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Jack Donovan. Una bestia più completa

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Di rado – per non dire addirittura mai – principio una recensione esprimendo giudizi di sorta, positivi o negativi che siano: ho sempre preferito procedere, forse anche noiosamente, ad una descrizione base (ma ovviamente senza spoiler!) del libro in questione, poi due parole sulla personalità dell’autore, magari il contesto socio-politico entro cui è calato (nel caso esso abbia influenzato la composizione dell’opera), per arrivare solo al termine a un giudizio quanto più possibile (“Homo sum, nihil humani alienum a me puto”) oggettivo.

E però, stavolta, non posso non esordire con un magari poco simpatico, ma – credetemi – sentitissimo: “Finalmente!”. Sì, perché la lettura di quest’ultimo volume della trilogia donovaniana sull’ “essere uomini nel XXI secolo” è stata, se possibile, più ancora difficoltosa e sofferta dei due precedenti. E dire che nel primo volume di questa trilogia, “La Via degli Uomini” (recensito qui su Satisfiction come pure il successivo “ Diventare un barbaro – La Civiltà è sopravvalutata”), era presente un capitolo che sosteneva pressappoco che Roma fosse stata fondata da una gang: ebbene, in confronto a quest’ultimo volume, lì ci si trovava in mano una trattazione storico-filosofica con quasi i crismi dell’accademia; e anche il secondo volume, per quanto ne abbia dato un personalissimo giudizio complessivamente negativo, in fondo si è fatto leggere. Ma qui siamo veramente su un altro pianeta.

Ad essere scomodato praticamente lungo tutta la trattazione è nientemeno che Friedrich Nietzsche: nella quarta di copertina è infatti riportato che l’autore intende riprendere determinate riflessioni del filologo e filosofo di Rocken “sulla nobiltà e sulla morale del padrone, utilizzandole per guidare il lettore nel ‘sottosopra’ del mondo moderno, evitare la trappola dell’odioso risentimento e superare le avversità attraverso la creatività”; una pronuncia d’intenti partita pure bene ma finita malissimo, dal momento che, visto il lessico utilizzato, pare di stare tra le pagine dedicate alle risposte alle domande dei lettori su Men’s Health (e del resto, Donovan, assieme a tal Tanner Guzy “nel 2021 ha fondato CHEST Magazine […], per creare un’alternativa alle riviste maschili gestite dal sistema mediatico dominante”).

Ma cosa si può trovare, di nietzscheano, tra le pagine di “Una Bestia più completa”? Sostanzialmente moltissime citazioni, tratte perlopiù dalla “Genealogia della Morale” e da “Al di là del Bene e del Male”, spiegate a spizzichi e bocconi; poi, partendo da quelle, ispirazioni nietzscheane per la e nella vita di tutti i giorni; che se è pur vero che i filosofi non si debbano lasciare confinati tra le pagine dei loro scritti, lo è altrettanto che non è obbligatorio farceli uscire se non si è in grado di giustificarli, né tantomeno lo è scriverci sopra un libro!

L’autore accoglie esplicitamente ogni singola sillaba anticristiana di Nietzsche (e nessuno nega ne abbia scritte davvero molte), però, e non si sa poi come, le riesce a far collimare con una considerazione della vita che urla: “Predestinazione!” da tutti gli angoli, ergo pienamente calata in quella che è la mentalità se non per forza religiosamente protestante certo socialmente e ideologicamente protestantizzata del medio WASP.

Certo, come sempre capita, l’orologio rotto due volte al giorno segna l’ora esatta, dunque dei passaggi condivisibili si trovano, tra le righe del presente saggio: ad esempio, Donovan si scaglia comprensibilmente contro gli “evolomani”, coloro i quali “avendo leggiucchiato un po’ di Julius Evola […] si [sono] persuas[i] di far parte della nobile ‘aristocrazia dello spirito’ […]” E continua: “Così ragiona questa gente: basta gridare un bel ‘morte al mondo moderno!’ per arrogarsi una supposta Nobiltà senza aver nulla da dimostrare, ma così facendo, senza neppure accorgersene, il presunto Nobile finisce inevitabilmente per adagiarsi nel petulante e clericale [?] snobismo del pallido e rinsecchito topo di biblioteca”. È un ragionamento – lo ripeto: condivisibilissimo, forse uno dei pochi contenuti in questo libro – che casca a fagiolo specie in quest’ultimo periodo, in cui la Penisola (e non solo) sta pullulando di convegni, conferenze, serate e giornate intere atte a celebrare i cinquant’anni della scomparsa terrena del Barone!

Ressentiment è il termine-leitmotiv sparso un po’ dappertutto lungo il centinaio di pagine di trattazione: da vocabolario, esso sta ad indicare “la riallocazione compiuta da chi trasferisce il proprio senso di inferiorità/frustrazione su un capro espiatorio esterno”. Anche qui base di partenza corretta, sviluppi errati: è vero, specialmente al giorno d’oggi si fatica sempre di più ad assumersi responsabilità, soprattutto se si tratta di sviluppi negativi, ma da questa sacrosanta consapevolezza allo spolverare di ressentiment ogni comportamento non gradito (dicasi: considerato non-maschile) dall’autore neanche fosse peperoncino nelle Calabrie forse qualche via di mezzo si sarebbe potuta trovare.

E tra repentini cambi di considerazione sulla nozione di Impero (aborrito quand’è “del Nulla”, in fondo sopportato quando pare del tipo gradito a Donovan), apprezzamenti espressi alternativamente per la democrazia delle pòleis greche, per le intemerate delle tribù mongoliche di Gengis Khan e per il feticcio dell’autore, che sono la mitologia e storia norrene con l’ovvio corollario dell’alfabeto runico (o simil tale), quest’ultimo volume della trilogia più maschia d’Occidente (certo, come no?) si conclude confuso così come si era aperto il primo.

Alberto De Marchi

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Jack Donovan “Una Bestia più completa” (titolo originale: “A More Complete Beast”, 2018), Passaggio al Bosco Edizioni, 2023, 100 pagine, 13 euro

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