“Gli uomini perbene sono quasi sempre un intralcio per la società. Pagano le tasse, non alzano la voce, non accampano pretese. Sono insopportabili. Entrano in conflitto con qualunque necessità di trovare scorciatoie. Tagliano la strada ai veloci, ai pronti, ai furbi. Inquinano il mondo col veleno della sincerità e della chiarezza, non producono sviluppo né progresso. Ecco, mio zio Piero era sempre stato così. Un pacifico lavoratore che fra le tante cose non capiva un’acca della vita che facevo. Nè della musica che suonavo. Per lui valeva una passione musicale sola: Giorgio Gaber. Ma mi voleva bene (Tretrecinque)
Intro a Tretrecinque di Ivano Fossati, 416 pag. 18,50 Einaudi
Quando ho visto “tretrecinque” il libreria mi aveva colpito molto la foto della copertina. Il ponte è sempre una bella immagine. Non avevo fatto caso al nome dell’autore (anche se compare una fascetta gialla con la sua foto che difficilmente passa inosservata) . Tretrecinque è il primo romanzo di Ivano Fossati, sì il cantautore. Per cui invece di comprarlo con facilità, l’ho guardato con sospetto. Qui a Satisfiction vivo in totale libertà, e con buona pace dei miei amati e santi direttori “faccio un po’ quello che mi pare”, che non è un bene ma va bene così. . Non recensirei mai un libro che non mi lascia qualcosa o che in un qualche modo non riesca a trasmettere passioni. Posso scegliere. Ed è tutto.
Quello di Ivano Fossati inizialmente non fu acquistato per una stupida paura,e nel voler conservare quello che si conosce. Nel guardare il libro ho pensato che come scrittore mi avrebbe potuto deludere, non è mai detto che se un’ artista che riesce in un campo poi debba farlo altrettanto bene in un altro. Poi mi dicevo “come si può arrivare ai livelli passati” . Non l’ho comprato, ma la terza volta che sono andata in libreria l’ho fotografato , mandato la foto al mio direttore e scritto “voglio questo”. Poi ad un certo punto ho avuto proprio la smania di comprarlo e non ho atteso nemmeno che mi arrivasse . Preso, portato a casa e riguardato per un giorno intero credo. Sulla scrivania di casa nuova, stava lì, l’ho guardavo e come nel film di Nanni Moretti che sbraitava contro la pianta “perché non parli”? io guardavo il libro e dicevo “perché non canti”? perché se su quel libro c’è scritto Ivano Fossati non esce fuori musica? E alla fine invece di iniziarlo a leggere mi piazzavo ” E di nuovo cambio casa ” così pensavo mi verrà voglia di aprirlo. No, avevo sbagliato completamente tutti i passaggi. Non fatelo. Bisogna staccare invece la musica dal libro, sì anche cancellare in un qualche modo le note passate, fare il percorso inverso mentalmente. Così tretrecinque è stato divorato in poco tempo. La storia del protagonista Vittorio Vincenti, è la storia di ogni italiano, di quelli che vanno via dalla propria terra per ritrovare e riconoscere un senso di libertà che la provincia non può assicurarti o meglio che la famiglia in alcuni casi ti costringe a non assaporare. Credo che sia una dei libri meglio scritti che io abbia letto negli ultimi periodi. 410 pagine che fluiscono serenamente. La cosa forse che mi impressiona di più è la scioltezza nella scrittura da parte di Ivano Fossati, per come “passano” anche le sconfitte e le perdite del protagonista. Non vi aspettate il cantautore , dunque, superate questo limite perché con tretrecinque Ivano Fossati riesce a farlo. (ah sia inteso limite/cantautore perché ovviamente si intende come uscire fuori da un’etichetta) . Un protagonista attaccato ad un telefono, attaccato alle radici, ad una voce che poi si tramanda per generazione. Figlio,padre, zio, nipoti. Tutta una memoria che ricade e strapiomba in una serie di imperfezioni che sono il momemto migliore di Vittorio Vincenti. Avere venti anni e partire verso il mondo, desiderarlo attraverso una chitarra , appunto una Gibson tretrecinque , simbolo al quale Vittorio si aggrappa per dimostrare a se stesso e forse più alla sua famiglia, che c’è sempre una qualche forza/strumento che riesce a tenerci a galla. Bisogna esserne consapevoli. Una vita imperfetta quella di Vittorio, vissuta a modo suo. La bellezza nel libro è l’importanza che ha e prende la parola ricordo, come il ricordare non può staccarsi dal presente, mai dal passato e come ricordare sia un “ponte” con il quale ci si costruisce il futuro. La distanza non significa essere lontani da ciò che si è e da ciò che si ama. Ci sono uomini dove la passione non può spegnersi o morire, in Ivano Fossati scrittore, si è consapevolmente trasformata.
L’intervista a Ivano Fossati: Tre ore di sole e poi la grandine.
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– Passaggi&Passaggi: quando è avvenuto il passaggio dal Fossati cantautore a quello da scrittore?
“E’ stato circa un anno dopo che avevo smesso con i concerti , ed è stato del tutto inaspettato, non era una cosa alla quale avevo pensato , del tutto inaspettata davvero “
– E’ stato faticoso trovare un nuovo metodo di scrittura che non somigliasse a quello della “sua vita precedente ?
“Faticoso direi di no, però ho voluto e ho cercato di mantenere una certa distanza con il modo di scrivere che avevo avuto in passato (le canzoni) , non volevo che ci fosse continuità fra le due cose, però devo dire che è stato abbastanza facile. Il risultato che volevo ottenere era appunto quello di non somigliarmi troppo”.
– Per quale motivo Vittorio Vincenti decide di raccogliere la sua vita in un romanzo e vuole che questa sua vita sia in un qualche modo ricordata?
” Perché lui si rende conto che potrebbe anche dimenticarsela la sua vita all’età di 70anni,e quindi la vuole trasmette a suo figlio e a suo nipote, per i motivi che sappiamo, visto che dal romanzo si capisce che ha dei rapporti difficilissimi soprattutto con il figlio e allora per un piccolo salto di orgoglio cerca di ricostruire tutti i fatti della propria vita anche se è un uomo tutto sommato qualunque quindi sa che questa sua vita interesserà a tre persone soltanto: suo figlio suo nipote e lui stesso”
– Lui ricorda una provincia dalla quale è “scappato”, ma ricordando riesce a staccarsene?
” In realtà lui poi non ci riesce a staccarsi dalla provincia perché vive la vita scagliata nel mondo ma è tutta una vita di provincia dall’inizio alla fine. Lui i grandi avvenimenti non li sfiora mai, le grandi città non le vive mai, insomma è sempre ai margini “
– Perché tornare indietro è sinonimo di sconfitta o un atto di debolezza?
” Lo è per lui, il personaggio è fatto così, il solo pensiero di tornare in Italia sui suoi passi la sente come una sconfitta e infatti questo sentimento lo porta sempre più lontano e fa si che questo pensiero lo terrà lontano dal suo paese dal quale va via all’età di 20anni “
– Che storia è questa di Vittorio Vincenti in giro per il mondo?
” E’ in realtà una storia italiana, curiosamente è una storia italiana che si svolge all’estero, ma lo è profondamente italiana il vero nucleo del romanzo è la vicenda familiare di Vittorio Vincenti che comunque ha questi rapporti con il figlio con il padre , con la sua terra”.
– Come mai il protagonista ha una differente reazione davanti alla morte della madre che sembra meno importante di un tradimento subito?
” Quando è morta la madre era bambino e quando si è bambini si è pronti a tutti, non ci si poteva prepare. La morte della madre arriva addosso come un evento al quale non si può essere preparati.
Vittorio e il rapporto con le donne : ” Importante , importantissimo come deve essere in una storia, sono quattro le donne importanti della sua vita. E sono quelle che guidano gli eventi del romanzo, gli eventi della vita di Vittorio “
– Non si innamora, si lega.
“E’ innamorato solo della moglie americana e invece della prima ragazza , di Andreina che conosce a 18 anni, quella lui la sottovaluta, tanto è vero che poi si ricorderà sempre di lei. Un amore iniziale che in realtà è più importante di quello che Vittorio crede. Se lo ricorda sempre “
– Per essere un buon padre bisogna essere buoni figli?
” Sa di non essere stato un buon figlio ed ha un grande terrore di non essere un buon padre. Questo è un altro degli snodi importanti del romanzo, la paura che ha di ripetere lo stesso errore “
– Cosa pretendeva Vittorio Vincenti da suo padre?
” Non avrebbe preteso altro che riuscire ad affermare la sua libertà…lui avrebbe voluto studiare mentre il padre lo costringe ad andare alla scuola per elettricista .Questo è un primo scatto, questa è la molla, lo scatto che lo farà partire che gli farà la vita che poi farà . Il primo riscatto lui lo trova attraverso la musica, attraverso la chitarra e poi più tardi ci sarà questo riscatto migliore verso una vita spesa meglio”
– A 33 anni bisogna avere il coraggio, dice Vittorio Vincenti…ma oggi, bisogna andare via ?
“Penso che il coraggio non abbia una collocazione temporale , se uno ce l’ha meglio in qualunque momento in qualunque epoca . Oggi una ragazza o un ragazzo se hanno coraggio e soprattutto non hanno paura della distanza, muoversi è una chance in più che hanno . Non è andarsene, io sostituirei l’andarsene con il muoversi .Muoversi è una forma di intelligenza ,se uno lo può fare è bene che lo faccia”
– Ricordare il passato è già un atto di follia. L’unica felicità possibile è un presente:
” Questo è un paradosso che fa parte del personaggio Vittorio, in realtà il concetto stesso è discutibile”
– L’America è ancora vista come un sogno ?
” Credo che i tempi stiano cambiando. Credo che la mecca la gente la vede verso la Cina, verso Oriente verso certi stati del Medio Oriente,più ricchezza, gli uomini gli esseri umani vanno istintivamente verso le terre dove c’è ricchezza e la maggior ricchezza oggi è a Oriente. L’America lo e’ ancora ma meno di una volta.
– A livello musicale invece?
” E’ proprio qui che bisogna essere curiosi e aprire la mente . Della musica occidentale sappiamo praticamente tutto. Musicalmente l’Oriente non è povero per nulla anzi e ci sono solo novità da scoprire..E non sussiste nemmeno il problema della lingua, calcolando che gli italiani sono un popolo che ancora oggi non parla bene l’inglese e che per anni ha ascoltato musica anglosassone senza saperne il significato della musica .
Letture in questo questo periodo’ ” leggevo moltissime cose in particolare gli scrittori inglesi , uno su tutti Jonathan Coe .
Passioni giovanili e letterure : ” Tantissime da Cesare Pavese, Henry Miller , Joseph Conrad..
-Tretrecinque, il romanzo di una vita imperfetta, perché esiste una vita perfetta?
” Secondo me quasi nessuno ce l’ha e onestamente non vorrei nemmeno avere una vita perfetta però quella di Vittorio è una vita particolarmente imperfetta particolarmente vissuta,con grandi difficoltà, soprattutto con grandi incertezze…è una vita piena di incertezze. Per questo è imperfetta. Sarebbe poco interessante se scrivessimo un romanzo di una vita perfetta. Sono più importanti le imperfezioni”
-Grazie e Buona serata.
“Grazie a lei, e arrivederci” .