno, ogni cosa ha fatto il proprio tempo. L’onore delle armi, questo sì. Avere, con chi ci ha preceduto, un rapporto di amicizia e di familiarità che infonde coraggio. Nei miei scaffali, ad esempio, la prima fila di libri è disposta in modo che, quando è possibile, il volto dell’autore mi guardi. Così, girando per casa, sono costantemente in compagnia di Testori, Faulkner, Malcolm Lowry, Pasolini, Malaparte, Capote….
Sarebbe possibile oggi scrivere per lei una nuova opera sulla lunghezza d’onda della Trilogia di Piazzale Loreto?
La Trilogia di piazzale Loreto, finalmente uscita negli Oscar Mondadori in unico volume, mi riempie di soddisfazione e di gioia. E’ lecito, ogni tanto, per uno scrittore provare questi sentimenti per qualcosa che ha scritto. Non perché abbia scritto particolarmente bene quanto ha scritto, ma perché lo ha particolarmente amato. Così sono per me MM Rossa, L’evacuazione, Piazza bella piazza, i tre libri che compongono la Trilogia. Le strade, le case, i negozi, la gente, che formano il mosaico di immagini e di storie attorno a piazzale Loreto, sono la mia Macondo, la mia Alexanderplatz, la mia Yoknapatawpha. Vivono in molti miei libri, ma mai con l’intensità, il brulichio, la vita come nella Trilogia che credo sia per me un’opera irrepetibile: come irrepetibile è ogni giorno della nostra vita.