Quando morì nel 1977 era solo e alcolizzato, l’alcol fu una constante nella sua vita, la solitudine variava: Jim Thompson non vide mai il successo, che arrivò grazie alle riedizioni francesi dei suoi romanzi e agli studi, postumi, della critica americana.
“Quelli come noi. La gente. Tutte le persone che hanno iniziato a giocare con la stecca storta, che volevano così tanto e hanno ottenuto così poco, così ben intenzionati e finiti così male“. Jim Thompson, “L’assassino che è in me” (1952).
Jim Thompson è da tempo un autore di culto, ma nonostante tutto, spesso è ignorato dal pubblico avido di narrativa mainstream. Ho trovato, da poco, una copia usata di“Bad Boy” (Einaudi, 2001) che alcuni lettori, meno convenzionali, hanno il piacere di indicare come l’opera più significativa nella sterminata produzione dell’autore americano. Gli esempi classici di capolavori sono “Pop. 1280” e “L’assassino che è in me“. Due grandissimi romanzi senza dubbio, ma è sempre bene cercare letture meno “ufficiali”. E’ evidente che in molti casi Thompson abbia riscritto lo stesso romanzo, cambiando certe variabili: seguiva un’ossessione. La sua vita allo sbando, perduta nell’alcolismo, rientra perfettamente in questa faticosa lotta con la verità che è stato il segno distintivo della sua scrittura. Quindi ricordiamo “Bad boy” (1953), “L’assassino che è in me” (1952), “Pop. 1280” (1964), “Un uomo da nulla” (1970) e quello che voi, come lettori, vorrete ricercare tra le decine di romanzi pubblicati: di certo non tornerete a mani vuote: non mancano le visioni geniali e le gemme grezze nella sua carriera. L’insieme delle sue opere possono essere viste come un unico frustrante tentativo di cogliere il mito di Sisifo trasportato dalle pagine di Albert Camus alle strade polverose americane. Anche “Bad Boy” è un’autobiografia (il primo di tre volumi) che viene preceduta nello stesso anno da “The Alcoholics“, il lettore trova, come in un gioco di specchi, i frammenti della vita di Thompson in romanzi e memoir sparsi lungo gli anni: è sufficiente essere attenti e curiosi. Una lettura imperdibile per addentrarsi nella lettura di Thompson (e di Chester Himes e David Goodis) è il volume di James Sallis, “Vite difficili” (Giano 2004) . Più volte sono tornato a questo breve libretto per trovare spunti sempre nuovi, d’altronde il motto di Sallis, poeta, musicista, traduttore e scrittore, si può applicare alla letteratura tutta: “Find beauty / Try to understand / Survive”.