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Jacques Bonnet anteprima. La questione del metodo. Un’indagine di Giordano Bruno

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Un filosofo del confronto: “Bruno non è uomo di dettato. Ha bisogno di interlocutori, è un filosofo di dialogo. C’è una frase che lo caratterizza, una frase che potei leggere alcuni giorni dopo sulla copia che mi offrì del suo De umbris idearum: « Non può di fatto esservi ordine ove non sia diversità ».

Un sospetto etnico: “E poi perché si tratta di una citazione… da Dante, l’Inferno. Sul momento non ritrovavo la fonte, ho dovuto pensarci su: si tratta proprio di due versi del canto XII. Cosa dedurre da tutto questo? Molte cose. Anzitutto che è un massacro perpetrato da gente colta, letterata e che sa scrivere. E propenderei a dire italiana, anche se un francese istruito che legga l’italiano avrebbe potuto scrivere facilmente le prime due parole e conoscere la citazione da Dante. Ma perché in tal caso occultare la propria lingua naturale, dato che non c’è intendimento di farsi passare per qualcun altro?”

Futuri rivoluzionari: “« I parigini » mi disse Bruno, « sono sempre agitati e sempre attivi. Le loro azioni si succedono con tanta rapidità che ne principiano mille senza averne finita una. »”

È in libreria La questione del metodo. Un’indagine di Giordano Bruno di Jacques Bonnet (Ponte alle Grazie, 2024 pp. 176, € 15,90 con traduzione di Francesco Bruno).

Jacques Bonnet è autore di romanzi e libri d’arte. Dopo aver lavorato per anni come editore, ha deciso di dedicarsi alla scrittura pubblicando nel 1996 una monografia su Lorenzo Lotto. Questo è il suo primo romanzo giallo-storico.

Secondo un cliché diffuso, la filosofia è distante dalla vita quotidiana, incapace di afferrare la complessità della realtà e spesso incomprensibile. Tuttavia, questa narrazione ribalta completamente questa prospettiva, mostrandoci come la logica e la capacità deduttiva di un filosofo possano penetrare nella realtà e risolvere un intricato mistero.

Ci troviamo a Parigi, nel Quartiere Latino, durante una gelida notte di dicembre del 1582. Sul luogo del crimine, un corvo morto e delle iscrizioni in italiano sono gli enigmatici indizi lasciati dall’assassino. Il commissario Dagron incarica Giordano Bruno, presente a Parigi per motivi di studio, di tradurre le parole scritte con il sangue.

Il maestro e l’allievo, mossi dalla ricerca della verità al di là delle convenzioni imposte dall’ortodossia, trovano in questa indagine un inaspettato campo di applicazione per le ricerche astratte di Giordano Bruno.

Quest’ultimo, provocato dal giovane su questioni etiche, logiche o metafisiche, si impegna nella ricerca dei responsabili del delitto. Utilizzando gli strumenti logici che hanno alimentato le sue ricerche per anni, il maestro invia Hennequin a verificare sul campo le ipotesi nate dalle sue deduzioni.

La narrazione dipinge un affresco vivido e profondo delle inquietudini del XVI secolo, offrendo un’indagine raffinata e acuta che non trascura mai la tensione dell’azione.

Un’avventura che apre la finestra su un filosofo che si è posto grandi domande e che ha ancora qualcosa da dire.

Carlo Tortarolo

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Un lembo di parete del suo salotto ospitava una libreria di letteratura francese e inglese contemporanea, per lo più in edizione tascabile. Uno scaffale strideva, occupato com’era da volumi rilegati: «Questi libri erano di mio nonno, li ho ricuperati quando hanno svuotato l’appartamento dopo la sua morte».

Si trattava infatti di edizioni di classici tedeschi del XIX secolo che andavano da Goethe e Schiller a Fontane. Una delle rilegature recava sul dorso un’etichetta tonda con numeri e lettere. Proveniva evidentemente da una biblioteca. Era il volume che lei voleva mostrarmi. Sul frontespizio, il timbro della Sa ̈chsische Landesbibliothek di Dresda e l’indicazione dell’editore non lasciavano dubbi di sorta: In Pariggi, Appresso Guglielmo Giuliano. Al segno de l’Amicitia, 1582.

Si trattava proprio di una copia dell’edizione originale del Candelaio di Giordano Bruno. « So chi è Bruno » mi disse lei, « ma è scritto in un italiano antico che io non riesco a leggere. E, del resto, quando mi è venuta la curiosità di scorrerne una traduzione francese, l’ho trovata proprio barbosa. » Ho saputo che Boettischer nonno era arrivato bambino in America attorno al 1880, con i genitori, e che quei libri rilegati erano appartenuti a suo padre. La loro presenza sugli scaffali di Ingrid non li destinava a essere letti, ma era come l’ultima traccia tangibile delle origini europee della famiglia Boettischer.

Soltanto dopo essere uscito da casa di Ingrid capii ciò che lei non mi aveva detto quel giorno. Di fronte alla durezza dei tempi, quella reliquia sentimentalmente preziosissima poteva forse essere oggetto di un volgarissimo scambio con quella cosa anonima, priva di carattere e tuttavia indispensabile che si chiama denaro. Tornai dunque a trovarla la settimana seguente, e le dissi che, dopo averci pensato, quel libro entrava così bene nel quadro dei miei attuali interessi che non resistevo alla voglia di comperarglielo. Lei non sembrò sorpresa della mia proposta e la rifiutò decisa- mente. Precisai allora la mia offerta dicendole che ero pronto a offrire 3500 franchi. Non avevo la minima idea di quale poteva essere il valore di un’opera simile, ma quella somma rappresentava per me il limite dell’irragionevole consentitomi dallo stato delle mie finanze. Era anche una somma non indifferente e tale da interessare una Ingrid in strettezze. Del resto, dopo che ebbi detto la cifra, il rifiuto netto si trasformò in una vaga promessa di pensarci su. Me ne andai un po’ spaventato dalla mia proposta e senza sapere davvero se mi auguravo che un giorno venisse accettata o se era più utile chiuderla lì`. Da un lato, intaccavo il budget dei mesi a venire, dall’altro vedevo in quell’acquisizione un modo di eternare quell’estate di gioie e sorprese, e di serbare qualcosa di quell’« amor di biblioteca » che il tempo avrebbe sicuramente divorato a quattro palmenti. E poi anche, forse, una reazione alla frustrazione di aver visto tutte le opere che mi erano passate tra le mani per settimane raggiungere i tranquilli depositi della BN.

A esser sincero, non mi ero accorto, durante quelle prime visite a Ingrid, che il volume stampato da me sfogliato rapidamente comprendeva un ultimo quaderno scritto con grafia regolare e fitta. L’avrei scoperto in seguito, assieme al fatto che quel testo scritto in latino proseguiva su quello che doveva essere stato un foglio di stampa vergine accuratamente piegato e applicato al risguardo in fine di volume.

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